da Antonio Cortese (docente)
Sicuramente non la coerenza: il passato governo é morto di trasformismo e rinasce come una fenice tossica dalle ceneri mutanti. Il toto alleanze sembra quasi divertire i media con report impensabili fini a due settimane fa ed eccoti rispuntare piddini divenuti piddoni, dato anche l’archivio di servilismo nei loro confronti ben lavorato prima dell’ondata M5s. Sono due invece gli attori rimasti coi piedi per terra sulle strade della coerenza: Giuseppe Conte ed l’ex sindaco di Napoli De Magistris. Giorgia Meloni anche si era instradata bene, ma il giorno dopo l’arrivederci di Draghi é tornata al quartier genera-fiction. Forse non ha capito l’importanza di una autonomia propria di Fdi che già Gianfranco Fini difese a rischio di essere a torto chiamato traditore di un centrodestra finto più di prima a costo di uscire dalla scena. Comunque Conte da subito ha dimostrato di non scendere a patti coi tavoli e un redivivo De Magistris, capito di aver perso il filo per distrazioni, ritorna quale candidato a capo di un nuovo partito popolare “orientato costituzionalmente” (finalmente un’ottima dichiarazione d’intenti basilare) perché sa di aver seminato bene: quando era a palazzo San Giacomo, forse Napoli non ha mai attraversato un periodo di maggiore notorietà e notiziabilità, essendo artefice di un resuscitato orgoglio partenopeo da troppo tempo sopito. Ora invece al suo posto c’è uno yes-man più mediocre dei propri sottoposti, galleggiando sul lavoro profuso dal predecessore. Rimanendo ancora in tema di sindaci da segnalare la vera condotta politicamente corretta del sindaco di Salerno che ha rifiutato le sirene parlamentari anche perché se avesse fatto come De Luca si sarebbe dimenticato della città come il governatore, che è divenuto più che altro un personaggio sit com dai toni burocraticamente seri e nulla più . Questi era il politico più amato a Salerno: fontane, marciapiedi, opere, grandi opere, monumenti , piazze, movida e quant’altro; ma da quando sta a Santa Lucia sembra non fare bene né ai napoletani né ai vecchi afecionados, deludendoli, perché se avesse fatto quello che ha fatto nella media città campana nel resto della regione, avrebbe messo d’accordo Filippo ed il panaro. Per quanto riguarda i nuovi personaggetti, come egli stesso suole denominarli, Calenda, Fratoianni ed altre soluzioni mediatiche per fare audience e dispersione elettorale, non sarebbe male che qualcuno abbia il coraggio di bollarli da subito in stile “enzosatirico” o “enzosatiricon” appunto, viste di contro anche le esagerazioni di vilipendi nei suoi stessi confronti nell’articolo del direttore Bianchini, da parte degli ex afecionados o dai suoi orfani, che per farsi sentire giocano con un squallido vignettismo redarguito da Lucarelli. I moderati “nuovi mostri” obiettivamente senza carattere, che sotto Draghi facevano paura alle proprie ombre, che non hanno mai battuto un pugno sulla scrivania e che non hanno mai detto niente di appena memorabile o utile e significativo, quale posizione o ideale di facciata possono mai rappresentare se non un centrosinistra fotocopia e ripescato dai tempi di Occhetto che già trent’anni fa non servì a meno di niente? Tornando ai sindaci, il discorso di Napoli è simile alla capitale poiché dopo la Raggi è tornata una mentalità raggirata piena di lamentele, che almeno a Verona e Torino sembra siano svanite da un bel po’, mentre nei piccoli centri, da quelli cilentani ad Avellino, da quelli dell’Agro o della Costiera, come nel resto del Paese, i primi cittadini fanno sempre meglio il proprio dovere mettendo avanti a mast’’e puteca prima il funzionamento del proprio municipio e poi tali immutati sinistri politici.