Medici: una categoria da salvare ?

Aldo Bianchini

SALERNO – E’ facile gridare allo scandalo della malasanità, andare a scovare i casi negativi è diventato un gioco quotidiano per tutti gli addetti al’informazione. Insomma la malasanità tira e fa raddoppiare i lettori insieme alle vendite ed agli ascolti. Perché. Semplice, perché la sanità (molto più della giustizia!!) ci intimorisce subito e ci scaraventa facilmente in uno stato di totale soggezione nei confronti di uomini (i medici, ndr!!) che dovrebbero comportarsi come uomini e che spesso non la fanno. Troppo facilmente dimenticano il “giuramento di Ippocrate” (fin da IV secolo a.C. un passaggio fondamentale del giuramento è stato: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio” ) e troppo facilmente assumono l’atteggiamento tipico dei burocrati invece di conservare, sempre e comunque, il minimo dei tratti umani che non guasterebbero  e che ridarebbero alla categoria il giusto prestigio umano, morale e professionale; prestigio che spesso è messo in discussione dai detrattori per mestiere  che additano questa categoria come una delle principali fonti di evasione fiscale del Paese. Parliamo, insomma, di una categoria che è temuta, per le conseguenze che ognuno di noi potrebbe subire sul piano fisico, ma non rispettata. E questa è una legge fondamentale della democrazia che dal rispetto scende verso il timore prima di affondare ogni categoria sociale che non mantiene un comportamento in linea con le semplici regole della buona convivenza civile. Troppo presto, insomma, un medico dimentica di dover avere a che fare quotidianamente con persone e non con pratiche d’ufficio, e diventa scontroso, scorbutico, a volte anche ineducato, per non dire arrogante. Capisco che l’abitudinarietà, la ripetitività di certi momenti e movimenti può portare all’insofferenza verso la stessa professione; non ammetto, però, che quando questa insofferenza diventa palese l’uomo che è presente in ogni medico non prevalga su tutto il resto e non induca a recedere  non dico dalla professione ma almeno da quegli atteggiamenti. In pratica, ritornando alla domanda del titolo, la categoria dei medici deve essere assolta o no? Un recente sondaggio di Adnkronos-Salute ha rilevato che i medici italiani “vivono un profondo disagio” per le condizioni di lavoro sempre più difficili, stretti tra continua richiesta di sacrifici economici, carichi di lavoro accresciuti, burocrazia e attenzione concentrata sui budget. E, soprattutto, per l’esplosione del contenzioso medico “grazie anche alle campagne realizzate da team di avvocati che invitano e facilitano la denuncia” (se ne è parlato ampiamente pochi giorni fa nel contesto di un convegno appositamente organizzato dall’Ordine dei Medici di Salerno). Un fenomeno su cui è necessario intervenire migliorando la prevenzione del rischio, facilitando i risarcimenti veloci ed extragiudiziali ai cittadini e, soprattutto, “depenalizzando la colpa medica con regole giuste che tutelino pazienti e camici bianchi”. Questa la ricetta indicata dal Cimo Asmd che, il 1° dicembre 2011, ha presentato a Roma la campagna di informazione in tal senso. Come se fosse facile, mi permetto di aggiungere, andrebbe anche bene la depenalizzazione della colpa medica se, però,  venisse fissata una norma in base alla quale il medico che sbaglia più di una volta venga estromesso dalla professione, sempre perché il medico non è un impiegato pubblico. Certamente che il “medico opera per curare, non per nuocere” come riferisce la Cimo, ci mancherebbe altro, qui non stiamo parlando dei delinquenti ma di professionisti che per un caso fortuito, per negligenza o per incapacità sbagliano nuocendo. E’ anche chiaro che non dobbiamo mettere il medico nella condizione di dover scegliere tra “medicina difensiva o di qualità”. Sarebbe un fatto grave per tutti. Ogni anno, ricorda sempre la Cimo, sono 34mila le denunce, con iter che durano 10 anni e che nell’80% dei casi, risultano infondate. Beh! Per quest’ultimo dato non prenderei il risultato sul serio, bisognerebbe tener conto dello sfaldamento della giustizia di questo Paese che non rende mai la giustizia giusta, soprattutto dopo tanti anni. Il dato sul numero delle denunce, comunque, è sostanzialmente incerto e, forse, riduttivo rispetto al fenomeno; difatti non tutte le regioni detengono gli appositi registri, e la Campania è una di queste. Il dato più controverso emerso dal sondaggio è che su 100 medici intervistati ben 70 hanno confessato che non farebbero più i medici. Peccato, però, che nessuno di questi si sia allontanato dalla professione, anzi non pensa di farlo almeno nell’immediato futuro. Dopo quello che ho ascoltato nel convegno di Salerno e dopo quello che ho letto sui risultati del sondaggio Adnkronos non riesco sinceramente a rispondere alla domanda iniziale, sono convinto però che la categoria dei medici non va massacrata come spesso accade per colpe che la stessa categoria, forse, si tira addosso da sola.

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