Aldo Bianchini
SALERNO – Sul piano squisitamente giornalistico non può non fare molto piacere se un lettore di questo giornale va a sfogliare le migliaia e migliaia di pagine che lo compongono per fermare il suo immaginario su una delle tragedie più terribili e assurde di cronaca nera accaduta tanti anni fa sul territorio di Marina di Vietri sul Mare dove esiste da decenni il ristorante-discoteca-night club denominato “La Ciurma”.
Un locale notturno molto frequentato da tantissimi giovani salernitani ma anche provenienti dall’agro sarnese-nocerino e dell’interland napoletano; un locale che è stato, però, anche pericolosissimo nido dei piccoli e medi spacciatori di droga; tutto sotto l’occhi non sempre vigile dei buttafuori che, spesso, sono elementi delle forze dell’ordine in cerca di incrementi salariali.
Nel parcheggio antistante il locale si sono susseguiti molti atti di delinquenza minorile ma anche specifici e ben determinati attentati vendicativi tra le varie bande rivali in competizione, come dicevo, per il commercio e lo spaccio di sostanze stupefacenti; almeno fino a quella maledetta sera del 10 agosto 2007 quando nel parcheggio de “La Ciurma” fu consumato uno dei delitti più efferati della storia recente della criminalità salernitana.
Quella sera fu massacrato Raffaele Cesarano, un giovane di Pompei che era andato in quel locale per divertirsi insieme alla fidanzata, che per aver cercato di impedire che la sua ragazza venisse disturbata da quegli stupidi delinquenti assassini fu atteso nel parcheggio e picchiato can calci, pugni e pietre fino a ridurlo in fin di vita sotto gli occhi disperati della ragazza; una vita che si spense dopo qualche ora presso il p.s. dell’ospedale Di Salerno dove il corpo del giova ne era stato portato.
Nei mesi successivi furono arrestati Angelo Solimeo, Raffaele Delle Chiaie, Luigi Orilia, Antonio Noschese, Lorys Avoissa, il minorenne Ivan Del Giusto ed anche il buttafuori Fiore Casaburi; in primo grado le sentenze furono durissime e quasi tutti gli imputati condannati all’ergastolo; sentenze confermate in appello ma, infine, sostanzialmente modificate dopo la Cassazione in: 30 anni per Solimeo e Cesarano, 14 anni per Del Giusto, e pene minori per gli altri aggressori.
Il fatto gravissimo di cronaca nera sconvolse l’intera città di Salerno e la magistratura si mise di buzzo buono al lavoro riuscendo a snidare tutte le omertà e le complicità in un mondo criminale che combatte al suo interno guerre spietate e senza esclusione di colpi; diverse le “famiglie malavitose” coinvolte nella brutta vicenda che, comunque, hanno proseguito dopo qualche sussulto la loro azione di violenza criminale.
Curiosa l’allerta che la magistratura lanciò alla società salernitana e napoletana; si era sparsa voce che la vittima Raffaele Cesarano fosse nipote del temibile capo della camorra napoletana Ferdinando Cesarano e di conseguenza tutti gli arrestati furono occultati in carceri di massima sicurezza fino a quando non si capì che Ferdinando non era né zio e né parente di Raffaele.
Un altro momento importante della vicenda fu contrassegnato dalla lettera aperta scritta ai familiari di Cesarano pubblicata da Angelo Solimeo: ““”Da quella maledetta sera la mia vita è cambiata per sempre perché so che ho distrutto la vita di un ragazzo come me. Non posso capire il dolore che provate, posso solo chiedervi perdono per affrontare i prossimi anni di carcerazione””. Il perdono sperato, però, non arrivò.
Qualche giorno fa la vicenda, nella sua sfaccettatura più pericolosa, è stata ripresa e commentata (l’ho scritto in apertura) dall’anonimo lettore “Andrea” con il seguente post:
Raffaele Delle Chiaie e altri appartenevano al clan dei ragazzi di via irno,un clan emergente nel panorama criminale salernitano.
Di Delle Chiaie ha rivelato molto il pentito Ciro De Simone.
Il gruppo dei ragazzi di Via Irno si contendeva i traffici illeciti con il gruppo avversario dei ragazzi di pastena, capeggiati da Giuseppe Stellato.
Secondo me Raffaele Cesarano sarebbe dovuto entrare di diritto nelle vittime della criminalità organizzata e non della criminalità comune.
Una lettura abbastanza condivisibile, anche se gli scenari malavitosi salernitani sono radicalmente cambiati in questi ultimi tredici anni e gli equilibri si sono spostati di famiglia in famiglia attraverso tanti nuovi delitti che hanno in sanguinato la storia giudiziaria della città e della provincia.