Giovan Battista Di Brizzi: la fine di una quercia.

 

Aldo Bianchini

SASSANO – E’ passato già un mese da quando Giovan Battista Di Brizzi, mitico personaggio del Vallo di Diano, si è allontanato per sempre dall’affetto dei suoi cari e dagli amici di una vita. L’avevo conosciuto a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 e fin dal primo momento avevo avuto l’impressione di trovarmi al cospetto di “una quercia”, tanto era imponente la sua stazza fisica, il suo timbro di voce forte e deciso e l’atteggiamento caratteriale molto marcato che propalava, comunque, dal suo essere molta disponibilità e grande umiltà verso il prossimo. Un uomo, insomma, un vero uomo che era solito dire pane al pane e vino al vino, sempre diretto e sincero, mai arrogante, senza falsi infingimenti e infinitamente buono. Negli anni successivi alla nostra conoscenza che subito divenne amicizia fu eletto anche consigliere comunale e rivestì il difficile ruolo di “assessore ai lavori pubblici”. In quella veste, da socialista doc e soprattutto da quarantiano convinto, operò alacremente sedendosi poco sulla poltrona e mettendosi quotidianamente in gioco per le strade e i vicoli del paese, più come un capo cantiere che come un assessore; un antesignano in piena regola del modello deluchiano che impera a Salerno da oltre vent’anni. Aveva trasmesso la sua passione politica al figlio Ottavio (architetto), prematuramente e drammaticamente scomparso dieci anni fa (nel 2004) mentre si trovava a Roma per lavoro; fortunatamente il figlio Valentino ha ripreso e ampliato la passione politica familiare nel tentativo anche di attenuare la rabbia e il dolore del genitore per quella perdita immensa. L’altro figlio, Mario, si è dedicato, invece, completamente e con grande capacità professionale all’attività che “papà Giovan Battista” aveva avviato artigianalmente e che, soprattutto, Valentino ha saputo trasformare in una moderna impresa tanto da guadagnare il titolo di “GROUP”. All’inizio degli anni ’60 il giovane Giovan Battista appena ritornato dal Venezuela (dove era rimasto per oltre dieci anni con la giovane moglie Eugenia ed aveva avuto esperienze in trivellazioni) capisce che non tutto il mondo del lavoro nel Vallo di Diano si può e si deve basare sul latte e sulla sua lavorazione o sulle costruzioni edili; cambia registro, forse delude anche un po’ i suoi genitori, e si lancia a capofitto nel mondo delle trivellazioni (non quelle petrolifere che pure aveva visto e, forse, praticato nell’America del Sud) e del supporto materiale per le aziende edili largamente presenti sul territorio. L’idea è geniale e rivoluzionaria al tempo stesso; il successo è immediato e si consolida sempre di più negli anni a seguire; i figli, poi, faranno il resto. La sua azienda, prima un buco e poi una holding, è stata per cinquant’anni il suo gioiello, la sua creatura che ha curato fino alla fine dei suoi giorni. Sul piano prettamente politico è storico il suo grande rapporto di amicizia, quasi di fratellanza, con Enrico Quaranta (deputato, senatore e sottosegretario di stato per più legislature); si stimavano e si rispettavano entrambi con molta dignità e senza giri di parole come accade ai giorni nostri. Non a caso,  e non per caso, nell’ingresso della sua abitazione troneggia ancora oggi un busto del compianto amico Enrico Quaranta; non è da tutti, ma Giovan Battista era fatto così, uomo tutto d’un pezzo e fino in fondo. Nel rapporto con gli altri, ripeto, era sempre diretto e forse in qualche occasione anche distaccato, quasi ascetico nell’esercizio continuo di confrontarsi con nuove realtà e nuove esperienze di vita. Negli anni ’60 aveva anche ricostruito e rilanciato la squadra di calcio di Sassano che poi aveva ceduto gratuitamente ad altri.  Dopo aver respirato felicità a pieni polmoni per la nomina sul campo del suo omonimo nipote Giavan Battista (figlio di Valentino) a primo e unico “sindaco baby” di Sassano mai avrebbe pensato di doversi confrontare con quella che è stata la più brutta e tragica esperienza della sua vita per la morte del figlio Ottavio. Appena qualche mese fa aveva seguito in  silenzio, sempre dritto nella sua fiera compostezza, la deposizione di una targa sul sassosano, in loc. Silla, a perenne ricordo del suo adorato Ottavio e della sua attività di architetto e di politico; ma aveva già chinato il capo in avanti, forse aspettava inconsciamente la fine. Qualche anno fa, mentre centellinavamo insieme una tazzina di caffè, mi raccontò un sogno che aveva fatto diversi anni prima, esattamente qualche giorno prima della morte di Ottavio. In sogno aveva avuto la visione di Enrico Quaranta al quale aveva insistentemente chiesto di sostenere la carriera politica di Ottavio. La location del sogno è particolare: Quaranta stava sulla sponda di un torrente e Giovan Battista con Ottavio stavano sulla sponda contrapposta. Il suo amico lo guarda e gli dice che per Ottavio ha un altro disegno per tenerlo impegnato molto più vicino a lui. Dopo qualche giorno da questo sogno la tragica morte di Ottavio. Ricordo quel racconto con commozione e ricordo soprattutto le lacrime che rigavano il viso di Giovan Battista; fu un momento molto delicato della nostra lunga conoscenza. L’ho visto l’ultima volta pochissimi giorni dopo la tragica scomparsa dei quattro ragazzi davanti al bar di Silla; era visibilmente piegato su stesso, il capo reclinato in avanti, camminava lentamente, non era più una quercia ma un giunco che si stava inesorabilmente piegando per sempre sotto il peso dell’immenso dolore. Probabilmente il dolore che lo accompagnava da dieci anni ma anche la tragedia di quei quattro ragazzi lo stava sovrastando e la quercia, quella quercia di uomo che avevo sempre idealizzato si avviava lentamente, così come stava camminando in quel momento, verso l’ineluttabile fine. Non feci in tempo a salutarlo, lo faccio adesso nel giorno del trigesimo con la certezza che raccoglierà il mio saluto con il solito sorriso di sempre.

2 thoughts on “Giovan Battista Di Brizzi: la fine di una quercia.

  1. Caro Aldo,

    è difficile commentare a parole questo pensiero!

    Grazie, per aver fatto comprendere a tanti che persona speciale era il mio papa’!!!

    Saluti Affettuosi,
    Valentino

  2. Io certo non sono bravo come te con le parole ad esprimere i miei sentimenti!

    Ti assicuro, però, che sono molto emozionato e commosso!

    E’ bello che a parlare di lui in questo modo, non siamo noi della famiglia che tanto lo abbiamo amato, ma voi che lo avete conosciuto e apprezzato per quello che era!!

    Ancora Grazie,
    Valentino

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