Camorra & Politica/11: il convegno di Nocera, Vincenzo Montemurro , Andrea Ridosso e le similitudini con “Linea d’Ombra”

Aldo Bianchini

 SALERNO / SCAFATI: Nel precedente capitolo di questa vicenda, che inevitabilmente si intreccia con quella della brutta figuraccia degli organizzatori del convegno su “Ragione Pubblica – Semplificazione legalità” con relatore il pm Vicenzo Montemurro inserito tra i presenti nella prima locandina e poi cancellato nella nuova locandina, avevo anticipato che in questa puntata avrei parlato dell’interrogatorio di Andrea Ridosso, almeno di una parte dell’interrogatorio lungo e complesso assunto come “prova regina di accusa” contro il sindaco Pasquale Aliberti; per l’analisi completa dell’interrogatorio, per ragioni di spazio, vi rimando alla prossima puntata. Dunque incominciamo a parlare di Ridosso. Prima, però, è necessario fare un piccolo accenno all’inchiesta che il pm Montemurro sta conducendo, partendo dal “Piano di Zona” che annovera nel coordinamento sia Pasquale Aliberti (plurindagato di Montemurro) che i sindaci di Sarno e Nocera Inferiore (Giuseppe Canfora e Manlio Torquato), sulle Cooperative Onlus Meridiana e Sofia, entrambi inseriti tra i relatori del convegno da cui, stando alle ultime voci, il sostituto procuratore antimafia si sarebbe fatto escludere, forse per non dare fiato alle trombe di pettegolezzi inutili. Un fatto, di certo, è strano: tra i sei relatori del convegno del 14 ottobre 2016 c’erano ben tre presunti indagati, i primi due Canfora e Torquato soltanto sfiorati dall’indagine sul “piano di zona” poi spostata da Montemurro sulle cooperative che avevano assunto Andrea Ridosso (di cui mi accingo a parlare) e l’altro (Piero De Luca) sicuramente a processo per bancarotta fraudolenta per il crac del pastificio Amato (dove Montemurro non c’entra minimamente come inquirente). Anche se io, in tutta sincerità, non ci vedo niente di strano sul fatto che un magistrato possa intervenire per dire la sua in un ambito dove insistono i politici e dove si discute di temi molto importanti; pur tuttavia era forse necessario che gli organizzatori puntassero su altre professionalità e su altri personaggi politici per non dare la sensazione di voler fare di tutta l’erba un fascio e, soprattutto, per evitare probabili polemiche per il fatto che un magistrato potesse sedere al tavolo con un rinviato a giudizio e con due leggermente sfiorati da un’indagine. Ma questo molto spesso la sinistra non lo tiene da conto e pensa di poter dettare legge in ogni momento della vita pubblica; sia chiaro, io sono un socialista e mi costa molto affermare che se si fosse trattato di un convegno organizzato dalla destra sarebbe successa la fine del mondo. Come la fine del mondo accade sempre quando le inchieste giudiziarie toccano la destra anziché la sinistra. E il “caso Scafati”, rispetto a quelli a colorazione di sinistra, è uno di quei casi che fanno quantomeno sospendere qualsiasi giudizio sull’indipendenza e l’autonomia della magistratura. E veniamo ad Andrea Ridosso, giovane laureato ventisettenne, che in forza della dedizione agli studi e, credo, per indole personale sta mettendo in atto tutte le strategie per scrollarsi definitivamente di dosso il peso ingombrante di una famiglia (in senso allargato) che per intere generazioni non ha dato un buon esempio, a quanto riferiscono le cronache giudiziarie, nell’esercizio della legalità nella vita quotidiana e nel giusto rispetto del prossimo. Ciò che chiama in causa Andrea Ridosso in questa brutta vicenda giudiziaria di Scafati è la sua presunta assunzione, di fatto mai concretizzata con il Piano di Zona !!, ma, forse, concretizzata dalle due Cooperative di lavoro prima indicate; per l’ingente salario di 400-500 euro al mese il giovane Andrea (laureato) avrebbe dovuto lavorare per dette Cooperative ed avrebbe avuto a sua disposizione (insieme ad altri) anche un ufficio all’interno della sede del Piano di Zona come accertato dalla Guardia di Finanza; per questa assunzione la Procura Antimafia di Salerno, sulla spinta dei tanti investigatori utilizzati nell’inchiesta, vorrebbe incastrare il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti ritenendo che l’assunzione (mai fatta, ripeto, dal Piano di Zona !!) possa essere uno dei cardini per l’accusa di “associazione camorristica” o quanto meno di un “rapporto politico-elettorale mafioso” che, fortunatamente, la tenace gip Donatella Mancini ha ridotto ad un più accettabile reato di “corruzione elettorale”. Ma se per assurdo ammettiamo che il Piano di Zona c’entri qualcosa con l’assunzione del Ridosso dobbiamo anche convenire che ad essere imputato dell’assunzione (che non s’aveva da fare !!) oltre a Pasquale Aliberti ci dovrebbero essere anche i sindaci di Sarno e Nocera Inferiore (Canfora e Torquato) che nelle decisioni ufficiali avevano ed hanno lo stesso titolo del presunto camorrista Aliberti. Il personaggio di Andrea Ridosso (incensurato) mi fa tornare alla mente un altro personaggio, Antonio Fisichella (pregiudicato) e la sua presunta assunzione nel Centro Commerciale Pegaso di Pagani per scatenare la famosa inchiesta “Linea d’ombra” che da anni sta cercando di abbattere Alberico Gambino; una figura, quella del Fisichella, utilizzata inutilmente anche nella successiva inchiesta “Criniera” che sempre il pm Montemurro ha scatenato contro l’ex sindaco di Pagani. Insomma il marchio delle inchieste è sempre lo stesso; questo per dire che cambiano i suonatori ma il maestro non cambia nei movimenti della bacchetta; non so se ci troviamo di fronte ad una corrente di pensiero e di azione propria del PM antimafia o se queste specifiche inchieste (Linea d’ombra – Criniera – Operazione Poker – Camorra & Politica), tutte dirette contro amministrazioni e personaggi di destra, siano il frutto di una generica corrente di pensiero (comunque rispettabile anche se non condivisibile) che non riguarda in primis il procuratore antimafia ma che attiene all’opera dei tanti investigatori. Io personalmente propendo per la seconda ipotesi; difatti se pensate allo sviluppo dell’inchiesta “Camorra & Politica” contro Pasquale Aliberti e Monica Paolino c’è stato un momento in cui il pm Montemurro avrebbe potuto tranquillamente arrestare i diversi personaggi coinvolti ma, da garantista qual è, ha cercato di capire bene quale fosse la situazione reale portandosi di persona sui luoghi oggetto delle prime ed eclatanti perquisizioni; in questo prezioso squarcio si era inserito intelligentemente e rapidamente il primo difensore di Aliberti (avv. Giovanni Annunziata) chiedendo ed ottenendo che il suo assistito fosse sentito dalla Procura e poi, forse sulla base della memoria depositata, arrivò la riformulazione del capo d’imputazione da parte del gip che non ha più consentito l’arresto; anche se tuttora pende dinanzi al Riesame un ricorso del pm Montemurro per la reiterazione della richiesta di arresto. Sulla scena, però, compare anche la scelta successiva dell’avv. Giovanni Annunziata di lasciare la difesa di Aliberti e di assumere quella dell’imprenditore Longobardi che da qualche tempo la Procura definisce “vessato”; ma di questo parlerò a parte. Dunque, per ritornare ad Andrea Ridosso credo di poter tranquillamente dire che un giovane che vuole affrancare la propria vita cosa deve fare se non chiedere un posto di lavoro, e un pubblico amministratore cosa deve fare se non cercare di assicurarglielo; la storia del pregiudicato Antonio Fisichella, con quattro figli e una moglie da mantenere, dovrebbe insegnare qualcosa; difatti se la giustizia deve anche servire a redimere e mettere sulla buona strada un pregiudicato, a maggior ragione deve comprendere gli sforzi di un incensurato e di un amministratore che cerca di preservarlo dalla cattiva strada. E c’è di più, il Ridosso ambiva anche ad entrare nella vita pubblica e chiedeva di essere candidato alle elezioni amministrative del 2013. Ma leggete cosa dichiara lo stesso Andrea Ridosso alle ore 9.50 del 16 settembre 2016 dinanzi al pm Montemurro in presenza del capitano dei carabinieri Iannaccone, del luogotenente Marino e del maresciallo Fierro. Da notare che per la raccolta della dichiarazione non è stata inserita la solita dicitura “previo invito” (semplice dimenticanza ?) e ciò potrebbe stare a significare che il Ridosso si è presentato spontaneamente da solo, anche se sorprende la presenza dell’avvocato difensore Michele Sarno che nel verbale viene indicato come “ritualmente avvisato”; ciò varrebbe a dire che in Procura già si sapeva dell’arrivo del Ridosso e l’ufficio si era giustamente attrezzato per avvertire anche il difensore. Ma la sorpresa più grossa è data dal fatto che Andrea Ridosso, molto verosimilmente, delude i suoi interlocutori che si aspettavano, o avevano avuto indicazioni, chissà quali confessioni virali ed afferma che verso di lui si erano creati vari pregiudizi da parte delle diverse persone avvicinate in Comune e fuori e che “”… nonostante ciò continuavo a cercare consensi nelle mie strette amicizie e riuscii a farmi ricevere, dopo alcuni tentativi, dal sindaco Aliberti al quale avrei voluto spiegare le ragioni e la volontà di candidarmi per sostenerlo, ciò accadeva tra la fine del 20123 e l’inizio del 2013 …””. Il sindaco respinge decisamente ogni proposta e, forse forzando un po’ la mano, fa capire al giovane aspirante consigliere comunale che purtroppo il suo cognome evoca troppi e ben definiti atteggiamenti della famiglia poco graditi alla comunità. Il giovane non desiste e ripete la richiesta assumendo anche che nelle liste (ancora lontane dalla loro composizione !!) ci sarebbero stati personaggi poco chiari, stando alle chiacchiere di paese. Il sindaco, a quel punto, chiude la porta a qualsiasi altro discorso. Sulla tempistica dell’inchiesta e sulla sua accelerazione va detto che nell’arco di pochi giorni la Procura si è mossa celermente nel sentire la giornalista Valeria Cozzolino (il 5 settembre 2016), Romolo Ridosso (detto Romoletto, il 9 settembre 2016) e Andrea Ridosso (il 16 settembre 2016); una escalation davvero interessante. Non rimane adesso che aspettare la nuova udienza dinanzi al Riesame; sembra che l’indagato principale Pasquale Aliberti abbia già depositato o sta per depositare una nuova memoria, ai difensori Agostino De Caro e Antonio D’Amaro spetta il resto del difficile lavoro. Ma c’è sempre di più; nell’ultima udienza il pm avrebbe affermato l’esistenza di una vicinanza di Aliberti con il famoso “clan Matrone”. La storia continua.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *