Con-cittadinanza per la seconda casa

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

L’attuale governo sembra stia a correggere il tiro soprattutto sulla pressione fiscale, che il Pd voleva semplificare ma ingarbugliando finanche un semplice affranco in carta semplice.

 

Già con elezioni e referendum, l’immissione da parte di ogni cittadino di pratiche, contributi e doveri, l’ubiquità sociale non può essere del tutto sostituita dalla realtà virtuale, o via “fax” come una volta o adesso via web e con dispositivi personali.

 

Le critiche degli elettori beffati da questa nuova destra mirano alle classi abbienti: sono le stesse che nella gran parte di casi sono costituite da imprenditori e piccoli impresari che per “tirare la carretta” e dare lavoro vengono impagliati da moduli su moduli, compilazioni e cartelle che per “entrare all’Agenzia” fanno perdere tempo e denaro.

 

E’ molto probabile che gli italiani tra una lacrima e un piagnisteo quotidiano siano gli stessi ad annoverare il maggior numero di seconde o terze case. Ma é una realtà che “ Il fascino discreto della borghesia” (titolo di un film anni ’70) non fa emergere. I borghesi di allora o neo borghesi non hanno mai potuto vantarsi, proprio per prudenza, di determinate propietà ottenute col risparmio e il lavoro di quegli anni. Oggi questa classe media ha pari dignità con i subalterni di ieri, che oggi hanno simile se non superiore potere d’acquisto; anche perché non dovendo pagare le stesse tasse sono più veloci in un mercato fluido che favorisce il consumo e non gli investimenti. Il tutto in una debole capacità di salvadanaio per ciascuno che non abbia un minimo di mentalità occhi a mandorla.

 

Attribuire la Concittadinanza  ( senza confondere la cosa con l’rdc ) se in possesso di immobile in altri comuni, sgraverebbe l’”annata quaestio”, favorendo l’utilizzo, gli spostamenti, il commercio nei centri rurali, e tutto il relativo indotto. Siamo in un periodo di inflazione di card personali, tessere, affiliazioni e dotare a milioni di multipropietari “timidi” una identità del genere porterebbe a gemellaggi e maggiore coesione nazionale così come si fece per le targhe alle autovetture. Se proprio la burocrazia, i commercialisti e gli agenti delle Entrate devono e ci devono complicare la vita nell’onesto intento di semplificarla, ebbene sgravare a sinistra e sorpassare a destra come per le autostrade inglesi sarebbe all’uopo.

 

Scordiamoci il passato siamo burocrati, paisà. Una idea o proposta del genere appunto, di cui azzarderei il suggerimento, gioverebbe anche a ragionare a rialzo il tetto dei salari perché denominarli “minimi” é da mentalità schiavista e che per altro parte come una richiesta inutile proprio da parte dei mittenti, poiché solitamente si sa, per ottenere un risultato si tende al massimo per ottenere un minimo da un “governo ladro”, non il minimo per non ottenere mai nulla in cambio. Ancora una volta vale l’esempio del proverbio napoletano: “Si tien’ nu mal pagatore , pijate chell’ca può” ; ovvero sapendo di rivolgersi a maniche strette per un qualsiasi pagamento bisogna saper accettare sapendo di non insistere in pretese maggiori che porterebbero il pagatore a spazientirsi e a non pagare affatto. Nel precedente articolo ho già cercato di spiegare che sarebbe meglio parlare di salary cap, altrimenti si fa la figura del comico di Telegaribaldi…: Capo, teniss’ cient lire!??”

 

 

 

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