Gambino/123: accusa, difesa … da Coppi a Bartali

Aldo Bianchini

SALERNO – Anche qui da noi accade proprio come nei film americani: un avvocato che riposa, un telefono che squilla insistentemente e l’inizio di un dramma. Erano le prime ore del mattino di cinque anni fa, 15 luglio 2011, quando il telefono fisso in casa del noto avvocato penalista squilla con una insistenza inusuale, una insistenza che però il penalista conosce bene; allunga il braccio verso la cornetta e si lascia andare ad un naturale “Pronto !!” ben sapendo che all’altro capo del filo si sta consumando un dramma pur non potendo intuire di quale dramma si tratti. Inizia così, molto semplicemente, il dramma politico-giudiziario che sta travolgendo da ben cinque anni Alberico Gambino; i Carabinieri sono in casa sua a Pagani ed occorre, nello stordimento generale, incominciare a difendersi; dall’altro capo del filo c’è il suo penalista l’avvocato Michele Tedesco (figlio d’arte) e parte quell’intreccio tra accusa, difesa e imputato. Il rapporto tra Gambino e Tedesco, però, dura molto poco e per motivi ancora oscuri si spezza ed entra in scena un altro noto avvocato penalista, il suo nome è Giovanni Annunziata che dall’agosto 2011 non lascerà mai più il suo assistito. E pensare che tra Gambino e Tedesco c’era stato nei precedenti mesi una comunione totale di intenti che aveva portato il penalista a rintuzzare a muso duro una Procura che faceva fiamme e fuoco per l’utilizzo della carta di credito comunale da parte di Gambino. L’avvocato Annunziata entra quasi in punta di piedi sulla scena e con grande professionalità innanzitutto non commenta neppure per un secondo lo strappo tra il suo assistito e il precedente difensore e dopo qualche mese accetta senza battere ciglio l’arrivo del prof. Alessandro Diddi del foro di Roma ad irrobustire quello che poi per anni sarà il collegio difensivo del consigliere regionale Alberico Gambino. L’avvocato Annunziata non ha battuto mai ciglio, neppure il giorno dell’esordio in aula nel Tribunale di Nocera Inferiore del professore venuto da lontano che aveva, quel giorno, monopolizzato l’attenzione di tutta la stampa in trepida attesa per le prime parole del docente universitario. Quella mattina a Nocera io non seguii molto l’intervento di Diddi e concentrai la mia attenzione sulla gestualità di Annunziata che riuscì a controllare la giusta tensione (anche gli avvocati sono tesi in aula !!) e somaticamente non mosse neppure un muscolo, sicuro delle sue capacità di esercitare un mestiere difficilissimo come quello dell’avvocato penalista. Credo che da quella mattina, e in quella mattina, l’avvocato Giovanni Annunziata abbia trovato tutte le energie necessarie per proseguire in una difesa molto difficile e non solo per gli aspetti mediatici. Prima di quel momento aveva studiato e sviscerato, foglio dopo foglio, il grosso faldone dell’inchiesta e del processo ed era entrato nella sostanza del processo senza chiacchiere superflue o fumose interpretazioni sceniche; difatti la cronaca della vicenda narra di interventi difensivi sempre precisi e puntuali da parte di Annunziata, a volte anche brevissimi ma pungenti e ficcanti, tanto da mettere in difficoltà tutti, dalla pubblica accusa ai pentiti, dai testi a carico agli stessi coimputati. E’ stata una battaglia lunghissima durata, per il momento, cinque anni che la sentenza di appello ha soltanto temporaneamente cristallizzato nell’attesa di quella definitiva che soltanto la Cassazione potrà pronunciare. E lungo tutto questo tempo Annunziata non ha sbagliato neanche una mossa riuscendo a tenere distante e cordiale il rapporto che pure deve esistere tra pubblica accusa e imputato mettendo in evidenza un’abilità molto particolare nel tessere con professionalità e trasparenza il proprio rapporto con una Procura che, per sua natura, è ingiustamente sempre tesa alla ricerca degli indizi di colpevolezza. Un ruolo molto difficile quello dell’avvocato difensore, soprattutto in sede penale e soprattutto in un ambito giudiziario abbastanza ristretto come può essere quello del distretto giudiziario salernitano; l’avvocato Annunziata lo ha svolto nel migliore dei modi, senza neppure la più piccola sbavatura, tenendo conto delle esigenze primarie del suo assistito e garantendo la massima libertà dell’azione penale, senza falsi infingimenti ma studiando e ristudiando ogni atto processuale. E’ lui, Giovanni Annunziata, che ha vinto il processo, perché in definitiva Alberico Gambino il processo l’ha vinto, ancora prima che si pronunci la Cassazione; l’ha vinto perché la vera grossa e infamante accusa è caduta miseramente nonostante gli attacchi inverosimili di pseudo pentiti o semplici collaboratori di giustizia. Anche l’appello ha sancito che tra Gambino e gli altri imputati non c’è mai stato il benché minimo rapporto di stampo mafioso-camorristico o, peggio ancora, di assoluto asservimento ai voleri dei boss della malavita dell’agro nocerino sarnese. Anche in questo l’avvocato Giovanni Annunziata è stato estremamente serio e professionale, non ha enfatizzato per niente la caduta di quella tremenda accusa e si è già messo al lavoro ad un ricorso per Cassazione che possa cassare definitivamente ogni “linea d’ombra” che da cinque anni sta perseguitando Alberico Gambino. Tempo fa avevo paragonato il pm Vincenzo Montemurro al mitico Fausto Coppi per il suo modo di muoversi nell’ambito della sua attività di magistrato inquirente, da grande campione estroverso ma anche  irriverente contro le formalità presenti nella vita associativa; posso, quindi, avvicinare di molto la figura di Giovanni Annunziata a quella di Gino Bartali, anch’egli grande campione ma più composto e ragionevole e ben inserito negli schemi tradizionali e professionali della vita di tutti i giorni. In grado, entrambi, di incidere profondamente nell’opinione pubblica.

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