SENZA CRISTO, SOLO COL DENARO, NIENTE STORIA

Alfonso D’Alessio

Siamo alla frutta! In Italia assistiamo, per lo più inermi e senza voce, allo spettacolo pietoso del ricatto della Fiat ai lavoratori. Merce di scambio, oggetto di una “cinesizzazione” che qualora dovesse andare in porto prima o poi riguarderà tutti, anche coloro che al momento guardano all’indecenza convinti di esserne immuni. Anche i tedeschi non saranno indenni dallo smantellamento dello stato sociale nella zona euro. Una scardinamento preciso e puntuale che fa venire il sospetto di essere voluto e progettato da chi, pur ricchissimo, non si accontenta mai. Siamo ridotti al fatto che prima di procedere all’ulteriore sviluppo del metodo Marchionne, ci viene detto, a fine strumentale, che nessuno stabilimento chiuderà in Italia. Questo basta per imbonire gli animi, tanto la moria dell’operaio può avvenire lentamente, sarà il mercato a decretare l’inutilità delle fabbriche. E a quel punto ormai, proni al dio denaro, chi potrà dire che forse si poteva resistere? È vero, andare avanti come prima non si può. Certo la Fiat e l’economia italiana non possono continuare ad essere luogo dove si mangia a sbafo, dove si lavora o meno lo stipendio arriva lo stesso, dove in seguito ad un pianto cinematografico della proprietà lo Stato apre le casse, ma è anche vero che non guardare al futuro, o meglio guardarlo per cercare comunque di trarre il massimo profitto dal moribondo (almeno in Italia) impero dell’auto, non serve a niente. Ma c’è una cosa che lascia ancora di più basiti. In verità dovrebbe far sorridere perché testimonianza dell’ignoranza culturale di un popolo privo di storia ultra millenaria che, quando unita alla tracotante menzogna a fine elettorale, diventa pericolosa. Avete sentito cosa ha detto Romney? Obama avrebbe svenduto la Chrysler alla Fiat consegnandola così al destino che la condurrà a fare la fine dell’Italia e dell’Europa in generale. E pensare che noi qui discutiamo sull’identità italiana o americana dell’attuale gruppo automobilistico! Ma la raccapricciante ignoranza non è in questo, quanto piuttosto nella dimenticanza che il candidato repubblicano ha riguardo l’origine della crisi. Una crisi che nasce negli Stati Uniti d’America, dall’ingordigia delle sue banche e dal fallimento del sogno indigeno. Certo gli istituti di credito europei pur con qualche distinguo si sono subito uniformati, infondo il dio denaro tutti riunisce in nome della speculazione ad ogni costo, ma sull’origine del disastro non c’è dubbio. Che dire? Ancora una volta i fatti sono più abili ed efficaci delle chiacchiere a dimostrare che se non ci muoviamo a cambiare rotta, se non prendiamo seriamente in considerazione la Dottrina Sociale della Chiesa, unica fonte che può essere condivisa in modo trasversale e che guida al raggiungimento del bene comune, il futuro ci riserverà sempre più l’oblio della storia e dell’identità di ciascuno.

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