Tangentopoli (98): 5 dicembre 1993, stravince De Luca

 

Aldo Bianchini

Vincenzo De Luca all'epoca della sua prima elezione a sindaco di Salerno nel 1993

SALERNO – Si ferma il tempo in quella fredda domenica del 5 dicembre 1993 e parte la storia personale – umana e politica di Vincenzo De Luca, una storia lunga che dura ancora oggi dopo trent’anni esatti.

La gente viene chiamata per la prima volta nella storia, dopo l’emanazione della nuova legge elettorale n. 81 del 25 marzo 93 (una legge dello Stato italiano che disciplinava e disciplina l’elezione del sindaco, del presidente della provincia, dei consigli comunali e provinciali) meglio nota come la legge per l’elezione diretta dei sindaci, al secondo turno elettorale del “ballottaggio”.

In gara sono rimasti in due “Vincenzo De Luca” (PCI – PDS) e “Pino Acocella” con una coalizione piuttosto eterogenea inclusiva dei resti della Democrazia Cristiana e degli altri partiti dell’arco costituzionale.

I risultati delle elezioni normali, molto partecipate, si erano attestate quindici giorni prima sulle seguenti posizioni:

  • Vincenzo De Luca (Progressisti per Salerno) – Voti di lista 22.620 pari al 23.71% – Voti personali 17.829 pari al 19.58 %
  • Giuseppe Acocella (Salerno Progresso) – Voti di lista 18.918 pari al 19.83% – Voti personali 19.223 pari al 21.22%

In pratica avevano vinto entrambi; De Luca con la sua coalizione (23,71%) contro Acocella (19,83%); mentre Acocella aveva vinto sul piano delle preferenze personali con 19.923 voti contro i 17.829 di De Luca.

La mattina del 5 dicembre 1993 si va, quindi, al ballottaggio con una situazione estremamente fluida; i candidati avevano avuto quindici giorni per tessere intrecci di apparentamenti in grado di portare alla vittoria in una situazione socio-politica davvero alla frutta per quello che stava accadendo a causa di tangentopoli e per l’instabilità amministrativa dovuta al lungo commissariamento del comune dopo le improvvise dimissioni di Vincenzo De Luca che aveva occupato la carica di sindaco eletto dal consiglio comunale dal 22 maggio al 1° luglio 1993; 42 giorni nel corso dei quali De Luca aveva fiutato la grande possibilità di essere eletto alla grande direttamente dai cittadini per una Salerno da ricostruire e rilanciare.

Quindici giorni per cercare di catturare gli elettori dei dodici candidati a sindaco ormai fuori da ogni discorso: MSI/DN (Gaetano Colucci detto Nino) – Sviluppo Solidarietà/Federazione dei Verdi/La Rete Mov. DEM (Filodemo Iannuzzelli) – Salerno/Insieme per Salerno (Giovanni Sullutrone) – Lista Civica (Erberto Manzo) – Rifondazione Comunista (Massimo Bignardi) – Lista per Salerno (Vincenzo Cammarota detto Enzo) – Cambia Salerno (Wilma Fezza in Valiante) – Viva Salerno (Gaetano Parlavecchia detto Nino) – Progresso Democratico (Salvatore Milo) – Salerno Città Nuova (Luigi Santorelli) – Lega Italia Federale (Serafino Molinaro) – Nuove Pagine (Albino Iuzzolino).

Prima di arrivare al ballottaggio, però, c’erano stati quindici giorni nei quali, al di là dell’impegno a 360° dei due in ballottaggio, erano accaduti almeno tre fatti molto i portanti; fatti sfuggiti alla cronaca del tempo e rivalutati soltanto nel decorso storico di questi ultimi trent’anni.

Due dei tre fatti accaddero nella giornata della chiusura definitiva della campagna elettorale, cioè venerdì 3 dicembre 1993:

1 – Le televisioni locali ottengono dai due candidati la loro disponibilità ad un confronto televisivo finale di 30 minuti da disputare in una delle sedi televisive cittadine. Gli editori e i direttori si incontrano ed alla fine sorteggiano la fortunata tv che ospiterà il confronto. Toccò a TV/Oggi Salerno, che in quel periodo era diretta dal sottoscritto, con l’impegno che le altre tv avrebbero potuto registrare e mandare in onda il confronto. Poco prima delle 23.30 i due candidati, accompagnati dai rispettivi schieramenti (rumorosi quelli di Progressisti per Salerno e molto moderati quelli di Salerno Progresso) entrano nella sede di Tv/Oggi; ma pochi minuti prima dell’inizio della trasmissione Vincenzo De Luca si rifiuta di sedersi in studio e dopo aver battibeccato con il compianto editore Ettore Lambiase va via tra gli incitamenti del suo gruppo. La sedia di De Luca rimase vuota ed io intervistai Pino Acocella che democraticamente volle aprire la diretta anche ai telespettatori che numerosi intervennero telefonicamente. Strategia elettorale, paura del confronto, qualche ripicca personale, non si è mai capito il perché del rifiuto deluchiano che i suoi sostenitori aveva concordemente accettato.

2 –  Nel pomeriggio del 3 dicembre il candidato De Luca incontra presso l’hotel “La Lucertola” di Vietri sul Mare alcuni tra i più importanti imprenditori del momento; questo lo si apprende soltanto qualche anno dopo quando montano le indiscrezioni e le polemiche su quell’incontro. Da qualche parte viene avanzata anche l’ipotesi, mai suffragata da prove certe, che all’incontro aveva fatto la sua apparizione anche un magistrato che all’epoca era impegnato con le inchieste di tangentopoli.

Giuseppe Acocella, detto Pino, all'epoca del ballottaggio per le amministrative di Salerno del 1993

Nulla di grave se non fosse per un fatto (anche questo appreso dopo diverso tempo) alquanto grave dal punto di vista giudiziario. Difatti gli imprenditori chiamati a raccolta dal candidato De Luca hanno sulle loro spalle ed a loro insaputa vari mandati di cattura chiesti dai PM Vito Di Nicola e Luigi D’Alessio il 23 novembre 1993, confermati dal Gip il 25 novembre ma stranamente eseguiti soltanto la mattina del 5 dicembre 1993, proprio il giorno delle elezioni. Dieci giorni dopo la firma del Gip, un fatto clamoroso che non è stato mai spiegato dalle competenti autorità giudiziarie:

  • E’ il 5 dicembre 1993, la Città è chiamata alle urne per il ballottaggio tra Vincenzo De Luca e Pino Acocella. Quella mattina la città viene scossa dall’ultimo ciclone giudiziario; finiscono a Fuorni Alberto Schiavo (imprenditore vallese), Luigi Cardito (avvocato, presidente dell’Ance), Aldo Linguiti (funzionario Cipe), Francesco Scelza, Pasquale Pepe e il segretario comunale di Ricigliano Antonio Angelo Cavallo insieme ad Antonio De Rosa (di nuovo), Cosimo Chechile (quello del Grand Hotel), Giovanni Gentile, Umberto Chicchella e Salvatore Torsiello (che è già in carcere). Molto tempo dopo sugli arresti del 5 dicembre 1993 cala un’ombra. Da più parti si sussurra che gli arresti sarebbero stati ordinati dal gip ben dieci giorni prima della loro materiale esecuzione e che in quei dieci giorni ci sarebbe stata addirittura una riunione tra Luigi Cardito, alcuni altri imprenditori, un politico e, forse, un magistrato, nell’hotel La Lucertola di Vietri sul Mare proprio mentre impazza la campagna elettorale per il ballottaggio. Le supposizioni si accavallano alle supposizioni, tutte suggestive e  frutto della fantasia o dietro quei dieci giorni c’è altro ? Anche in questo caso risponderà la storia se e quando vorrà.

Con questa ultima operazione termina l’epoca delle grandi inchieste tutte incentrate sui lavori pubblici e basate sul principio dei “progetti di massima” e quindi non esecutivi.

E’ in questo squarcio di lettura o meglio di corrente di pensiero che le inchieste preliminari di tangentopoli trovarono la loro sedimentazione soprattutto nell’immaginario collettivo; per gli inquirenti bisognava, però, trovare valide giustificazioni a sostegno dei teoremi accusatori anche, se non soprattutto, dopo le figuracce rimediate dai due CTU della Procura che il pm Michelangelo Russo impegnava nelle sue inchieste come suoi fedelissimi. In una udienza del processo Fondovalle il professore universitario napoletano Lamberti definì i due CTU come “apprendisti geometri”, eppure erano uno ingegnere e l’altro architetto.

La battaglia, quindi, si stava lentamente spostando sul punto nodale del problema e cioè sulla reale esecutività dei progetti posti a base di gara per i lavori pubblici. La Procura delle Repubblica costretta a correre ai ripari e si lancia nell’affannosa ricerca delle prove (difficili da trovare) o delle dichiarazioni che possano confermare la non esecutività dei progetti mentre il processo Fondovalle Calore volge quasi al termine.

E il ballottaggio come andò a finire ? E’ presto detto, ecco i risultati:

a)      Vincenzo De Luca, voti 48.154 (57,91%)

b)      Giuseppe Acocella, voti 34.994 (42,09%)

su un totale di elettori pari a 83.141,il 100 x 100 degli venti diritto.

Un’ondata di bandiere rosse invade il Comune portando sulle spalle il legittimo vincitore; la gente ha scelto e parte così la cosiddetta “epopea deluchiana”.

 

 

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