Il consenso informato medico ,le informazioni rese comprensibili ,il rapporto di fiducia e l’assenso consapevole del paziente .

 

Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)

La legge n. 219 ,del 22-12-2017, in materia di consenso informato medico, detta anche legge sul Biotestamento ,all’art.1 da una chiara definizione del consenso medico informato:’’ è il processo con cui il paziente decide in modo libero e autonomo dopo che gli sono state presentate una serie specifica di informazioni, rese a lui comprensibili da parte del medico o equipe medica, se iniziare o proseguire il trattamento sanitario previsto.’’

Il medico o l’equipe medica devono fornire ,quindi, adeguate informazioni utili  e  comprensibili al paziente relative alla diagnosi,alla prognosi e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati e le possibili alternative ,ovvero le eventuali conseguenze della  rinuncia. In pratica la legge 219 del 2017 dispone che  prima di avviare  qualsiasi trattamento sanitario le informazioni devono essere comprensibili  al soggetto attivo cioè al  paziente ‘’in modo che siano utili  per esprimere la propria decisione in maniera autonoma’’ . Quindi la ratio della norma è quella di instaurare un rapporto di fiducia alla base della relazione di tra paziente e medico. Il legislatore  dopo la legge 24 del 2017  in materia di responsabilità professionale medica, la cosiddetta  Legge Gelli-Bianco,  ha disciplinato il consenso informato con la legge del 22 Dicembre 2017, n. 219, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16 Gennaio 2018. Il consenso informato è il presupposto per la legittimità dell’attività medica. Ogni individuo ha il diritto di essere curato e  di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative, informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, secondo comma, della Costituzione. É  consolidato il  principio  che nessuna persona cosciente e capace può essere sottoposta ad un qualsiasi trattamento sanitario contro o senza la sua volontà. Ogni singolo trattamento diagnostico, ogni singola terapia, qualsivoglia intervento medico non può essere effettuato se non con il valido consenso dell’avente diritto, che sia stato compiutamente ed idoneamente informato in ordine al trattamento cui sarà sottoposto ed ai rischi che da tale trattamento possono derivare. La fonte principale del  principio del consenso informato sono i  due articoli  della Costituzione l’art. 32 della Costituzione, secondo il quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, e  l’art. 13  che afferma l’inviolabilità della libertà personale. La  legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, esclude la possibilità di effettuare accertamenti e trattamenti

sanitari contro la volontà del paziente.Il Codice di Deontologia Medica sancisce il principio generale secondo cui è vietato al medico di intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente e l’obbligo per il medico di desistere, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Nell’informativa è doveroso che al paziente sia esplicitato la situazione clinica obiettiva riscontrata,la descrizione dell’intervento medico ritenuto necessario e dei rischi derivanti dalla mancata effettuazione della prestazione, eventuali alternative diagnostiche e terapeutiche,le tecniche e i materiali impiegati,i benefici attesi,i rischi presunti,le eventuali complicanze i comportamenti che il paziente deve eseguire per evitare complicazioni successive all’atto medico. Informazioni che devono essere rese al paziente in modo chiaro e commisurato alla sua capacità di comprensione da intendersi in senso medico e, cioè, non solo avendo riguardo al livello intellettuale del paziente, ma anche tenendo conto del suo stato emotivo e psicologico. L’informativa e il consenso sono atti   necessari per rendere legittimo l’atto medico. La regola generale prevista dal diritto di famiglia afferma che la potestà sui figli è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori o da un solo genitore se l’altro è morto o  sospeso dalla potestà genitoriale. Nel caso dei comuni trattamenti medici visite, medicazioni, prescrizioni, certificazioni è sufficiente il consenso espresso da uno solo dei genitori, in applicazione del principio generale secondo il quale gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore. Viceversa, di fronte a trattamenti medici di maggiore importanza, come quelli per i quali è necessario acquisire il consenso scritto, è necessario l’assenso di entrambi i genitori, perché gli atti di straordinaria amministrazione devono essere compiuti di comune accordo. L’eventuale contrasto di opinione fra i genitori va risolto dal giudice tutelare. Il medico a norma del Codice Deontologico deve tener conto della volontà del paziente minorenne, compatibilmente con l’età e con la sua capacità di comprensione, fermi restando i diritti dei genitori. Il medico, quindi, deve prendere in considerazione l’opinione del minorenne, in funzione dell’età e del suo grado di maturità e possibilmente addivenire ad un consenso congiunto fra genitori e figlio minore. Il paziente maggiorenne per il quale il giudice abbia dichiarato l’interdizione per infermità mentale, è rappresentato legalmente dal tutore nominato dallo stesso magistrato. Pertanto il tutore ha titolo per esprimere il consenso alle prestazioni sanitarie nell’interesse della persona assistita. Il paziente maggiorenne affetto da una infermità o menomazione fisica o mentale che si trovi nell’impossibilità, anche parziale o momentanea, di provvedere ai propri interessi, può essere affiancato da un amministratore di sostegno nominato dal giudice. L’amministratore di sostegno, quindi, non si sostituisce al paziente, ma lo supporta e lo affianca. Nel caso di pazienti anziani con seri problemi cognitivi che possano assurgere ad uno stato di incapacità decisionale persistente o addirittura permanente, il medico, previo colloquio con i familiari dell’assistito, potrà adire l’autorità giudiziaria per richiedere la nomina di un amministrazione di sostegno o altri eventuali provvedimenti a tutela del paziente. Ricorre lo stato di necessità quando il medico si trova ad agire, mosso dalla necessità di salvare il paziente dal pericolo concreto ed attuale di un danno grave alla sua persona e l’intervento che effettua è proporzionale al pericolo che intende scongiurare. In questo caso il medico è autorizzato, anche senza alcun valido consenso, a compiere tutti gli atti che ritiene non procrastinabili e necessari in modo specifico per superare quel pericolo e quel rischio. Superato lo stato di necessità, per le successive prestazioni sanitarie occorre acquisire il consenso del paziente, ritornato capace di intendere e di volere. Se viceversa il paziente non recupera la propria autonomia di giudizio vi è  la possibilità di adire l’autorità giudiziaria. In presenza di paziente maggiorenne capace di intendere e di volere, solo a lui spetta il diritto di esprimere o meno il consenso all’atto medico. I familiari, quindi, non hanno alcun ruolo, a meno che il paziente stesso non glielo riconosca.

 

 

 

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