Villaggio San Giuseppe: accordo saltato per paura o per prudenza ?

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Quella legata al Villaggio San Giuseppe, meglio noto come “la colonia San Giuseppe”, la struttura incardinata nel più ampio complesso dell’Angellara Home di proprietà della Curia Arcivescovile di Salerno, è un’inchiesta giudiziaria (e conseguentemente giornalistica) che ha smantellato addirittura l’apparato di potere ecclesiale spedendo a casa, in un sol colpo, sia l’arcivescovo Mons. Gerardo Pierro che il suo alter ego don Comincio Lanzara.

            Da anni seguo la vicenda, con alterne fortune per i protagonisti (da una parte il pm Roberto Penna e dall’altra la Curia salernitana), e posso a giusta ragione dire che tutto quel fracasso provocato dalle perquisizioni e dai sequestri (fortunatamente non dal tintinnio delle manette) si è soltanto assopito ed è lì pronto ad esplodere nuovamente e con maggiore fragore; basterebbe solo una scintilla per dare fuoco alle polveri.

            Ebbene in tutto questo marasma la Curia salernitana non ha mai smesso (almeno così sembra dalle carte in mio possesso) di cercare vie alternative, abbreviate e rischiose per la gestione di quell’enorme patrimonio rappresentato dall’albergo, dalla scuola, dal villaggio e dall’impiantistica sportiva che quando era nelle mani di don Comincio Lanzara funzionava quasi alla perfezione (il quasi è un avverbio prudenziale !!).

            Invece di aprirsi alla città ed al clero il nuovo arcivescovo Mons. Luigi Moretti ha cercato una via non del tutto comprensibile per affidare la gestione quotidiana del patrimonio di cui sopra a privati senza alcun titolo e neppure provata esperienza nel settore dell’accoglienza, della solidarietà, dell’istruzione e dello sport. E questa presunta “nuova società” aveva già cominciato a prendere possesso dell’intera struttura tenendo anche apposite riunioni con il personale che all’improvviso si vide minacciato nella continuità lavorativa e organizzativa (esistono precise testimonianze al riguardo !!). Addirittura nel dicembre dello scorso anno la presunta nuova società-cooperativa, sentendosi forse già padrona della struttura, aveva organizzato una mega festa di Natale con l’esibizione, si dice a seno nudo, di una esuberante giovane signora.

            Ma per capirne di più dobbiamo andare con ordine e ritornare al primo problema che con la mia inchiesta posi all’attenzione del grande pubblico nello scorso mese di marzo. Ecco a stralcio ciò che scrivevo il 9 marzo 2017: “”… Nel luglio del 2012, a qualche ora di distanza dalla emanazione della sentenza di primo grado l’arcivescovo emerito Mons. Gerardo Pierro registrò su You-Tube una lunga dichiarazione che subito andò a ruba su tutti i social. Mons. Pierro pose il problema del destino della struttura del Villaggio San Giuseppe e dell’Angellara Home; e lo fece con parole che non lasciavano scampo a nessuno, in primis all’attuale arcivescovo Mons. Luigi Moretti … sono passati quasi cinque anni da quello sfogo televisivo ed ecco l’inquietante notizia: “Tutto il complesso di proprietà della Curia sarebbe finito nelle mani dei privati, anche l’istituto scolastico che per decenni è stato onore e vanto della chiesa salernitana”. Tutto nell’ottica di una vera e propria speculazione privata che di solidarietà non ha assolutamente nulla.

            In quelle settimane circolavano voci ben informate che il complesso era stato già affidato ad un a fantomatica società-cooperativa e che mancava soltanto l’atto ufficiale della firma sotto il contratto per una operazione eseguita e seguita, su delega dell’arcivescovo, da don Nello Senatore che da qualche tempo ha preso il posto di don Comincio nel governo dell’intera struttura; ed agli inizi di maggio scrissi: “””…  Alludevo alla gestione  del complesso della “Colonia San Giuseppe” che da qualche mese sarebbe stata affidata sull’onda di una malcelata “licitazione privata” ad una società-associazione che al momento dell’affidamento non sarebbe stata ancora legalmente e legittimamente costituita come da prassi convenzionale, cioè con la regolare iscrizione nei registri della C.C.I.A.A. (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura) di Salerno. Ho utilizzato il termine licitazione privata ben sapendo che non è quello più indicato per definire un accordo tra due soggetti (da un lato la Curia e dall’altro un’associazione privata finalizzata ad interessi naturalmente speculativi) dei quali, almeno il primo, potrebbe e dovrebbe anche essere considerato equivalente ad un soggetto pubblico; perché se è vero che la Curia amministra beni propri è altrettanto vero che quei beni, in pratica, appartengono alla comunità dei fedeli in senso lato. Dunque se la licitazione privata per definizione non soltanto giuridica è considerata come la “procedura ristretta alla quale partecipano soltanto le imprese invitate dall’Amministrazione appaltante” è altrettanto vero che la Curia, tutte le Curie tendono la loro qualificazione verso l’affermazione di queste procedure nella gestione materiale dei beni di loro proprietà. Non a caso in tutte le Diocesi d’Italia per la gestione dei beni materiali esiste una commissione di valutazione che, nel caso di Salerno, è costituita da don Nello Senatore (sacerdote), l’avv. Alessandro Rizzo (sindaco di San Mango Piemonte) e il dott. Gennaro Esposito (Commercialista, già revisore dei conti in provincia all’epoca di Cirielli); se, difatti, la figura dell’appaltante fosse soltanto privata non sarebbe necessario attivare una commissione di valutazione. Comunque sulla materia ci sarebbe da discutere tanto e se ne discute tanto, anche nelle sedi giudiziarie amministrative chiamate a dirimere questo arcano e mai totalmente risolto conflitto …”””

            Sarà stato l’effetto di quegli articoli e la paura dagli stessi provocata o più semplicemente un passo indietro dell’arcivescovo che nella vicenda si è anche esposto direttamente inviando delle missive all’altro concorrente in pista per l’aggiudicazione dell’affidamento, fatto sta che nei mesi di giungo e luglio i clamori intorno all’affare si sono improvvisamente spenti e sembra che tutto sia saltato per aria. Rimane, però, un problema che non può essere sottaciuto da nessuna delle tre parti in causa (i due concorrenti e la Curia) anche perché l’altro concorrente aveva avanzato per iscritto offerte ben precise e corpose ed aveva addirittura rassicurato la Curia sul fatto di avere tutta l’intenzione di coprire il grosso debito (oltre due milioni di euro) che la Curia stessa doveva restituire alla Regione, su sentenza della Corte dei Conti, per la somma percepita indebitamente al tempo della ristrutturazione dell’Angellara Home finita nelle maglie della giustizia.

            Sembrava molto strano, nonostante la grande capacità organizzativa di don Nello Senatore, che la Curia stesse per privilegiare la cordata che aveva offerto molto meno rispetto a quella più concreta dell’altro concorrente che era ed è già molto esperto nei settori sopra citati: accoglienza, solidarietà, istruzione e sport.

            Il risultato di questo incredibile, ancorchè strano, ondeggiamento della Curia è sotto gli occhi di tutti con la pratica ingovernabilità di un patrimonio strutturale e sociale che dovrebbe, invece, essere la facciata migliore dell’immagine che la Chiesa deve offrire verso l’esterno.

            Ma cosa è potuto mai accadere nelle inaccessibili “stanze” della Curia ? Più di qualcuno racconta di vere e proprie “strigliate” da parte dell’arcivescovo verso tutti i suoi collaboratori anche per il fatto di averlo messo in difficoltà con quelle lettere indirizzate all’altra società-cooperativa che aveva offerto cifre sostanziose per la gestione del complesso.

            Alla prossima.

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