CICLISMO: il grave errore di Fabio Aru

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Seguo il ciclismo dal 1956 (prima vittoria al Giro d’Italia del lussemburghese Charly Gaul, si ripeterà nel 1959) e ne ho visto di tutti i colori anche in relazione alle mutazioni profonde che questo affascinante sport ha vissuto e continua a vivere; un errore marchiano come quello commesso da Fabio Aru al Tour de France di quest’anno, sinceramente, non l’avevo mai visto e neppure immaginato.

Nel ciclismo esistono delle regole rigidissime anche se non scritte; nel primo dopo guerra l’incidente tecnico era la molla che faceva subito scatenare tutti gli avversari del favorito; nel secondo dopo guerra (epoca di Coppi e Bartali) sia l’incidente tecnico che quello personale immediatamente mettevano tutti in stato di assalto all’arma bianca; dopo l’era del cannibale (il belga Eddy Merckx) la regola rigidissima da rispettare è quella dell’incidente tecnico. Quando c’è un guasto alla bici nessuno può attaccare, continuare a pedalare si, ma non attaccare o scattare per fare il vuoto e massacrare l’avversario.

Probabilmente nessuno aveva spiegato queste semplici regole al giovane e bravissimo Fabio Aru che, per quanto io ne possa intendere di ciclismo, mi sembrava il ciclista più in forma del tour 2017, almeno fino alla 12^ tappa (Pau – Peyragudes) quando sullo strappo finale ha messo a segno un colpo da manuale dimostrando la sua superiorità fisica rispetto al favorito Chris Froome ed indossando, per la prima volta in carriera,  la mitica “maglia gialla”. Insomma sul Peyregudes abbiamo assistito ad un capolavoro tattico-tecnico-fisico del nostro giovane ciclista che intelligentemente non si oppoNe minimamente a che il francese Romain Bardet vincA la tappa e l’altro avversario Rigoberto Uran arrivI secondo. Insomma sembrava che il trono di Froome fosse stato buttato giù dal soppalco; i tre potevano benissimo rappresentare la nuova alleanza per battersi l’uno contro l’altro per la conquista della vittoria finale.

Invece nella 13^ tappa, da Saint Girons a Foix, di 101 chilomerti (la più corta del Tour) ecco l’errore micidiale che probabilmente ha segnato in negativo la sorte del nostro ciclista. Ad un certo punto della salita finale il cambio della bici di Froome si inceppa; Aru in maglia gialla scatta rapidamente ma gli altri due (Bardet e Uran) non si muovono E Aru ha addirittura un gesto di stizza contro i due che il giorno prima aveva frettolosamente ritenuto alleati contro Froome.

Quasi certamente Aru al momento dello scatto (le immagini hanno registrato il tutto in una frazione di pochi secondi e dimostrano l’involontarietà dell’attacco) non si era accorto dell’incidente tecnico capitato a Froome, aveva attaccato perché l’inglese cominciava ad evidenziare segni di stanchezza, ma la storia era diversa. E’ vero che in quei giorni Froome era fortemente a rischio di crisi irreparabile ma è altrettanto vero che l’incidente tecnico c’era stato e che Aru con il suo scatto aveva offerto al francese ed allo spagnolo di scegliere l’alleanza giusta, cioè quella con Froome. Il tutto sulla scorta di una evidente avversione verso gli italiani da parte dei francesi che pur di non far vincere un italiano si alleerebbero anche con il diavolo. E Aru è caduto nella trappola; anzi nei giorni successivi è stato stretto nella morsa dei tre (Froome, Bardet e Uran) che si sono scatenati a mettere in serie difficoltà Aru; il classico biscotto che va tanto di moda nel calcio.

Lo sforzo è stato immane, quasi sovrumano, le energie si sono assottigliate e il Tour 2017 per Aru è andato a farsi benedire; ci riproverà l’anno prossimo, si spera, ma dovrà attrezzarsi con una squadra alla sua altezza perché quella dell’Astana non si è dimostrata tale.

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