TERREMOTO: le lentezze e … le tradizioni violate

 

Maddalena Mascolo

 

SALERNO – Con la precedente  puntata  abbiamo cercato di rivisitare  la figura di un personaggio che, nel bene e/o nel male, riuscì a dare una organizzazione logica e di misurata professionalità agli interventi di primo soccorso e di ricostruzione per tutti quegli eventi per i quali gli italiani hanno da sempre dimostrato uno spiccato senso di altruismo e di solidarietà. Abbiamo così cercato di ristabilire una realtà storica incancellabile, quella legata all’azione organizzativo-legislativa di un uomo che, seppure profondamente immerso nella politica, riuscì ad offrire all’intero Paese in due precise occasioni (nel Friuli ed in Irpinia, per via die due tremendi terremoti succeduti ad appena quattro anni di distanza l’uno dall’altro) l’immagine di un Paese che funzionava e che poteva funzionare. Quell’uomo, Giuseppe Zamberletti, è stato nel tempo oggetto di tutte le magnificazioni ma anche di tutte le maldicenze possibili; ma al di là del pensiero di alcuni nostri lettori rimane sul campo una domanda importante che ci riguarda da vicino: perchè in Friuli Zamberletti fece un miracolo e in Irpinia centrò (come dicono !!) un flop clamoroso ? Bisogna partire da una considerazione di fondo e cioè dalla totale differenza in materia di rispetto dello „stato sociale“ che nelle popolazioni friulane è molto sentito e che tra le nostre popolazioni latita paurosamente; da noi, insomma, il senso di appartenenza emerge soltanto in occasione dei mondiali di calcio. A questo è necessario aggiungere che il livello di corruzione della classe politica se nel Friuli è, per ipotesi, pari al 30% in Campania e Basilicata (ma soprattutto in Campania) supera di gran lunga l‘80%, a voler essere buoni. Difatti mano a mano che dalle Alpi si scende lungo gli appennini i tempi della ricostruzione si allungano vistosamente, passando dai tre-quattro anni del Friuli fino ai 48 del Belice del gennaio 1968, una ricostruzione non ancora completata così come quella dell’Irpinia del 1980, cioè dopo 36 anni. Anche se c’è un altro terremoto dell’Irpinia/Sannio, quello del 21 agosto 1962 che dopo ben 54 anni evidenzia ancora alcune crepe drammatiche e che batte ogni record possibile in materia di lentezze e di ruberie. In Friuli ci fu una colata di soldi pubblici che venne spesa subito e bene (con le immancabili ruberie che sono il frutto del rapporto uomo – soldi), da noi invece la valanga di 60mila miliardi di lire sta arricchendo, ancora oggi, diversi soggetti ben individuabili e mai seriamente colpiti. C’è comunque un „comune denominatore“ identico per ogni tragedia della natura: le tradizioni e la privacy violate Per esaminare nel dettaglio questo tragico e delicatissimo aspetto è bene fare riferimento al „nostro terremtoto“, quello del 1980, che conosciamo meglio degli altri. Dopo le scosse, la paura, la fame e le umiliazioni, per la gente terremotata arrivò  la violazione delle più elementari e riservate tradizioni familiari e paesane. Anche i segreti più intimi, dopo la scossa, erano ormai allo scoperto, non solo metaforicamente ma anche realmente, con i soccorritori che arrivarono perfino nei talami nuziali. Le case sventrate, se non rase al suolo, mettevano in mostra in maniera brutale le abitudini di vita e le differenze sociali; salotti lussuosi e sedie sgangherate, letti col baldacchino e semplici giacigli, posate d’argento e miseri attrezzi da cucina; insomma tutto venne alla luce del sole e a cielo aperto. Chiunque poteva osservare, giudicare e muoversi di conseguenza; anche in questo il terremoto fu discriminante; intorno alle case dei ricchi folle di zelanti soccorritori, intorno a quelle dei tanti poveri la normalità dei soccorsi; quasi opprimente l’aria che si respirava in quella drammatica situazione. Insomma un’invasione non voluta e mal digerita; all’epoca non scesero in campo schiere di psicologi e di assistenti sociali (come avviene oggi ad Amatrice e come è avvenuto a L’Aquila), tutto era lasciato al caso ed al senso di responsabilità personale dei soccorritori; difatti le tradizioni e i segreti familiari e personali non venivano ancora tutelati dalla magica parola “privacy” anche perché nell’80 non era stata per niente avvertita l’esigenza dei garanti. E con tutte queste storture arrivò anche una forzata ventata di modernità in un’area che, fino a quel momento, aveva conosciuto soltanto la pastorizia e l’agricoltura. Anche i costumi della vita di coppia vennero forzati verso le convivenze; vedove che si univano ai parenti dei mariti, mariti in cerca di compagne per la tutela dei loro figli. Tutto era giustificato dalla modernità importata ma anche, se non soprattutto, dalla legge Zamberletti che assicurava rendite, vitalizi e pensioni per chi non si univa in nuovo matrimonio; non bastò neanche lo straziante e certo dolore del passato a bloccare la grande voglia di avere, nel giro di pochi mesi, nuovi figli al posto di quelli morti. Anche i più anziani che erano fieri custodi delle tradizioni e dei costumi cambiarono d’improvviso il loro modo di pensare. Quanto era forte e quanto è forte il potere dei soldi; lo Stato lo aveva compreso e, quindi, non badò a risparmi pur di seppellire per sempre, insieme ai morti, forti e palesi responsabilità dando ai vivi la possibilità di ottenere quante più prebende possibili. E in questo panorama non mancarono le storie, alcune anche bellissime e drammatiche. Ad esempio quella di un cittadino di Laviano che, insieme alla moglie, ai sette figli ed a molti parenti stava festeggiando in casa il suo ritorno dalla Germania. Crollò tutto; si salvarono solo lui e un figlio; fu trovato appeso per i piedi ad una trave dopo due giorni mentre il figlio fu salvato dai Vigili del Fuoco dopo cinque giorni ed il suo caso appassionò l’Italia e il Mondo interi. Oppure la storia di quel ragazzino, studente della quinta elementare, ultimo figlio di una famiglia numerosa (genitori e sette figli) rimase improvvisamente solo al mondo. Ma la storia che più di tutte colpì l’immaginario collettivo fu quella di una giovane sposa di Santomenna. Quella sera con il marito stava andando da Contursi a Santomenna per rimanere qualche giorno con la mamma prima di partorire. Appena il tempo di giungere a casa dei genitori che la casa le crollò addosso; il marito si salvò perché era rimasto sull’uscio e si svegliò in un oliveto distante un centinaio di metri. Trovarono il cadavere della giovane sposa insieme a quello del neonato ancora attaccato alla mamma con il cordone ombelicale dopo una decina di giorni; aveva partorito sotto le macerie; un caso veramente drammatico. Ma in quella tragica notte nacquero anche bellissime storie d’amore come quella del soccorritore, quasi poeta, che con la sua chitarra incantò una bellissima ragazza di Castelnuovo di Conza, la impalmò, la sottrasse al dolore ed alla miseria e la portò con se nel nord del nostro Paese. Poi arrivò la falsa industrializzazione,  che violentò il territorio e sventrò la robusta tradizione contadina che imperava da secoli. Ancora oggi si discute sulla opportunità di quegli insediamenti e si resta sbalorditi quando si sentono i commenti di alcuni politici, nei salotti televisivi, che oggi dichiarano sfacciatamente la loro avversità contro quelle lentezze e quelle scelte dello Stato e contro le ruberie generalizzate, mentre ieri furono tra i primi sostenitori di quello che passerà alla storia come il più grande bluff commesso ai danni della gente violentata dal terremoto. Anche di questo si è interessata la Commissione Scalfaro, ma lo farà soltanto dal 1988 in poi fino al 1991 tra mille difficoltà e mille pressioni politiche, imprenditoriali e malavitose. Per la famosa industria “Castelruggiano” (destinataria di cospiscui contributi e soltanto sfiorata nella relazione) il Tribunale di Salerno avviò una clamorosa inchiesta nel contesto della quale i giudici volevano sentire, come persona informata dei fatti, lo stesso Scalfaro che nel frattempo si era assicurato i galloni di “Presidente della Repubblica”; ma anche questa inchiesta finì nelle secche dei rinvii e delle prescrizioni. Migliaia di miliardi sparirono come fagocitati da un vortice senza fine e gli increduli abitanti di tutta la fascia del terremoto rimasero di nuovo soli, senza aiuti, senza casa, senza industria e con la loro privacy irrimediabilmente violata.

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