REGIONALI: Rosy e l’abuso d’ufficio … la caduta sull’uccello !!


Aldo Bianchini

SALERNO – L’abuso d’ufficio come un uccello. “Ahi ahi ahi, mi è caduta sull’uccello !!” gridò dagli schermi televisivi di Mediaset l’inarrivabile Mike Bongiorno alla avvenente signora Longari nella puntata di Rischiatutto del 16 luglio 1970, e quella frase è rimasta nella storia della televisione italiana. Così come rischia di rimanere nella storia la contestazione del reato di “abuso d’ufficio” che è stata ipotizzata da Vincenzo De Luca contro Rosy Bindi nella denuncia presentata alla magistratura salernitana che, per competenza territoriale, dovrà trasmettere a quella romana. Come già detto altre volte, troppe volte, a me piace approfondire le notizie perché nell’approfondimento che ormai langue vedo l’essenza giornalistica rispetto ai vari poteri forti pubblici e privati. L’abuso d’ufficio si concretizza quando un soggetto che detiene ed esercita un pubblico servizio va oltre i suoi compiti e tracima da quello che dovrebbe essere il corretto esercizio del proprio ruolo. Prima di andare avanti devo dare atto al pool di avvocati che da tempo circonda il kaimano nell’aver individuato l’unico punto debole della Bindi e l’unico punto di forza di De Luca da rappresentare in un esposto-denuncia che se in verità non dà mai luogo ad una controdenuncia, appalesa comunque dei rischi. In gergo si dice che si sa da dove si comincia e non si sa dove si finisce. Lo staff di legali deluchiani lo sa benissimo dove si può andare a parare con l’ipotesi del reato di “abuso d’ufficio” non fosse altro perché è costato molto caro al loro stesso assistito per la vicenda della nomina del “project manager” del termovalorizzatore di Salerno. Ma come si fa a dare corpo a quella che, al momento, è soltanto un’ipotesi di reato ? Ho cercato di spiegarlo pochi giorni fa, esattamente il 30 maggio scorso nel contesto dell’articolo dal titolo “Regionali, Rosy tra cronaca e vendetta” scrivevo testualmente: “C’erano modi, luoghi e tempi per farlo in maniera diversa sempre che la cosa, come sembra certo, ricada tra le prerogative della Commissione Nazionale Antimafia. Lo dico per non far apparire la Commissione come uno strumento per vendette politiche personali, cose che speravo fossero state sommerse per sempre. Ma la Commissione, da un po’ di tempo a questa parte, ha assunto le sembianze di quella magistratura politicizzata che spesso emette le sue sentenze il “venerdì” prima delle elezioni. Anzi la Commissione, andando alla ricerca di capi d’accusa (concussione e truffa) ben diversi dal presuntivamente più leggero “abuso d’ufficio” che De Luca andava menando per l’aia ad ogni piè sospinto come prova a discarico e non a carico, è’ andata oltre quello che la magistratura riesce ad imbastire per le sue lotte politiche”. Ed è proprio nelle pieghe di questo “andare oltre” della Commissione Antimafia che potrebbe essere, anche facilmente, individuato e contestato il reato di abuso d’ufficio che tanto caro sembra essere costato a De Luca. La Commissione, difatti, è andata alla ricerca dei capi d’accusa “concussione e truffa” contestati a De Luca nell’ambito di un processone che, a mio avviso, non ha nè capo e né coda. Una vicenda che riguarda l’acquisizione dei suoli della dismessa Ideal Standard sui quali doveva sorgere un altro sogno deluchiano, cioè il famoso o famigerato “SEA PARK” di cui si è tanto discusso in passato. Una vicenda, ripeto, nata all’inizio degli anni 2000 ad opera del pm Filippo Spiezia che, a causa del suo trasferimento presso la Suprema Corte di Giustizia Europea, lasciò in eredità il suo fascicolo alla pm Gabriella Nuzzi che chiese nel dicembre 2005 per tre volte l’arresto di Vincenzo De Luca, arresto che il gip Gaetano Sgroia non concesse; anzi la Commissione Parlamentare per i procedimenti d’accusa (allora De Luca era deputato) sentenziò la distruzione di alcune bobine contenenti registrazioni telefoniche e ambientali. Il processo ancora oggi langue in una delle sezioni penali del Tribunale di Salerno. Alla base delle indagini preliminari e, forse, dello stesso processo le rivelazioni di Cosimo D’Andrea (presunto super boss della Piana del Sele) che al pm della DDA di Salerno, Antonio Centore, il 19 luglio 2001 (alle ore 11.35) nel carcere di Opera dichiarò: “”Insospettabili!! I nomi non me li ricordo, perché li vidi su internet l’ultima volta e non me li sono scritti e me li sono dimenticati. Questi qua stanno facendo una delle più grandi iniziative d’Europa, vicino a voi, non ne sapete niente? …. Ma come vicino allo stadio Arechi e voi non sapete niente …..””. Il magistrato risponde che qualcosa aveva letto sul Sea Park ma solo dai giornali e il camorrista ribatte: “”E non avete capito niente…..e avete letto male, quelle sono sue cose distinte e separate, queste qua. Per quanto riguarda l’Ideal Standard il Comune ha messo De Luca ieri e oggi. Come si chiama il sindaco? …. De Biasi, benissimo, hanno fatto una convenzione con questa ditta che non da nessuna garanzia né di solvibilità né di onorabilità …… Come lo so ? stai a sentire mi hanno detto …tu… noi mettiamo in mobilità 180 persone, tu devi riconvertire ….. e fare in modo di dare lavoro a questa gente …. Se tu ci fai questo favore noi ti diamo non so quanti ettari ed ettari vicino allo stadio Arechi, dove tu puoi fare questo grande acquario … che è il più grande d’Europa, significa il più grande d’Europa…debbono affluire 40-50milioni all’anno di spettatori….questo è un finanziamento di 3-400miliardi di lire…””. Il dottor Centore, nel contesto di un interrogatorio di oltre cento pagine, chiese a chi dovevano andare tutti quei soldi e D’Andrea risponse: “”E a chi andranno, dottò, se ci sto io in mezzo vengono una parte, pure una parte a me…””. L’interrogatorio continuò, alla pagina 115, il magistrato chiese specificamente notizie sui soldi e D’Andrea dice: “”Ha capito ed allora me ne ha parlato a me dice e questo è il fatto del Sea Park””. A pag. 117 il dottor Centore affondò i colpi: “E De Luca c’entra qualcosa in tutto questo?”. Laconica la risposta: “”E’ lui, lui in campagna elettorale ha cavalcato il cavallo di questa cosa qua, che avrebbe portato a Salerno questa cosa, è lui che lo fa””. Al che Centore disse: “Va bene d’accordo, approfondiremo separatamente. Poi?”, gli fa eco il camorrista dicendo “”Ci volessimo fermare quasi?””. L’interrogatorio, dopo 118 pagine, finisce con la promessa di continuare in altra data per approfondire specifici argomenti; il verbale viene chiuso ed allo stesso viene allegata la bobina della fonoregistrazione. Poco tempo dopo Cosimo D’Andrea morì nel carcere di Napoli e non ci fu più tempo per i promessi approfondimenti.. Un interrogatorio inutile, a mio modo di vedere, 118 pagine difficilmente utilizzabili a dibattimento per la mancanza di qualsiasi prova oggettiva. Il magistrato cerca di forzare la memoria ricostruttiva di D’Andrea ma quest’ultimo, in definitiva, non dice niente di pericoloso per De Luca che nel ricordo del presunto boss ha solo brigato per fare una grande opera pubblica a Salerno. Per queste cose Vincenzo De Luca è a processo, non per altro. Andare a riscoprire accuse senza senso può davvero gettare lugubri ombre sulla Commissione Nazionale Antimafia e può consegnare a De Luca una nuova ed inaspettata arma vincente. Insomma, come dire, per quel maledetto vizietto di voler a tutti i costi scimmiottare la magistratura, questa volta la Commissione Nazionale Antimafia può rimanere con le dita nella porta. Ma più probabilmente finirà tutto a tarallucci e vino, come sempre accade in questo Paese.

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