Scuola: Gelmini, grazie dei numeri …

Marco Bencivenga

Tutto è iniziato nel 2008 quando, l’allora ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini, ha proposto, tra gli obiettivi fondamentali della sua riforma,  la razionalizzazione della rete scolastica. In effetti il regolamento sul dimensionamento della rete scolastica, previsto dalla l.133/08, ha sortito immediatamente i suoi effetti: riduzione delle classi, innalzamento del rapporto alunni-docenti senza alcun specifico riguardo alle leggi vigenti in materia di sicurezza, alla presenza di alunni diversamente abili, all’ubicazione nel territorio specie in zone a rischio, ad alto flusso migratorio, isolate. Risultato?  12.803 insegnanti in meno di cui 6.866 nel 2009-10, 2.989 e 2.948 nel biennio 2010-2012. Ma andiamo avanti. L’ex inquilino di viale Trastevere, Mary Star per i simpatizzanti, lascia in eredità al neoministro Francesco Profumo, altri ed alti numeri che la dicono lunga sul malessere manifestato in questi ultimi anni dagli studenti e da tutto il mondo della scuola. Infatti con l’approvazione del secondo regolamento sul primo ciclo, relativo alla scuola primaria e secondaria di primo grado, il D.P.R. 85/09 che ha ripristinato  il  ritorno al maestro unico, 23.789 sono stati i maestri senza cattedra di cui 16.108 nel 2009-10, 4.887 e 2.764 ancora nel biennio 2010-2012. Attraverso l’eliminazione degli insegnanti specialisti di inglese pari a 11.200, di cui 2.000 nel 2009-10, 4.500 e 4.700 ancora nel biennio 2010-2012. Dalla riduzione delle ore curricolari e delle ore a disposizione della classe di concorso A043 altre 3.142 cattedre cancellate di cui 3.170 nel solo 2009-10 con un aumento di 28 unità nel biennio 2010-2012. L’ eliminazione della seconda lingua comunitaria sperimentale nella scuola media, poi, ha determinato –1.166 insegnanti nel solo 2009-10. Neppure alla scuola superiore la riforma prevede numeri generosi: -4.049posti per gli ITP e 12.736 cattedre segate per gli altri docenti, 2.826, sono invece i posti in meno dalla riduzione dei centri per gli adulti. E all’università? Il restyling del sistema accademico, avrebbe dovuto realizzare una riforma epocale del sistema universitario italiano, riducendo gli sprechi ma soprattutto combattendo i nepotismi e le baronie che da oltre 30 anni  imperversano senza soluzione e limiti . Dal 2008 al 2011 le somme stanziate per le università pubbliche sono passate da 7.41 miliardi di euro a 6.57 (-11.31%), per ridursi ulteriormente nel 2012 a 6.49 (-12.40) e arrivare nel 2013 con 6,45 miliardi (-12.95). Sembrerebbe quasi che ricerca e formazione siano state assimilate alla stregua di un costo inutile, quindi da abbattere.  Ma va salutata con interesse, ad onor del vero, l’idea di rivedere i meccanismi di governo degli Atenei, specie per quel che riguarda il vecchio “bicameralismo” tra senati e consigli di amministrazione. L’introduzione di una forte componente valutativa che tempera arbitri ed eccessi, specie sul piano del reclutamento, è anche una componente da vedersi con occhio positivo: insomma anche la 240/2010 ha i suoi obiettivi lungimiranti, pur se restano molteplici punti di estrema vaghezza, come quello legato alla valutazione dei curricula dei docenti universitari.  Tuttavia, è appena il caso di osservare, che  scuola e università avrebbero bisogno di un impegno finanziario di tutt’altro ordine, ordine a cui nessuno, in questo paese, ha ancora pensato seriamente. Le responsabilità dello stato in cui versa l’istruzione in Italia, non sono riconducibili solo all’attuale classe dirigente. Nessuna delle maggioranze succedutesi negli ultimi 30 anni, ha affrontato con rigore metodologico il problema del reclutamento e delle strutture popolate da “dinosauri in cattedra”. Non è un caso se formiamo bravissimi laureati e poi li doniamo a Germania, Inghilterra e Stati Uniti; un cosa drammatica, ma ridicola allo stesso tempo : come la morte, agli occhi di un bambino…

 

 

 

10 thoughts on “Scuola: Gelmini, grazie dei numeri …

  1. Mi auguro davvero che la situazione migliori e che vengano prese decisioni in tal senso!incrociamo le dita!

  2. Che dire?Sembra un bollettino di guerra!
    Ci auguriamo che i numeri del nuovo governo possano essere migliori, e preceduti dal segno ‘+’ invece che da quel ‘-‘, che significa non solo una qualità inferiore della didattica, e quindi un danno per la formazione, scolastica e umana, degli allievi, ma è anche causa del disastro di molte famiglie, molto spesso di giovani che, qualificati, e avvezzi al sacrificio (pendolari che ogni giorno si spostano per centinaia di Km, ma anche stanziali,trasferitisi a migliaia di Km da casa), vivono l’intero anno scolastico nell’incubo di non vedersi rinnovato il contratto, e molto spesso devono prenderne atto.
    …..eppure basterebbe guardare non molto al di là del nostro naso ( o meglio, delle nostre Alpi) e lasciarsi ispirare….!

  3. Sono d’accordo. La Germania non ha tagliato i fondi, ma ha investito in istruzione e ricerca. Speriamo che il nuovo esecutivo ne segua l’esempio

  4. Codesta ministra è stata messa in quel ministero come persona di facciata, dietro di lei c’era Tremonti Giulio, (lui sì che conosce bene la materia dei tagli alla scuola).
    Questa donna non si è mai resa conto di tutti i tagli che venivano apportati al suo ministero, non l’ha difeso e non è stata capace di rispondere a nessuna delle aspettative che gli operatori del sistema scuola chiedevano.
    Addirittura, tanto per menzionarne una, i suoi portavoce credevano che fosse stato costruito un tunnel tra il Gran Sasso e Ginevra, solo per sottolineare a chi è stato affidato un ministero tanto importante.
    La Gelmini non ha governato la scuola; è stata manovrata da un governo di cui lei era esponente inconsapevole.
    I TAGLI sono stati chiamati RIFORMA.
    Complimenti ex-ministra.

  5. È penoso che una professionista, posto che lo sia, si presti a simili operazioni. Dove va a finire l’autonomia e la centralità di un dicastero così importante ?

  6. Il ritorno al maesto unico rappresenta un balzo indietro al medioevo della pedagogia contemporanea.

    La Gelmini, o chi per essa, dovrebbe spiegarci, su quale base può un unico insegnante, monitorare in una classe di oltre 27 alunni, disabilità latenti.

    Eppure l’OCSE ci premiava come la migliore scuola primaria d’Europa…

  7. Che strazio leggere queste cifre… ma cosa si può fare??? Solo leggere e assistere impotenti al salto di qualità verso l’Ottocento!!!!

  8. VORREI PRECISARE CHE L’OCSE NON HA MAI DETTO CHE LA SCUOLA ITALIA E’ LA MIGLIORE D’EUROPA ECCO QUI UN’ARTICOLO CHE LO CONFERMA….

    La bocciatura arriva dall’Ocse ed è pesante. Secondo l’organizzazione internazionale l’Italia investe troppo poco per l’istruzione. E per gli insegnanti la vita è davvero dura: avevano già stipendi più bassi di quelli dei colleghi, devono subire ulteriori riduzioni mentre all’estero la paga dei prof aumenta. I giovani diplomati – che pure in passato non hanno mai raggiunto un numero così elevato – non arrivano ancora alla media Ocse.

    A scuola e università l’Italia riserva il 4,8% del Pil contro una media Ocse del 6,1%. Terzultimo posto: peggio di noi solo Slovacchia (4%) e Repubblica Ceca (4.5%). Tra il 2000 e il 2008 la spesa sostenuta dagli istituti d`istruzione per studente nei cicli di livello primario, secondario e post-secondario non universitario è aumentata solo del 6% (rispetto alla media Ocse del 34%). Si tratta del secondo incremento più basso tra i 30 Paesi i cui dati sono disponibili.

    L`Italia è al terzultimo posto anche per il numero di diplomati nell’istruzione terziaria: il 20,2% dei giovani tra i 25 e i 34 anni raggiunge un livello d`istruzione del genere, rispetto alla media Ocse del 37,1% relativa alla stessa fascia d`età (34mo posto su 37 Paesi).

    Gli stipendi degli insegnanti sono bassi, è così da molti anni. Ma ora la situazione sta anche peggiorando aumentando ancora di più il divario tra reteribuzioni degli insegnanti italiani e quelli del resto dei Paesi Ocse. Mentre gli stipendi dei prof italiani dal 2000 al 2009 sono diminuiti dell’1%, nel resto dei paesi dell’Ocse sono aumentati in media del 7%. Non solo. Un insegnante di scuola media in Italia deve attendere 35 anni di servizio per ottenere il massimo salariale, in media nei Paesi Ocse ne bastano 24.

    A conti fatti, i docenti italiani guadagnano il 40% in meno rispetto ad altri connazionali con il loro stesso grado di istruzione. E lavorano molto di più dei colleghi dell’Ocse visto che in Italia gli scolari tra i 7 e i 14 anni passano a scuola 8.316 ore, contro una media dei Paesi Ocse di 6.732 ore.

    La spesa annua per studente si avvicina invece a quella complessiva dei paesi Ocse. L’Italia spende per uno studente circa 9.200 dollari all’anno, nel complesso i paesi Ocs spendono 9.860 dollari. Ma c’e’ una differenza. L’Italia investe soprattutto sugli studenti delle scuole di primo e secondo livello. Molto più della media Ocse. Ma poi la spesa pro capite per gli universitari è molto al di sotto della media Ocse: 9.553 dollari contro 13.717.

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