SALERNO – L’identificazione dell’esito del referendum costituzionale con le sorti del governo si è trasformata, come era prevedibile, in un sorta di “giudizio universale” sul renzismo che ha visto aggregarsi nel fronte del no vecchi e nuovi avversari politici collocati tanto a destra quanto a sinistra. Un ampio fronte politico che va dal centro destra al movimento 5 stelle fino alla minoranza Pd.
La sconfitta del si al referendum del 4 dicembre non potrebbe, quindi, non comportare conseguenze politiche sul governo in una fase difficile per l’Italia.
Per uscire dal labirinto politico che Renzi ha costruito con le proprie mani, sottovalutando la forza elettorale del movimento 5 stelle e rompendo l’alleanza con il centro destra con l’elezione di Mattarella , lo stesso presidente del consiglio dovrebbe assumere una iniziativa politica per venire incontro alle critiche che le forze politiche più responsabili ,a partire dalla sinistra interna al pd, muovono non tanto alla riforma costituzionale quanto alla legge elettorale
E’ evidente a tutti, infatti, che la proposta di riforma costituzionale sottoposta al referendum confermativo del 4 dicembre non modifica ne la forma di stato ne quella di governo
La nostra resterebbe ,anche se passasse il si , una repubblica parlamentare che non affida nuovi poteri al presidente del consiglio.
Il presidente del consiglio dopo le elezioni continuerebbe a dover essere incaricato di formare il governo dal presidente della repubblica e deve ottenere insieme al governo la fiducia della camera dei deputati eletta direttamente dal popolo
L’unica cosa che cambia è che la fiducia deve votarla solo la camera dei deputati perché il Senato, ridotto da 300 a 100 membri, non sarà più eletto direttamente dai cittadini ma dai consigli regionali e si occuperà solo di alcune materie( il 95% delle competenze legislative è assegnato alla camera dei deputati) .
L’obiettivo principale della riforma della riforma, a parte la diminuzione dei 200 membri del senato , è quello di accelerare l’iter di approvazione delle leggi, oggi bloccate dal ping pong del cosiddetto bicameralismo paritario tra camera e senato.
D’altra parte anche i costituzionalisti schierati per il no hanno premesso che non è a rischio la democrazia ne i principi fondamentali della costituzione e le critiche si rivolgono più ad aspetti di carattere tecnico formale che finirebbero per complicare anziché semplificare le cose.
Ciò premesso una critica fondata, anche se non collegata direttamente alla riforma costituzionale, è il contenuto della legge elettorale che va sotto il nome di Italicum sottoposta , peraltro,al giudizio della corte costituzionale.
La nuova legge elettorale , se superasse lo scoglio della corte,prevede che per l’elezione della camera dei deputati il partito che ottiene il 40% dei voti elegge il 55% dei 630 deputati di cui si compone la camera.
In termini assoluti 340 seggi mentre il resto dei seggi(290) viene assegnato ai partiti di minoranza che hanno ottenuto almeno il 3% dei voti.
Qualora al primo turno nessun partito riuscisse ad ottenere il 40% dei voti è previsto un turno di ballottaggio tra le prime due liste . Alla lista vincente al ballottaggio è assegnata comunque la maggioranza del 55% dei seggi della camera dei deputati.
Tale situazione rafforzerebbe, a detta del fronte del no, indirettamente il ruolo dell’attuale presidente del consiglio che come segretario del partito oltre ad imporre i 100 capilista non eletti con le preferenze(altri 240 verrebbero eletti con le preferenze dai cittadini) potrebbe ,con una minoranza nel paese ,controllare la maggioranza alla camera dei deputati
Premesso che il combinato disposto tra legge elettorale e riforma costituzionale sta offrendo il fianco a critiche anche da parte di chi non è pregiudizialmente schierato contro la riforma, accettare da parte del Pd una modifica della legge elettorale che tenti di garantire governabilità e un’adeguata rappresentanza a tutte le forze politiche di una certa consistenza potrebbe rappresentare una buona occasione per svelenire il clima politico.
L’Italia attraversa un momento difficile e più che lo scontro dovrebbe prevalere la concordia tra le forze politiche più responsabili per affrontare l’ancora difficile congiuntura economica ed il confronto con l’Europa sul tema dei migranti e della ricostruzione post terremoto.
Una consapevolezza che dovrebbe anche far anche prendere atto del fallimento del sistema politico bipolare centro destra – centro sinistra che con l’irrompere del m5 stelle non esiste più.
Un cambiamento quello del tripolarismo che modifica i termini del confronto politico degli ultimi 20 anni finalizzato a garantire la governabilità il giorno dopo le elezioni facendo leva sulle leggi elettorali(mattarellum e porcellum)
Non siamo più ai tempi degli scontri tra Prodi e Berlusconi quando gli italiani si illudevano, attraverso un surrogato di presidenzialismo ,di scegliere direttamente il presidente del consiglio ed il governo.
Ne sanno qualcosa, peraltro, gli stessi Berlusconi e Prodi i cui governi sono caduti per la sfiducia delle Camere come è giusto che sia in un sistema costituzionale dove il dominus rimane il Parlamento.
Lo stesso D’Alema riuscì a ricoprire l’incarico di presidente del consiglio sostituendo Prodi attraverso una maggioranza parlamentare diversa da quella uscita dalle elezioni.
Con l’attuale legge elettorale , secondo i sondaggio, lo scontro elettorale vedrebbe protagonisti il Pd e 5stelle, vista la frantumazione del centro destra. E se nessuno delle due formazioni politiche riuscisse ad ottenere il 40% al primo turno si andrebbe al secondo turno di ballottaggio con la conseguenza che,tenuto conto della bassa affluenza al voto che calerebbe ulteriormente nel secondo turno, un partito con il consenso del 20-25% del corpo elettorale governerebbe il paese
Se la nostra repubblica deve continuare ad essere parlamentare e non presidenziale, come tutti concordano sia dal fronte del si che da quello del no , occorre prendere atto che la stabilità dei governo non può essere imposta a tutti i costi dalla legge elettorale. Per governare servono alleanze politiche tra forze politiche che possono costituirsi anche dopo le elezioni come avviene in tutte le repubbliche parlamentari europee più importanti.
In Germania ,dove vige una legge proporzionale con lo sbarramento del 4%, dopo le elezioni si è formata una maggioranza di larghe intese tra forze politiche che si sono contrapposte durante le elezioni.
Nella stessa Spagna dopo molti mesi dall’esito delle elezioni , che non hanno assicurato la maggioranza parlamentare ai popolari, solo l’astensione dei socialisti, dopo un duro scontro interno al Psoe con le dimissioni del segretario Sanchez anche da deputato, ha consentito a Rajoy di ottenere la fiducia della camera varando un governo di minoranza.
Quello che si può fare con la legge elettorale è dare un adeguato ma non eccesivo premio di maggioranza al partito o alla coalizione di partiti che vince le elezioni e distribuire i restanti seggi in modo proporzionale ai partiti che superano una soglia accettabile per evitare la frammentazione, ridando ai cittadini la possibilità di scegliere i parlamentari con le preferenze per tutti.
L’alternativa è una modifica costituzionale che dovrebbe prevedere il passaggio da una repubblica parlamentare a una repubblica presidenziale con l’adozione della legge elettorale attualmente in vigore per l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione.
Al momento, però, non esiste una maggioranza parlamentare disponibile a votare tale tipo di riforma che non è proposta dal fronte del si e che a maggior ragione non è condivisa dal fronte del no per l’accentramento di potere che l’elezione diretta del premier comporterebbe.