D’ALEMA: una barca, il mare e Panarea !!

Aldo Bianchini
SALERNO – Prima metà del mese di agosto del 1996; IKARUS, la splendida barca a vela di Massimo D’Alema solca alla grande i flutti del basso Mar Tirreno. Lo scenario è splendido, il cielo sereno, il mare calmo, quando la barca comincia ad insinuarsi tra i diversi isolotti di una delle zone di mare più belle del mondo: le Isole Eolie. La serata è splendida, il luccichio delle stesse altrettanto; una cena favolosa a bordo: papà, mamma, due figli e i tre membri dell’equipaggio. Nella notte, però, tutto cambia all’improvviso. Il mare comincia a gonfiarsi, anzi rapidamente arriva la tempesta, tanto che alle prime luci dell’alba lo yacth sotto il controllo dell’esperto timoniere riesce a trovare rifugio nel piccolo porto di Panarea. Di primo mattino il vociare dei figli del politico (allora ragazzetti) attirano l’attenzione della giovane signora che si muove sul ponte dell’elegantissimo yacth vicino al quale la barca di D’Alema ha ormeggiato. “Signora, possiamo visitare la sua barca ?” esclamano i figli del politico e la signora, ignorando chi fossero, li invita lestamente. Ma, ovviamente, i ragazzi non fanno in tempo a scendere dalla barca che vengono fermati dagli uomini della scorta e dai Carabinieri che da qualche ora sostano sul molo a tutela della privacy di D’Alema. Ma i ragazzi insistono ed allora si affaccia la mamma, Linda, che parla con la giovane e bella signora dell’elegante imbarcazione e l’accordo viene presto raggiunto. I bambini, con la mamma, transitano sul lussuoso yacth per visitarlo, tanto a bordo c’è solo la signora. Passano pochi minuti e viene raggiunto telefonicamente Vincenzo De Luca a Salerno, D’Alema vuole sapere tutto e subito sul proprietario della barca da sogno (costo di circa 10 miliardi delle vecchie lire); la risposta è rapidissima ed anche positiva. A quel punto scende anche D’Alema che visita lo yacth e poi viene ricevuto nell’altrettanto lussuosa villa dell’imprenditore salernitano insieme a tutta la sua famiglia. La tempesta a mare e il maltempo sulla terraferma (che dureranno alcuni giorni) consigliano la famiglia D’Alema ad accettare l’invito di una sosta in villa nell’attesa della ripartenza. E il cuoco dell’imprenditore subito al lavoro tra manicaretti e vini pregiati. La mattina successiva tutti i grandi quotidiani nazionali titolano: “D’Alema, causa tempesta, prigioniero a Panarea”, nessuno di loro sa precisamente cosa è accaduto e sta accadendo. Ho raccontato in breve questo episodio, assolutamente non conosciuto, di tanti anni fa per far capire meglio il personaggio D’Alema che già da quei tempi era molto scrupoloso anche con chi gli chiedeva semplicemente di visitare un lussuoso yacth; l’incontro con l’imprenditore salernitano si sarebbe, difatti, concluso con la visita dei ragazzi (accompagnati dalla mamma) senza il necessario “N.O.” di Vincenzo De Luca da Salerno che assicurò tutte le credenziali necessarie. Ebbene, mi sono chiesto, come è mai possibile che per la vicenda della C.P.L. (la coop. Rossa modenese) l’attenzione di D’Alema sia invece risultata così bassa anche se il fatto non dovrebbe essere minimamente riconducibile a lui e neppure a reati di natura penale. Continua la bagarre sulle modalità di effettuazione delle intercettazioni e sulla pubblicizzazione di vicende che riguardano persone estranee alle inchieste e neppure indagate. Nel nostro Paese, inutile nasconderlo, c’è in atto da tempo un uso eccessivo delle intercettazioni quasi sempre manipolate ad arte e diffuse con strategie mediatiche da far paura a tutti. Un buon esempio su come utilizzare al meglio le intercettazioni lo scrive il magistrato Mario Davinola (di Cava de’ Tirreni) nel libro giallo “Intercettazioni, l’indagine dell’ispettore Pinto”, (Aracne editore, collana Tarantole) presentato a Cava de’ Tirreni il 17 gennaio 2013. Con parole semplici ma anche con riferimenti legislativi molto tecnici il giovane magistrato mette tutti, anche i meno addetti ai lavori, in grado di capire cosa prendere e diffondere dalla sempre immensa mole delle intercettazioni; ed utilizza in modo sapiente anche la capacità professionale del fantasioso e soltanto apparentemente distratto ispettore Pinto. Oggi la barca a vela più nota d’Italia, Ikarus, non appartiene più a Massimo D’Alema; l’ha venduta nel 2009 per far fronte alle spese nell’acquisto dei vigneti che hanno portato alla nascita dell’attività vinicola dei figli, si proprio quelli che una ventina anni fa chiesero innocentemente di salire a bordo del lussuosissimo yacth.

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