Contratti di lavoro, non posti. Il vizio linguistico da dimenticare.

da Antonio Cortese (giornalista)

Attenzione, il lavoro di cui parla il primo articolo della costituzione non va confuso con cinema, teatri o ristoranti. Ascoltando determinati politici nostrani, via radio e tv in particolare, ma anche osservando gli annunci ufficiali on-line sul web, é solito dover constatare che molti italiani non hanno ancora abbandonato la vetera forma mentis  per cui il lavoro nel belpaese vada inteso come “sistemazione” con tutta la semiotica a seguire fino al nepotismo e le raccomandazioni.

 

Sia bene inteso che la comunicazione pubblica, proprio in questa settimana sfiorata dai media locali in merito all’agire politico di Nicola Oddati, (vedere articolo del direttore Bianchini su il Quotidiano di Salerno) e fratello del mio virigilio di ateneo Antonio, professore tra l’altro di comunicazione istituzionale, é una materia basilare per tradizione, adattamento ed evoluzione anche del linguaggio giuridico oltre che semplicemente pubblico e civile.

 

Delude infatti ascoltare alla presenza del presidente della repubblica avvocati, magistrati, ministri e senatori che cadono in tali scaduti burocratismi di propaganda meritoria, sul bisogno di dover attivare, per ciascun settore o alcuni in particolare, assunzioni di personale e contratti intesi in Italia ancora come un tredici all’enalotto, per poter in tutta pigrizia indeterminata scaldare questa o quella sedia; comunicando alla cittadinanza un vizio di fondo, una inattività improduttività ed immobilità dell’apparato statale. Da qualche anno si dimentica il così detto snellimento burocratico che invece é stato ingrassato da nuove competenze esogene e spesso inutili, con la coscienza sempre più diffusa che molti dipendenti statali, lo siano in tutti i sensi, dal parassitismo al recente referendum abrogativo in seno al numero dei parlamentari.

 

In un articolo precedente ho già cercato di segnalare la fallace abitudine nelle nuove classi politiche al conio di neologismi dettati da ansia frettolosa, in un periodo di transazioni adeguanti; come ad esempio l’imbestialimento ed aggravamento terminologico del reato più grave con un deficiente svilimento di genere, tanto da far intendere le donne come distinte in un genere animale nonostante cinquanta anni trascorsi tra femminismo estremo, naturale e sessantottino e lotte di parità legali; (la deformazione classificatoria é stata addirittura approvata da alcuni istituti enciclopedici, forse nel tentativo di vendere i pesanti volumi in disuso sugli scaffali, cavalcando così una moda più ignorante che dialettica).

 

Quindi non bisogna rassegnarsi per due motivi:, non perché la logica del “posto” non abbia mai permesso ad alcuno di passare da soldato semplice a generale, ma anche difendere la dignità degli impiegati statali, affinché non siano ancora intesi come incapaci, menefreghisti e improduttivi.

 

 

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