Villani/10: ma quale tesoro ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Mercoledì mattina, 14 novembre scorso, intorno alle 8.00 come sempre ho sfogliato la mazzetta dei giornali quotidiani che il fedele giornalaio lascia davanti la mia abitazione in paese. Un titolo a tutta prima pagina attira subito la mia attenzione di lettore (prima ancora che di giornalista) e, quasi come calamitato, afferro subito il giornale e leggo tutto d’un fiato: “Le mani sul tesoro di Villani” con tanto di foto dell’ex presidente della Provincia in bella mostra con la fascia azzurra (vera cattiveria!!). Dal report in prima pagina non capisco niente e vado immediatamente a pag. 6 dove un altro titolo imponente recita “Inventario del tesoro di Villani”. Caspita, dico tra me e me, qui davvero si mette male per il malcapitato Angelo Villani mentre incomincio a leggere l’articolo che, come spesso accade, è senza firma. Leggo, rileggo, mi stropiccio gli occhi pensando che a primo mattino tutto può accadere; macchè, della parola “tesoro” nei 103 righi dell’articolo non c’è traccia. Rileggo con maggiore attenzione, niente di niente; si parla solo di cose vecchie e si abbozza una ricostruzione nemmeno tanto fedele dei fatti e delle circostanze che hanno portato a questa mega-inchiesta. Provo a contattare l’ex presidente Villani sulla sua utenza cellulare, non lo trovo. Penso anche di chiamare la redazione del quotidiano “Metropolis” (è proprio Metropolis il quotidiano interessato !!) ma rinuncio, è tempo perso. Avrei voluto parlare con l’anonima “re.giu”, questa la sigla apposta in calce all’articolo, per spiegare che la ricostruzione di una lunga e complessa vicenda giudiziaria non può passare attraverso e sulle spalle  soltanto di un “personaggio” facilmente attaccabile perché allo stato è in una posizione di debolezza. Capisco la necessità di vendita (spesso anche di una sola copia in più) del giornale ma l’accanimento, o meglio il massacro mediatico, è ben altra cosa. Di questo dovremmo tutti farcene una ragione, in caso contrario non si va da nessuna parte. Non si può continuare a prendere in ostaggio determinati personaggi su cui costruire presunte possibilità di fare cassetta, questo è assolutamente fuori da ogni regola democratica. Avrei voluto parlare la l’anonima “re.giu” per chiedere, anche a nome dei normali lettori, di fare una vera inchiesta giornalistica, partendo semmai dalla posizione dell’ex presidente Villani per arrivare anche a chiedere perché nel dicembre 2011 l’ufficio giudiziario di curatela avrebbe pagato parcelle professionali per 460mila euro e che sotto la voce non meglio precisata di “spese della curatela” alla stessa data del dicembre 2011 risultano appostate somme per oltre 2milioni di euro. Perché queste mega parcelle professionali per un totale di circa 2milioni e mezzo di euro? E chi sono mai questi scienziati da dover essere lautamente pagati, parenti o cari amici di qualche magistrato togato? (vedasi domanda dell’avv. Lepre in udienza al curatore fallimentare !!). E perché il dottore Nigro a quella domanda rispose, sempre in aula, con un laconico “Non lo so”? Perché non si va a scavare nel buco del famoso o famigerato “spinof” che avrebbe sovrastimato per circa 60milioni l’intera operazione fallimentare dell’Alvi? Perché non si chiarisce la situazione scabrosissima del punto vendita di Roggiano Gravina in Calabria dove sembra che l’immobile del centro commerciale venisse gestito da un amministratore in odore di ‘ndrangheta? Perché si consente al curatore Nigro risposte evasive anche su quest’ultimo gravissimo particolare? Perché non si cercano spiegazioni idonee al fatto che  l’azienda  Alvi ivi allocata è stata venduta per appena 41mila euro mentre solo l’impianto elettrico  era stato pagato oltre 100mila euro?  Perché non si chiama a testimoniare tale Agostino Arguto, che ha riferito “delle interferenze della ‘ndrangheta nell’alienazione dei supermercati calabresi del gruppo Alvi?”. Ma queste sono soltanto poche domande che una corretta ricostruzione dei fatti dovrebbe comunque tener saldamente presente. Chi ha responsabilità paghi, ma il massacro, ripeto, è altra cosa. Alla prossima.

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