Vicolo della Neve: fine di una lunga storia … non sempre e non in tutto positiva

 

Aldo Bianchini

L'interno del ristorante "Vicolo della neve" nel centro storico di Salerno

SALERNO – Mettiamola semplicemente così: “Non siamo abituati a sentirci raccontare la verità, difatti nessuno più la racconta; neghiamo l’evidenza e, soprattutto, quando dobbiamo esprimerci pubblicamente facciamo delle menzogne la nostra verità”.

Ecco perché, a livello ufficiale, tutti starnazzano oggi pubblicamente in favore del tanto favoleggiato “Vicolo della neve” che sicuramente ha rappresentato un pezzo di storia nella gastronomia salernitana, mitizzato un tempo da molti grandi personaggi (primo fra i tanti il poeta Alfonso Gatto), ma che ormai altrettanto sicuramente era da tanto tempo in caduta libera, una caduta lenta ma inarrestabile; ed ecco che lo spettro della fine si è materializzato; e non perché non si mangiasse più bene, anzi.

Forse pochi sono i salernitani, e non solo, a non aver cenato almeno una volta ai tavoli del “Vicolo della neve”, e se ognuno di questi salernitani si fa un attento e libero esame di coscienza dovrà convenire con me che gli storici e antichi locali, stretti ed arcuati, non erano più compatibili non solo con le norme in tema di igiene e sicurezza con i tavoli uno accanto all’altro, con un bagno dentro il quale non ci si poteva neppure girare, e con quell’ansia che ti mettevano irrimediabilmente addosso gli avventori che erano costretti a lunghe attese, stando in piedi all’ingresso o addirittura vicino ai tavoli. A me come a tanti è capitata l’una e l’altra cosa, quando ero seduto mi infastidivo per la fretta che avevano i nuovi arrivati, quando era in piedi bollivo di rabbia per la lentezza sciorinata da quelli seduti che sembravano non accorgersi dei tantissimi nuovi arrivi. Ognuno di noi va fuori a pranzo o a cena per rilassarsi. Punto.

Era, ed è, un locale che andava già rifatto totalmente prima di chiudere e che va rifatto a 360° per tentare di riaprirlo, anche senza “spostare nulla, lasciando intatti gli arredi e il menù per tutelare la tradizione salernitana” come ha detto l’imprenditore commerciale Enzo Bove, anche se non ammette il bravo Enzo che una cosa è la tradizione e una cosa è, invece, l’agibilità del locale.

Dico tutto questo per amore della verità in quanto io, come tutti gli altri avventori toccavamo con mano le difficoltà strutturali del ristorante senza mai mancare di esaltarne le qualità; ma la qualità da sola non si vende.

Capisco che “all’interno ci sono affreschi di pregio, c’è un bellissimo frigorifero d’epoca” e che “sarebbe una follia pensare di disfarsene e sfregiare così una specie di monumento locale” ma rimane intatta la brutale realtà che attiene l’esigenza ormai non più procrastinabile di un risanamento globale del locale e non “una semplice rifrescata”.

Per tutte queste cose mi sento di condividere in pieno la dichiarazione dell’assessore al commercio dr. Dario Loffredo che con estrema sincerità ed accortezza di linguaggio ha detto: “L’annunciata chiusura del Vicolo della Neve è pertanto decisamente in controtendenza rispetto al contesto locale. Mi sembra evidente che ci siano stati problemi derivanti dalla pandemia, che ha reso ancora più complicato il sostentamento per quelle attività che non hanno avuto modo di utilizzare spazi esterni, ma soprattutto dal ricambio generazionale, necessario in alcuni casi. E’ sempre faticoso raccogliere il testimone in queste attività che proprio per la loro storia hanno il dovere primario di mantenere sempre alta la qualità dell’offerta gastronomica, dell’accoglienza e dei servizi. In un passato ormai lontano questo locale ha scritto pagine importanti nella ristorazione locale e, per questo, condivido il sentimento di nostalgia per un’atmosfera ormai perduta. Respingo, tuttavia, al mittente le accuse infondate contro l’Amministrazione Comunale. Sperare di raccogliere voti gettando fango sulla Nostra Comunità è davvero meschino. Probabilmente i leoni da tastiera non frequentavano da tempo il Vicolo delle Neve”.

Bene, bravo, finalmente un politico che racconta la verità; quella che noi probabilmente non siamo più abituati a dire, a sentire e ad ascoltare.

 

 

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