L’allattamento al seno

Giovanna Senatore

Secondo le indicazioni dell’organizzazione mondiale della sanità(OMS), dell’Unicef e dell’Unione Europea recepite anche dal nostro ministero della salute, l’allattamento al seno dovrebbe costituire l’alimento esclusivo per i primi sei mesi del neonato e poi proseguire anche fino a oltre i due anni e comunque secondo il desiderio della mamma e del bambino. L’allattamento al seno oltre ad essere un’esperienza entusiasmante che permette un comunicazione non verbale tra mamma e figlio fin dai primi attimi di vita, è anche un compito faticoso fisicamente e moralmente che va sostenuto da chi circonda la madre in quanto l’allattamento al seno è importantissimo da diversi punti di vista. Il latte materno rappresenta il miglior alimento per i neonati, perché fornisce tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita: alcuni acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile ecc. Esso previene malattie nei primi giorni di vita: assicura una migliore resistenza agli agenti infettivi e a quelli allergenici, contiene sostanze bioattive e immunologiche fondamentali per proteggere il neonato da infezioni batteriche e virali (il cui sistema immunitario non è ancora completamente funzionante) e favorisce lo sviluppo intestinale; i bambini allattati al seno sono maggiormente protetti verso l’otite e la meningite.Ancora più importante è che numerosi studi hanno evidenziato rilevanti effetti positivi a lunga distanza: ha una funzione importante nel prevenire l’obesità, l’arteriosclerosi, l’ipercolesterolemia, il diabete, l’ipertensione arteriosa; inoltre sembra che anche il quoziente intellettivo ne risenta positivamente. Quindi, le attuali raccomandazioni finalizzate a promuovere l’allattamento al seno, oltre che per i noti vantaggi in termine di prevenzione di patologie sia infettive che cronicodegenerative, trovano una ulteriore conferma nelle osservazioni circa i positivi effetti del latte materno sullo sviluppo neuro comportamentale.Nei primi giorni di vita, in attesa che arrivi la montata lattea, il lattante succhia il colostro, un liquido denso e giallognolo, ricco di sostanze nutritive, tra cui il carotene (precursore della vitamina A) che gli conferisce appunto il colore giallo. Il colostro rispetto al latte successivo possiede più proteine, sali minerali e meno zuccheri e acidi grassi, significativamente elevati sono i livelli di zinco: un metallo importantissimo per lo sviluppo e l’accrescimento. E’ evidente, quindi, che il latte cambia nel tempo sia nella qualità (viene prodotto prima il colostro, poi il latte di transizione e infine quello definitivo) che nella quantità adeguandosi alle richieste del lattante e cambia anche nel corso della stessa poppata: all’inizio del pasto è più ricco di proteine rispetto alla fine quando, invece, è più ricco di acidi grassi utili per saziare il lattante. Attualmente, le raccomandazioni degli organi competenti, è di non procedere al divezzamento nei primi cento giorni del lattante, ovviamente ciò va valutato caso per caso: la madre e il pediatra osservano nel tempo la crescita del neonato e quando non dovesse essere adeguata solo con il latte materno, si procede all’introduzione di un latte formulato che non va scelto a caso ma su indicazioni precise del medico che deve tener conto di diversi fattori, fra cui la tolleranza gastrointestinale e gli effetti metabolici sul neonato.

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