Giovanna Senatore
In questo periodo dell’anno la pubblicità ci bombarda con messaggi circa la forma
fisica: diete stravaganti e miracolose, prodotti e creme altrettanto incredibili che
promettono perdita di diversi chilogrammi senza grossi sacrifici alimentari, ci
ritroviamo accerchiati e condizionati così tanto da non sentirci “normali” se, dal mese
di maggio fino alla conclusione dell’estate, il nostro pensiero principale non è quello
di “smaltire l’eccesso di peso, o, comunque, modellare il nostro corpo così da
renderelo perfetto”.
Credo che sia chiaro per tutti che essere fisicamente in forma rispecchia un altrettanto
buon stato di salute (e viceversa), i chilogrammi in eccesso rendono più difficili e
stancanti diverse azioni della giornata a partire da una semplice passeggiata, ai servizi
domestici (ci stanchiamo facilmente, ci viene il “fiato corto” dopo una corsa), oltre
tutto sappiamo bene che diverse patologie (e ogni giorno aumentano) sono correlate
al sovrappeso: il diabete, problemi alle articolazioni, alle vene, l’ipertensione, le
dislipidemie, i problemi cardiovascolari fino ad arrivare ad alcune forme di tumore.
Da tutto ciò è chiaro che ognuno di noi deve avere come obiettivo quello di ritrovare
una buona forma fisica per conservarsi più a lungo in salute e non per la prova
costume.
Insieme, però, ad un atteggiamento responsabile e positivo verso la pubblicità “forma
fisica perfetta” bisogna ricordarsi che molti sono attratti “da promesse miracolose”
affidandosi, così, a persone incompetenti e senza scrupoli che mettono a repentaglio
la salute. Vi sono, inoltre, persone il cui sovrappeso è legato ad un disordine
alimentare che “non va curato” (o almeno non solo) con una semplice dieta
ipocalorica o con prodotti miracolosi ma è necessario e indispensabile integrare al
lavoro del nutrizionista anche, e soprattutto, quello dello psicologo e/o dello
psichiatra. In questi casi l’eccesso di peso dipende da un “rapporto sbagliato col
cibo”: per tutti mangiare è un piacere e ciò che introduciamo nel corpo, non solo
appaga il nostro senso di fame ma ha anche un’azione sulla mente, inoltre, mangiare,
spesso, è una valvola di sfogo dopo una giornata negativa. Per chi ha un disordine
dell’alimentazione questa connessione fra “stato di tristezza, sofferenza, frustazione”
e “bisogno di mangiare” è molto forte e ciò determina le cosidette “abbuffate”: si
introduce nell’organismo, in un lasso di tempo molto breve, una quantità di cibo
sproporzionata. L’eccesso di alimentazione viene avvertita come l’ennesimo
fallimento da cui ne consegue una compensazione: vomito, uso di lassativi o diuretici
o attività fisica prolungata e intensa con notevoli e importanti problemi alla salute.
La pubblicità in questi casi è oltremodo negativa: una persona con disturbi
dell’alimentazione che si affida ad una dieta miracolosa o ad un prodotto dimagrante
incorre in un ennesimo fallimento che quindi si ripercuote ancora di più sul suo senso
“di non essere capace, di non riuscire”, nessuna dieta dimagrante, ne tanto meno un
prodotto o una crema può risolvere un disturbo che dipende da un problema
psicologico. Nello scegliere “la giusta strada per dimagrire” cerchiamo di essere
oculati e responsabili, non credendo alle false e facili promesse, soprattutto quando il
nostro bisogno di cibo è un modo per colmare “vuoti di affetto, di solitudine, di
rabbia”.