Cacciatore: ritorna la filosofia !!

Da Olga Chieffi

SALERNO – Continua l’intenso carnet d’incontri promosso dalla Società Filosofica Italiana sez.ne di Salerno, presieduta da Carmine Mottola, in sinergia con l’ Università di Salerno. Giovedì 29 marzo, alle ore 17,30 presso il Punto Einaudi di Salerno, dove Giuseppe Cantillo ed Enrico Nuzzo, moderati da Giuseppe Cacciatore, discuteranno con Aniello Montano della sua ultima opera “I testimoni del tempo, Filosofia e vita civile a Napoli tra ‘700 e ‘900”, pubblicata nel 2010 dalla casa editrice napoletana Bibliopolis. L’ombra di un pensiero inalterato dai secoli scivola tra le circa cinquecento pagine che Aniello Montano offre al lettore, affidandogli l’eredità di “Testimoni del tempo”, da Vico a Filangieri fino a De Sanctis, Croce, Capograssi e Sciacca. Napoli rialza la testa, piegata dall’umiliazione di un’immagine mondiale e ritrova la coscienza di capitale europea, impallidita già nel Novecento per colpa della cronaca nera, sorretta da squilibrio sociale e “ordinaria illegalità”. Montano, storico della filosofia e docente all’Università di Salerno, con limpida profondità, affronta la riflessione sulla filosofia italiana, in particolare meridionale, attraverso dodici saggi concentrati su figure e temi differenti, pur uniti dall’emozione di uno stesso luogo, la città di Partenope, e dalla volontà di sfuggire all’intellettualismo.
Protagonista indiscusso, insieme alla filosofia dell’azione e al vero volto napoletano, Vico e la sua lucida lettura, ispirata a un’immensa fiducia negli uomini come soggetti attivi nello spazio storico. La prima citazione del capitolo di apertura, tratta da “De mente heroica”, li pone in primo piano: “…né vi è qualcosa di più grande del genere umano, né quindi qualcosa di più luminoso del genere umano, e a questa felicità soltanto, soli ed esclusivamente, mirano gli eroi, che raggiungono l’immortalità del nome loro con la fama infinitamente diffusa dei loro meriti verso il genere umano”. I difetti che ne corrompono la vera natura possono essere cancellati da sapienti autorevoli in grado di educare, correggendo insufficienze espressive e vizi. Ma pare che questa capacità già manchi ai suoi contemporanei : Vico , infatti, lamenta la scarsa attenzione alla morale nel programma d’educazione giovanile. Con una conseguenza inevitabile, la decadenza della classe dirigente. Ieri, come oggi, il senso comune viene tradito dal capriccio e dal caso, portando lo Stato alla rovina. Profeta della catastrofe moderna, Vico, tuttavia, si professa ottimista, con la fede nella natura umana, incline all’equità. L’autoritarismo ha il fiato corto: zoppo in partenza, perché si priva di confronto e persuasione, unici gestori dell’autentico consenso. In una città curiosa delle idee che provengono dall’Europa,Vico crea un sistema a tre elementi, riconoscendo un ruolo alla mente, motore della tensione spirituale. E la sua luce filosofica illuminerà anche Antonio Genovesi e lo stesso Gaetano Filangieri. Intorno a scienza e vita si muove il ragionamento del pensatore di San Sebastiano al Vesuvio, con un punto di forza, l’economia come economia civile, in soccorso dei governi per dar luogo a equilibrio tra soggetto e collettività. Così il lusso si propone come fattore di ricchezza capace di promuovere la pace sociale, elevando il tenore dei giorni per i più. E l’educazione passa per una riforma obbligata: la scuola aperta a tutti, anche ai contadini e alle donne. L’uomo, sintesi di operatività e ragione, riguadagna centralità come “costruttore”della propria storia. Nella globalità di un momento buio come quello attuale, la lezione di un meridionalista riformista dall’orizzonte universale come Filangieri offre un’importante fonte di ricerca per la svolta necessaria a saltare la palude del nostro immobilismo, osservando con serenità distorsioni che tuttora incombono. I magistrati, osserva il giovane giurista/filosofo- mediante l’interpretazione hanno finito con l’usurpare una fetta del potere politico e si sono appropriati di una parte delle prerogative del Sovrano come legislatore. Un arbitrio da spezzare grazie a una cittadinanza che riesca a far pesare la propria opinione attraverso la libera circolazione delle idee, vera anima della democrazia. Ma – è questo il nodo centrale, lontanissimo dalle esperienze dei nostri giorni- l’autorità dello Stato , se vuole durare, non può arroccarsi sui propri privilegi e deve puntare al bene pubblico, alla felicità dei cittadini. La caduta del crollo di Berlino e, adesso, il sisma politico nel mondo arabo confermano la longevità di un pensiero inossidabile. Se i “signori della politica” si dessero la pena di leggerne almeno qualche frammento eviterebbero l’errore di vertiginose salite e pari ridiscese in pozzi senza fondo.

 

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