VILLANI/7: i misteri del processo tra parcelle salate e parenti di magistrati !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Per capire meglio il processo a carico dell’ALVI e, per ricaduta, anche a carico di Angelo Villani (ex presidente della Provincia di Salerno) mi sono preso la briga di leggere attentamente le circa novanta pagine della sbobinatura del controesame del curatore del fallimento dr. Tommaso Nigro fatto dall’avvocato Gennaro Lepre (difensore di Villani) e dagli avvocati Sica e Lentini. Alcuni punti hanno doverosamente attirato la mia attenzione, punti che fino ad ora nessuno ha ritenuto di pubblicare. A pag n.31 si parla del punto vendita di Roggiano Gravina in Calabria l’avvocato Lepre spara una domanda a sorpresa: “Le risulta che l’immobile del supermercato di Roggiano Gravina risultava gestito da un amministratore giudiziario per motivi di ‘ndrangheta?” . Dopo vari piccoli battibecchi e l’intervento del Presidente del collegio giudicante il dr. Nigro risponde: “Il motivo non lo so, so che c’è un custode giudiziario, ma non ho visto, non avevo interesse a vedere la motivazione”. Risposta a dir poco soprendente, vista la spinosità dell’argomento trattato. Ma Lepre continua: “Le risulta che l’azienda allocata è stata venduta per appena 41mila euro mentre solo l’impianto elettrico … era stato pagato oltre 100mila euro? Parlo di quello che ha venduto lei, non parlo…”. La risposta del curatore conferma precisamente la domanda. Ancora più sorprendente. Ovviamente non finisce qui e Lepre attacca: “Senta è a conoscenza della denuncia di un sindacalista del settore supermercati di nome Agostino Arguto, che ha riferito delle interferenze della ‘ndrangheta nell’alienazione dei supermercati calabresi del gruppo Alvi?”. Lapidaria e secca la risposta del curatore Nigro: “No!!”. Poi dopo altri battibecchi il difensore di Villani passa al capitolo parcelle e incarichi. E viene fuori un aspetto davvero incredibile, almeno per l’importanza delle cifre in gioco. Nel dicembre 2011 la curatela avrebbe pagato parcelle professionali per 460mila euro e che sotto la voce non meglio precisata di “spese della curatela” alla stessa data del dicembre 2011 risultano appostate somme per oltre 2milioni di euro. Poi a pag. 33 la stoccata più significativa di Lepre: “Egregio dottore … le risulta o no che nella sua curatela ha dato incarichi professionali a parenti di magistrati noti del tribunale di Salerno? Non è il mio metodo ma, come dire, mi sento legittimato dal metodo”. Interviene il Presidente che cerca di bloccare giustamente la domanda-insinuazione dell’avvocato che comunque nel dichiararsi d’accordo con il Presidente insiste nell’ottenere almeno una risposta formale. Alla fine il dr. Nigro risponde: “Non lo so”. Il controesame di Lepre finisce qui e subito inizia l’avvocato Silverio Sica che in ordine ad alcuni assegni ottiene la conferma che su 61 emessi ne risultano 11 impagati. Spigoloso e penetrante anche l’avvocato Lentini in merito alla presunta azione di depauperamento del patrimonio sociale dell’Alvi che partirebbe nel 2001 attraverso l’operazione di “Spinof” del 2002. Questa operazione si avvarebbe di una perizia di stima rispetto alla quale si adombrano dei sospetti di procedimento in termine di mancata astensione per profili di incompatibilità. In pratica ci sarebbe stata una sovrastima per circa 60milioni di euro che avrebbe consentito di occultare una situazione debitoria difficile a livello patrimoniale calcolata, all’epoca, in 45 milioni di euro di cui 36 a breve termine. Ecco in questa presunta complessa manovra si anniderebbe anche la responsabilità personale di quello che appariva come il “vero padre-padrone” dell’Alvi, cioè Angelo Villani. E da qui potrebbe prendere l’avvio, più complesso, della responsabilità diretta dell’ex presidente con la eventuale dichiarazione di fallimento personale. Questo fa capire quanto e come nella nostra giurisdizione la giustizia è stata usata con due pesi e due misure, almeno nella determinazione reale dei reati fallimentari. La prossima puntata sarà incentrata interamente su questo aspetto che discende dalla eventuale “bancarotta generale” per arrivare al fallimento personale con tutte le gravi conseguenze del caso.

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