“Dal Trono di Napoli al Castello di Muro Lucano”

Barbara Filippone

Leggere questo romanzo storico e vivere in esso situazioni accadute intorno al 1300 mi ha trasmesso delle emozioni nuove, che, difficilmente ho provato quando mi sono confrontata con delle letture storiche. In questi tre giorni di lettura  ho, infatti, vissuto nel 1300, per la straordinaria capacità di Giovanni Narracci nel raccontare ciò che viveva la protagonista, la regina Giovanna D’Angiò, e tutti coloro che le giravano intorno. Questo il quadro storico: Carlo I D’Angiò nel 1266 impadronitosi del Regno di Napoli e Sicilia, fu, nonostante tutto, costretto in seguito alla rivolta dei Vespri ad abbandonare l’Isola e a istituire il Trono a Napoli. Ma la successione degli Angioini venne suddivisa in due rami, quello ungherese e quello napoletano e al momento della scelta dinastica, l’erede al trono di Carlo II, Roberto, dovette essere indirizzata, per la mancanza di un figlio maschio morto prematuramente, all’erede femmina Giovanna che a 18 anni, salì al trono,  col nome di Giovanna I, Regina di Napoli.

Per racchiudere la preziosità di questo romanzo userei le stesse parole che ha utilizzato l’autore G.Narracci: “E’ la più bella rievocazione che un figlio di Muro potesse fare della nostra Regina”. La narrazione di eventi che hanno sconvolto e allo stesso tempo contribuito a formare l’Italia, è particolare, perché i personaggi parlano, vivono e si raccontano; non trovo un termine migliore per definirla. In 72 pagine sono racchiuse le vicende principali che hanno caratterizzato i 59 anni di vita della regina Giovanna.

Tutto ha inizio con un viaggio che il nostro autore intraprende con un amico, Tonio nativo di Muro Lucano, conosciuto per motivi professionali, la cui semplice conoscenza cordiale si trasformerà in un’amicizia vera e forte, ed entrambi decideranno di condividere quest’esperienza di viaggio “storico”. L’origine del racconto di Giovanna d’Angiò è dunque narrata da Tonio nel prologo del romanzo. Tonio che aveva trascorso la sua infanzia a Muro Lucano, che aveva sempre parlato della “sua” Basilicata, eternamente innamorato della sua terra, che al solo sentire “Muro Lucano” gli luccicavano gli occhi… Per cui chi meglio di un figlio di Muro, appassionato per di più di storia, poteva narrare le gesta di quella regina che andò a morire nel Castello Angioino…

Il testo narrativo è suddiviso in capitoli che rappresentano i passaggi importanti di tutta la vicenda storica. Un filo conduttore, quale la ricchezza, lo sfarzo, la grandiosità di una dinastia alle spalle, sembrano portare la regina Giovanna a condurre una vita ricca di esperienze ma allo stesso tempo solitaria e per certi aspetti infelice, quale poteva essere la morte della propria prole. Così quello stesso filo, condurrà la regina Giovanna alla fine dei suoi giorni proprio in quel Castello, dove il nonno l’aveva spesso condotta durante le sue visite ai Benedettini, e la gioia di Giovanna nel rendersi conto che il Castello di Muro sarebbe stata la sua prigione la conforterà. Quindi quel filo, che la lega ai D’Angiò, filo questa volta dei ricordi gioiosi, la rasserena: “Siamo sulla via Appia, quella che passa da Venosa e arriva a Taranto e a Brindisi, la riconosco dall’ampiezza e dai marciapiedi che stanno ai lati… Sarà dunque il Castello di Muro la mia nuova prigione…!”

<<La causalità, comunque, è una categoria assolutamente estranea e ingannevole nelle scienze storiche. Non solo il significato effettivo di ogni evento in verità trascende qualsiasi serie di cause passate che possiamo attribuirgli […] ma questo stesso passato viene alla luce solo con l’evento stesso. Solo quando qualcosa di irrevocabile è avvenuto possiamo cercare di ricostruirne la storia: l’evento illumina il proprio passato, non può mai essere dedotto da esso>>, citando Hannah Arendt, (Comprensione e politica, 1954), è così infatti che  Giovanna rinchiusa in quella prigione alla fine del romanzo si renderà conto della tristezza e della scia di sangue che hanno caratterizzato la sua vita; si renderà conto di quanto fosse importante per suo nonno circondarsi di artisti e poeti, il quale le diceva che chi si nutre di poesia non può avere idee bellicose. Cita, il Petrarca, Dante, leggeva e rileggeva i versi di Saffo. Anche lei inizia a nutrirsi di poesia, ad essere attratta dalla semplicità della vita e lo stesso messaggio che le verrà dalle contadine del “Pianello”, un messaggio di serenità, la renderà forte di fronte alla sua morte. Nel luglio 1382 la regina Giovanna D’Angiò verrà assassinata al Castello di Muro.

Ancora oggi quella figura, nell’immaginario murese, sovrasta il Castello e viene rievocata in occasione del Corteo della Regina Giovanna D’Angiò, la cui associazione che ne porta il nome, cura l’evento utilizzando grandi numeri in termini di risorse umane.

Chi ha già letto le mie recensioni e sa qualcosa di me, è a conoscenza del fatto che io mi senta murese di adozione, che seguo oramai da tre anni Muro e proprio da neanche un mese sono stata insignita del titolo di socia onoraria della Pro Loco Murese per il lavoro svolto e l’aver avuto la possibilità di leggere questo romanzo non ha fatto altro che accrescere la mia passione per questo paese.

Credo che questo romanzo storico possa rappresentare un fiore all’occhiello per Muro e per i suoi abitanti. Giovanni Narracci è stato un ottimo interprete di questa realtà storica e saprà incuriosire e far interessare i giovani che probabilmente nella prossima rievocazione storica del Corteo, indossando quegli abiti storici, potranno assaporare la magia di un tempo che fu. E a tutti gli altri, che non sono di Muro, farà scoprire una terra meravigliosa: “…Giungemmo, Muro Lucano era di fronte a noi. Vista dalla vallata ove scorre una fiumara, sembra una perla incastonata su una rupe rocciosa alta più di 600 metri, immersa nel fantastico scenario dell’Anfiteatro dell’Appennino Lucano, abbracciata, quasi protetta dal monte Parietello…”.

Signori, questa è Muro…

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