Pizzeria Il Corallo: Mirko e la passione per le Pizze

da Uff. Stampa

 

 

 

 

 

 

Mirko Patrizio, giovane pizzaiolo classe ’89, muove i suoi primi passi all’età di 18 anni, nel lontano 2007, aprendo la sua prima pizzeria con il fratello Sabatino. Entrambi hanno da sempre lavorato nel settore della ristorazione: man mano gli anni passavano, e cresceva sempre di più il loro grande sogno, quello di aprire una pizzeria tutta per sé. Un sogno divenuto realtà nel 2007, quando Mirko e Sabatino Patrizio diedero vita alla pizzeria “Il Corallo”. Nel corso del tempo i due fratelli non hanno smesso di apprendere e formarsi, tanto che dopo qualche anno Mirko è divenuto sommelier: la sua pizzeria è entrata anche a far parte del circuito de “L’Arca del Gusto”. Per i fratelli Patrizio il food è un viaggio, un’esternazione delle loro emozioni provate durante un lungo e approfondito percorso di conoscenza dei territori. Emozioni tutte trasmesse appena due giorni fa, nel corso di una cena informale dedicata alla stampa e ai blogger, con la quale il patron de “Il Corallo” ha scelto di poter presentare le pizze del territorio con i prodotti di stagione. In questo vero e proprio itinerario sospeso tra le tipicità territoriali Mirko ha presentato la genesi delle sue ultime creazioni, tutte spiccatamente estive: la “Corallo sbagliata”, con pesto di melanzane cotte a bassa temperatura (home made), salame Napoli, pomodorini di collina, riduzione di basilico, olio evo; la “Fuori di zucca”, con vellutata di zucchine, fiori di zucca ripieni con ricotta di bufala campana DOP, pepe, salsa di mirtillo, cialda di parmigiano reggiano DOP, olio evo, basilico, la “Annurca”, con mozzarella, blu di bufala (del caseificio Aurora), mela annurca Igp, pepe di Sichuan, olio evo, basilico; la Margherita dell’alleanza, con impasto di semola di grano duro “italiano”, pomodoro San Marzano d.o.p, mozzarella di bufala campana DOP, pecorino carmasciano (presidio slow food), olio evo, basilico. A margine dell’evento non è mancata l’occasione, da parte della nostra redazione, di scambiare qualche riflessione con lui, apprendendo la sua passione fino alle sue radici più profonde.

 

Mirko, com’è nata la tua – anzi, la vostra – passione per la pizza?

“Non vengo da una famiglia di pizzaioli, ma di lavoratori. Abbiamo dovuto fare grandi sacrifici per poterci mantenere, iniziando a lavorare già a dieci anni. Mio fratello dovette, gioco forza, imparare a comporre pizze in tenera età, a Penta. E oggi è pizzaiolo come me, ha un locale di grande successo a Mercato San Severino, proprio a pochi passi da qui. Collaboriamo tra di noi, ci scambiamo idee: insomma, siamo in ottimi rapporti”.

Com’è cambiato il tuo approccio all’arte bianca nel difficile periodo del Covid?

“Dopo il Covid mi ero concentrato, per necessità e virtù, sull’asporto, sul quale siamo diventati una macchina da guerra. Sembravano non esserci più spazi per altri tipi di attività, e soprattutto per la degustazione tradizionale, al tavolo, della nostra pizza. Ho approfittato di questi due anni per perfezionarmi, migliorando l’impasto che caratterizzava la mia pizza, a cominciare dalle temperature, sino alle gradazioni e alle farine usate. Però non mi sono spinto sul metodo “biga” perchè sono un appassionato di pizza napoletana. Nonostante ciò, però, non ho mai scelto di realizzare la cosiddetta pizza “a canotto” che tanto si è diffusa su questo territorio. Altri impasti che ho sperimentato sono quello di semola e quello integrale, entrambi al 100%, anche se quello che impieghiamo normalmente è basato su un blend di farine di tipo zero e di tipo 1, con un minimo di trentasei ore di lievitazione, ed il 70% di idratazione: sono questi i dettagli che credo ne possano fare la differenza”.

Qual è la filosofia alla base della tua pizza?

“Senz’altro quella di non eccedere negli ingredienti che utilizziamo su di essa: il disco di pasta deve rimanere il protagonista di un’insieme. Oppure, magari, ci si può concentrare su di un’ingrediente specifico, al massimo due, ma sempre senza storpiare eccessivamente il prodotto, come spesso avviene in un’ottica che è, purtroppo, sempre molto apprezzata dai patiti del food porn”.

Dunque, segui un filone che si muove in direzione opposta rispetto a tendenze più “esibizioniste”, in tema di food?

“Il mio menù estivo è basato sulla semplicità e sulla stagionalità: diventano protagonisti prodotti del territorio e di stagione quali i fiori di zucca e le zucchine, tipici di questo periodo, che ispirano le mie creazioni. Una di queste è la “Fuori di Zucca”, nata nella prima estate dopo il Covid. Il nome, infatti, non è stato scelto casualmente. Era il maggio del 2020, si veniva da oltre due mesi di chiusure e si era andati letteralmente… fuori di testa. La mia idea era di creare una pizza “colorata” in tutto e per tutto, che trasmettesse un senso di felicità, oltre che, ovviamente l’entusiasmo di ripartire. Non avevo mai fatto un mese e mezzo di chiusura, e di distanza dal mio lavoro in tutta la mia vita, per questo mi sono sentito letteralmente un fiume in piena”.

Raccontacela nelle sue particolarità.

“Crema di zucchine, fiore di zucca ripieno con ricotta e pepe, salsa di mirtilli e cialda di parmigiano reggiano: ad esserne protagonisti sono quattro ingredienti semplicissimi che giocano su di un forte contrasto tra loro. E’ questo quello che cerco: creare un equilibrio tra sapori che sono profondamente differenti tra di loro. Certo, non manca qualche prodotto che ha origine fuori dal territorio, ma non si può pensare di eliminare dei grandi classici della cucina italiana. La nostra visione di territorio non è soltanto legata alla Campania: parto da qui, da casa mia – penso alla mela annurca di Penta, a due passi dal mio locale – per poi estendermi pian piano su altre zone le cui tipicità cerco di racchiudere ed interpretare. Non a caso, ho scelto, all’incirca quattro anni fa, di far parte dell’alleanza Slow Food dei Cuochi e dei Pizzaioli di Campania e Basilicata”.

 

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