Giornalismo giudiziario e antimafia

Aldo Bianchini
SASSANO – Dal palco dell’aula consiliare di Sassano è andata in scena una bella pagina di giornalismo, benaugurante per le due nuove stelle del giornalismo valdianese: Chiara Di Miele e Giovanna Quagliano. Parlare di giornalismo non è mai facile, ancora più arduo parlare di giornalismo giudiziario. Ci hanno, comunque, provato Edoardo Scotti (storica firma del giornalismo salernitano e del quotidiano La Repubblica di Napoli) e Ottavio Lucarelli (presidente dell’ordine regionale dei giornalisti e firma de La Repubblica). A fare da collante l’intervento molto appropriato del pm antimafia di Napoli Catello Maresca che ha abilmente tracciato le linee di confine fra diritto di cronaca e violazione della privacy e del segreto istruttorio. Il tutto nell’ambito del corso di formazione dei giornalisti organizzato dall’ordine e dall’ A.G.V. (Associazione Giornalisti del Vallo di Diano) ottimamente presieduta dal collega Rocco Colombo. Ma a parlare di giornalismo giudiziario ci hanno provato anche due noti giornalisti campani, Annamaria Chiariello e Carlo Verna, premiati con l’affermata “Orchidea d’argento”, un premio giornalistico nazionale giunto alla sua quinta edizione e fortemente ideato e voluto dal sindaco di Sassano Tommaso Pellegrino da meno di un mese confermato nella carica di primo cittadino. Bene, esaurita la stanca e ripetitiva (almeno per me !!) cronaca dell’avvenimento ottimamente moderato da Pierino Cusati, passo volentieri a qualche nota di approfondimento sul difficile mestiere di giornalista giudiziario. Dico subito, e senza alcuna piaggeria, che ho apprezzato molto l’intervento di Catello Maresca (con i magistrati di solito non vado molto per il sottile) perché ha avuto il merito di apparire in una veste di grande umiltà e con una idea molto credibile del giornalismo giudiziario notevolmente lontano dalle “piece teatrali” con le quali da qualche tempo a questa parte si cerca di rappresentare la “cronaca giudiziaria” sui grandi schermi televisivi del Paese. Credo, come lui, che il giornalista giudiziario debba sempre cercare di raggiungere la verità possibile analizzando nei dettagli sia la “verità giudiziaria” che la cosiddetta “verità mediatica” frutto, spesso, di ricostruzioni fantasiose e senza alcun fondamento documentale. Mi lancio, quindi, in una interpretazione tutta mia dell’attività di “giornalista giudiziario”, una interpretazione che vuole essere (con grande umiltà) anche un consiglio per i giovani giornalisti che si affacciano alla “cronaca giudiziaria”: bisogna sempre cercare di essere “credibili” e al tempo stesso “inaffidabili” per poter raccontare i fatti. Sembra difficile poter accostare credibilità e inaffidabilità, ma la soluzione è semplice. Bisogna essere credibili per la gente che legge, vede e sente; bisogna essere inaffidabili per il potere costituito (sotto qualsiasi forma esso si presenti) che non deve mai avere la sensazione di poter governare a suo piacimento gli strumenti dell’informazione. La famosa schiena dritta (anche e soprattutto con gli editori !!), di cui parlava la Chiariello (ma non so quante volte lei l’ha tenuta dritta suo malgrado !!), è l’unico strumento operativo in un mestiere difficile e, forse, più bello del mondo. Certo la credibilità e l’inaffidabilità portano sul piano pratico-operativo a delle rinunce e ad enormi sacrifici, probabilmente nessuno passerà più una velina, ma non c’è alternativa. Tutti i relatori hanno parlato di Vittorio Pisani, il famoso super poliziotto napoletano, precipitato nel baratro di una fasulla inchiesta giudiziaria per collusione con la camorra e finalmente in via di assoluzione anche in Cassazione; di certo non ci sarebbe stata quella travolgente pressione mediatica contro di lui se i giornalisti fossero stati tutti un po’ più credibili e un po’ meno affidabili; avrebbero sicuramente raccontato i fatti ed avrebbero messo in una certa difficoltà il potere costituito che passava veline e faldoni giudiziari. Anche per il “caso Saviano”, se i giornalisti fossero stati credibili e inaffidabili, non avremmo avuto la sovraesposizione mediatica che ha lanciato lo scrittore a livello internazionale prima di scoprire che parte dei suoi scritti sono stati copiati da un giornaletto partenopeo. Ma per Saviano questo non conta e già ha realizzato il suo ritorno a casal di Principe tra ali di folla inneggianti e stampa assolutamente sottomessa ai suoi voleri. Soltanto così un giornalista potrà sentirsi libero nell’esercizio di un potere enorme (come detto dallo stesso Maresca) al fine di raccontare i fatti, quelli che più si avvicinano alla verità vera. “Raccontare” è l’ultimo dei tre elementi costitutivi della buona informazione; raccontare non vuol dire ripetere pedissequamente tutto ciò che viene propinato dal potere nel tentativo di gestire l’informazione, vuol dire fare l’analisi attenta e scrupolosa dei fatti (veline, documenti ufficiali, dichiarazioni delle parti in causa, ordinanze e sentenze, ecc.) per poterli offrire alla gente in maniera credibile, al di là della verità giudiziaria e di quella mediatica. Posso anche sbagliarmi, ma dopo trent’anni di “giornalismo giudiziario” ho maturato serenamente la convinzione che senza credibilità e inaffidabilità non si possa andare da nessuna parte, men che meno verso quella di raccontare fatti e misfatti. Tutto il resto non è giornalismo puro, piuttosto un surrogato di “copia-incolla” e di sterile “dettato” che con il “quarto potere” (così venne definito il giornalismo in un famoso film) non ha proprio nulla a che fare.

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