Università: morte e sicurezza (1)

Aldo Bianchini

SALERNO – Come sempre preferisco intervenire con un certo ritardo rispetto alle notizie di cronaca per cercare di andare oltre la notizia stessa, insomma per entrare “dentro la notizia”. Alludo alla gravissima notizia di cronaca che ha, da qualche giorno, occupato le prime pagine di tutti i giornali e i primi titoli di tutte le tv locali: la morte tragica di Francesca Bilotti. Le cause e circostanze in cui Francesca  è andata incontro alla morte sono davvero assolutamente inquietanti e segnano, se ce ne fosse ancora bisogno, l’immobilità di tutti quelli che dovrebbero assolvere al compito di garantire sicurezza (sul lavoro, a scuola, in strada, in casa, ecc.) e non lo fanno calpestando la scienza, la coscienza e le responsabilità. Quando accade un fatto così eclatante e drammatico, come quello accaduto all’innocente Francesca, si perdono d’improvviso le certezze, quelle scritte sui tanti testi legislativi finalizzati alla sicurezza (in senso lato !!), quelle dei preposti alla vigilanza sull’attuazione delle norme sulla sicurezza, quelle dei diretti responsabili della stessa sicurezza. Quasi come se il gigantesco D.Leg.vo n. 626/94 (scaturito da molte direttive dell’ U.E.)  non avesse assegnato precise responsabilità ai cosiddetti “responsabili della sicurezza” (per i quali sono stati spesi decine di miliardi di lire in formazione !!) che ogni Ente o Datore di Lavoro (DL) era stato chiamato a  nominare con un preciso verbale di conferimento dell’incarico che doveva sempre essere svolto in maniera autonoma e indipendente da quelli che potevano essere gli specifici interessi degli Enti o dei DL ed al di sopra dei vincoli di dipendenza che potevano legare ma non condizionare l’azione dei neo “responsabili della sicurezza”. Detto questo mi sembra che una prima chiarezza sono riuscito a darla sull’enorme problema che investe ruoli, interessi, diritti e doveri. Come innanzi dicevo, subito dopo la morte di Francesca sembra che nel determinismo dell’infausto incidente non ci siano più certezze; adesso tutti si nascondono o, nel migliore dei casi, cercano di attuare l’odiosa pratica dello scarica barile. Io che non rincorro le notizie, le interviste, gli sfoghi e le indiscrezioni cerco di fare il punto della situazione (parlo della morte di Francesca) partendo dalle certezze per non perdere di vista tutto quello che ho scritto fin qui. Dunque al momento ci sono soltanto poche certezze nel determinismo della grave tragedia: 1) La distrazione del conducente dell’autobus connessa a quella della ragazza; 2) Le responsabilità dirette ed indirette; e per esse intendo quelle soggettive ed oggettive riscontrabili a carico anche della situazione strutturale del terminal dentro l’università connesse a quelle delle agenzie di trasporti e dei responsabili della sicurezza nell’ateneo; 3) La professionalità del pm Amedeo Sessa (Procura di Nocera Inferiore) che in fatto di indagini finalizzate alla ricerca di responsabilità soggettive ed oggettive è un vero segugio (lo dimostra l’indagine sull’alluvione di Sarno dove è riuscito dopo oltre dieci anni, tra ricorsi e controricorsi, a far arrestate l’allora sindaco per “responsabilità oggettiva” perché se non era stato certamente lui a provocare direttamente l’alluvione non aveva fatto nulla per evitarla così come non aveva fatto nulla per far sgomberare la gente dalle loro case prima del disastro). Da questi tre punti focali intendo partire per cercare di capire se e dove sono le responsabilità, se e a chi possono essere addebitate. Per andare avanti con la presente inchiesta che è e resta soltanto giornalistica (non ho altre pretese !!) e che è, se me lo consentite, anche basata sulla mia personale esperienza di infortunistica” data la mia passata lunga attività di “ispettore di vigilanza” in materia di infortuni sul lavoro, devo riandare indietro con la cronaca e ricordare a tutti che una decina di anni fa una docente della nostra università morì per cause ed in circostanze quasi analoghe a quelle che hanno determinato la tristissima fine di Francesca. La prima domanda, a questo punto, che dovremmo tutti porci è la seguente: “I campus universitari dell’ateneo dal punto di vista della sicurezza per tutti quelli che gravitano al suo interno sono gestiti secondo le regole esistenti ?”. Sembrerebbe di no !! almeno stando alla fantomatica riunione sulla sicurezza convocata, guarda caso, proprio per il giorno dell’incidente e subito rinviata; per non dire delle mail inviate e mai ricevute o delle dichiarazioni del responsabile della Sita che parla di autobus stracolmi di studenti e di terminal da ricostruire (tutte fonti desunte da Il Mattino del 26 e 27 novembre 2014). Insomma tutta roba per i denti di Amedeo Sessa che, stando ad alcune indiscrezioni non confermate, si sarebbe già avviato sulla via di soggettivizzare precise responsabilità partendo proprio da quell’incidente di una decina di anni fa al fine di analizzare tutto il tempo perduto senza che nulla sia stato modificato e reso più sicuro, soprattutto nella piattaforma del terminal dei bus. Ma questa è soltanto la prima puntata; il resto in quelle successive.

One thought on “Università: morte e sicurezza (1)

  1. Ma tutti noi cosa facciamo quando ci rendiamo conto dei pericoli che corriamo tutti i giorni sia al lavoro che soprattutto sulle strade. Al lavoro non denunciamo per paura di ritorsioni, sulle strade poi è inutile non ci ascoltano se prima non succede il peggio.Un esempio sono le tragedie delle alluvioni,come a genova, tutti si sono accorti che i lavori non erano stati fatti dopo la ennesima alluvione, ma nei due anni prima nessuno a visto che i lavori non erano partiti ? Siamo un popolo di incoscienti e irresponsabili. Saluti.

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