Camorra & Politica/23: qual è la prova regina della Procura contro Aliberti ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Lo avevo scritto l’altro ieri, e non mi sono sbagliato. Ieri sui giornali ho letto di tutto e di più. La cosa che, però, mi ha colpito in maniera particolare è stata la rivelazione dell’esistenza di u n presunto “asso nella manica” in possesso della DDA di Salerno che avrebbe fatto di quell’asso la “prova regina” per inchiodare Pasquale Aliberti alla sue enormi responsabilità; un vero e proprio scoop giornalistico, almeno nelle intenzioni di quel giornale. Mi sono affrettato a leggere la rivelazione con il giusto senso di curiosità, naturale anche per la gente comune. “Sei foto di schede elettorali e due di certificati indispensabili per votare nei segreti del nipote di Romoletto. Un modo per testimoniare che nel 2013 il clan votò per Pasquale Aliberti e lo aiutò a riconfermarsi sindaco. Per gli inquirenti è la prova regina per confermare l’accusa più pesante: il voto di scambio”. E questa sarebbe la prova regina, mi sono detto tra me e me, se la DDA ha raccolto e depositato un elemento del genere stiamo davvero freschi, così Aliberti può dormire sonni tranquilli. Non conosco nessuno dei componenti il Tribunale del Riesame (Gaetano Sgroia, Giuliano Rulli e Dolores Zarone), ma se fossi nei loro panni mi metterei a sorridere e partirei proprio da lì, da quella prova declamata come regina, per assolvere il sindaco di Scafati non solo dall’accusa di “associazione politico-mafiosa” ma anche dalla più semplice “corruzione elettorale”; cioè darei torto sia al pm Vincenzo Montemurro che al gip Donatella Mancini. Basta riflettere un attimino per capire meglio il contenuto delle mie affermazioni; viviamo in un mondo pienamente e aggressivamente tecnologizzato e pensare che un presunto camorrista non sia in grado di sfruttare le applicazioni del suo telefonino o del suo tablet per inserire agevolmente qualsiasi tipo di immagine è veramente poco costruttivo; figurarsi se tutto questo può assurgere a dignità di “prova regina”. Pensare il contrario suonerebbe anche come una chiara offesa per i componenti dei clan camorristici in quanto da molto tempo hanno abbandonato la loro immagine di capotici e ignoranti delinquenti per trasformarsi (l’ho già scritto in qualche puntata precedente) in personaggi altamente tecnologizzati, ben vestiti e con i tratti somatici da giovani laureati che nella loro azione delinquenziale sono sempre un passo avanti agli inquirenti e non perché più intelligenti e/o abili ma soltanto perché hanno a loro disposizione più mezzi e il più velocemente possibile. Certo ci sono ancora quelli che appaiono come cafoni zoticoni mal vestiti e dai tratti somatici particolarmente esponenziali, ma anche questi riescono ad usare i tablet e i telefonini meglio di me o di chi scrive queste cose. Poi c’è anche un livello altissimi di tecnologia applicata alla delinquenza organizzata nei cui meandri non è riuscita ad entrare nemmeno l’attenta azione di smantellamento portata avanti dagli studiosi delle forze dell’ordine. Infine c’è l’esercizio di voto da parte della camorra; quando questo esercizio viene indirizzato verso la destra si tratta di “voto di scambio”, quando invece viene indirizzato verso la sinistra si tratta di “voto regolare”. Per allontanarci dall’agro e per non riparlare neppure di Cosentino ricordo a tutti il clamoroso caso della Sicilia; quando qualche anno fa vennero eletti soltanto deputati e senatori di destra subito si gridò al voto mafioso, qualche anno dopo il cappotto lo fece la sinistra ed il voto scivolò come se niente fosse. Come dire, per essere credibili, che quando la Sicilia votò per la destra tra gli elettori c’erano i mafiosi e quando votò per la sinistra i mafiosi erano rimasti a casa senza esercitare il loro diritto di voto; dobbiamo uscire da questa mistificante demonizzazione in favore di uno contro l’altro. Insomma per portare questo tipo di prova, e pensare che alcune immagini su un telefonino possano avere una valenza devastante, bisognerebbe fare un’attenta analisi delle cose che si scoprono per dare alle stesse il reale valore probatorio prima di depositarle come “prove regine”; ma sono sicuro, conoscendo la serietà e la serenità degli investigatori guidati dal pm Vincenzo Montemurro e comandati dal cap. Fausto Iannaccone, che il termine “prova regina” non l’hanno mai utilizzato e neppure pensato; è stato proposto dai giornali nell’enfasi dei titoloni che assicurerebbero vendite più cospicue. Di sicuro le immagini su un telefonino mafioso non è che siano proprio niente, ma farle assurgere a pistola fumante mi sembra esagerato. Diversi anni fa, in piena tangentopoli, questo stratagemma delle schede elettorali e dei certificati fu utilizzato contro l’ex ministro Carmelo Conte e gli investigatori dell’epoca furono messi (quasi guidati) in condizione di effettuare un blitz in caso di un pregiudicato che viveva in una casetta del “rione 187” (un luogo ad alto inquinamento camorristico, e non solo !!); trovarono centinaia di schede elettorali e di certificati con l’indicazione di voto in favore di Conte. Quel ritrovamento fece solo scalpore ma non produsse gli effetti desiderati, basta pensare a come e quanto veniamo tutti noi subissati da bustoni contenenti schede e certificati durante le ricorrenti campagne elettorali; bustoni che spesso non apriamo nemmeno e buttiamo velocemente nella spazzatura. Lo ripeto e lo ribadisco fino alla noia, la Procura Antimafia di Salerno che ha già in mano un sicuro rinvio a giudizio, ha una sola possibilità per conseguire l’arresto di Pasquale Aliberti e dei suoi presunti sodali: far passare la linea del sistema di potere politico-imprenditoriale con ramificazioni mafiose. Anzi, per dirla tutta, sarebbe stato meglio arrivare al processo con l’imprenditore capace di confermare l’asse trasversale nelle vesti di “indagato-imputato” e non nelle vesti di “vessato” come la Procura lo ha inquadrato ai fini giudiziari. Ora, come ho scritto ieri, si tratta soltanto di aspettare (forse lunedì 21 novembre il pronunciamento del riesame) per capire se il Tribunale avrà accolto la tesi dell’accusa incentrata sul triangolo politica-imprenditoria-camorra oppure riconoscerà soltanto la “corruzione elettorale” come già sancito dal gip Donatella Mancini, per arrivare ad un eventuale processo, dopo l’esame del gup, libero dai vincoli di una sconcertante carcerazione preventiva.

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