Fonderie Pisano: e la scienza ?

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Nei precedenti articoli ho spesso parlato del peso che dovrebbe avere la scienza, quella scritta e non parlata, per tentare di risolvere la domanda principale che troneggia nella vicenda, strana e per certi versi anche oscura, delle Fonderie Pisano in relazione agli ipotetici effetti dannosi per la salute della gente derivati dai fumi che fuoriescono dalle sue ciminiere. Ho anche più volte scritto che le linee di pensiero scientifico sono diverse e tutte equivalenti senza alcuna preminenza dell’una sull’altra. Anche per i giudici, quindi, la decisione o le decisioni sono davvero difficili; da un lato la salute delle gente, dall’altro l’occupazione e lo sviluppo, al centro l’azienda industriale che cerca disperatamente di dimostrare la validità delle sue ragioni anche se l’impressione palese è che non venga affatto ascoltata.

            Negli ultimi tempi si è parlato diffusamente, ed a vanvera, degli effetti venefici delle esalazioni industriali sulla salute come anticamera del cancro; tanto che una improvvida giornalista ha definito la fonderia come “la fabbrica del cancro in città”, scatenando, ovviamente, le ire e le reazioni anche giuste e legali dei titolari della stessa azienda.

            Conosco troppo bene per pensare ad un condizionamento della discesa in campo di Tommaso Pellegrino (sindaco di Sassano, presidente del Parco PNCVDA, e medico oncologo presso il 2° policlinico di Napoli); Pellegrino ha espresso le sue personali convinzioni che vanno rispettate perché fanno, comunque, parte di una delle tante linee di pensiero scientifico presenti sul tavolo della difficile discussione.

            Ho consultato diversi specialisti (medici, tecnici e addetti ai lavori) ricavandone la seguente possibile spiegazione:

            “”Nella valutazione della incidenza delle malattie neoplastiche bisogna tener conto di alcuni fattori, ambientali, usi e costumi, ereditarietà e predisposizione individuale, lavorativi, quali l’esposizione a sostanze chimiche che certamente hanno potere cancerogeno, ed oggi queste sostanze sono pochissime, perchè ogni tipo di considerazione cancerogena è di tipo statistico, quindi legata all’interazione tra la sostanza e l’organismo, che non è detto che generi una neoplasia.          Infatti non tutti gli operai di una fabbrica di vernici, che sono esposti ai vapori di anilina, si ammalano di cancro della vescica. Come non tutti gli operai di una miniera di asbesto (costituente dell’amianto) si ammalano di cancro ai polmoni, ma solo una piccolissima percentuale; la paventata pericolosità è ridicola rispetto alla realtà epidemiologica. La presenza di amianto nelle tegole o nei pannelli di un soffitto non fà ammalare nessuno, lo dice l’epidemiologia.

            Questa è la scienza che studia l’incidenza di una malattia sulla popolazione, e tiene conto di una serie di fattori, non solo del numero dei casi, ma dell’età, della familiarità dell’esposizione ad inquinanti, del lavoro, delle abitudini alimentari ed altro. (Esempio: nei paesi scandinavi vi è una incidenza di cancro dello stomaco maggiore che in altri paesi, e questo viene messo in relazione macroscopica -sui grandi numeri- all’abitudine di consumare grandi quantitativi di pesce affumicato). Ma ogni valutazione deve necessariamente essere confrontata con numeri certi che solo un efficiente Registro Tumori può fornire, non solo nell’immediato ma sopratutto nel corso degli anni, per poter valutare l’incidenza percentuale se varia o meno e tentare poi di analizzare i fattori di modifica, e, quando possibile, raffrontarli alla predisposizione individuale e familiare del singolo nucleo. (Esempio: se nel singolo nucleo è alta la presenza di leucemia o cancro del colon o cancro di mammella o dei polmoni, non si può attribuire questa neoplasia a fattori solo ambientali e i numeri andrebbero corretti).

            Quindi le declamazioni di alcuni andrebbero viste alla luce di elementi certi e non gridati, per scopi diversi o forse solo per desiderio di protagonismo. E un Registro Tumori in Regione Campania efficiente, con rilievi capillari tali da poter essere usati per una indagine epidemiologica seria, non c’è. Soltanto un tentativo, fatto dal Rotary qualche anno fa, aveva definito un contributo in denaro che avremmo erogato a favore della nascita del Registro Tumori; ma l’offerta è rimasta nei cassetti dei misteri””.  

            Anche il comunicato della Regione (15 gennaio 2018) in cui si fa riferimento a un prelievo campione su 400 persone che mostra un livello più alto della norma di zinco e selenio, da una prima consultazione della letteratura internazionale sembra che livelli alti di questi elementi non sono associati a malattie di sorta. Non conosciamo come i 400 test e su quali abitanti e in che area precisa e circoscritta siano stati effettuati. Il comunicato non menziona criteri di selezione o random puro (casuale), e quindi è molto difficile portare elementi di certezza all’osservazione dei giudici che sono ormai gli unici titolati ad una decisione comunque difficile, vista l’assenza spocchiosa di gran parte della politica che dovrebbe invece dettare le linee guida della industrializzazione ed anche della difesa del territorio e della salute.

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