RUGGI: morti sospette, inchieste giudiziarie farlocche, 13 aggressioni a medici e infermieri … ha ragione Gammaldi ma … hanno torto in tanti

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Da cittadino, utente della sanità pubblica, prima ancora che da giornalista, ho seguito con attenzione la polemica strumentale e politica (questa volta della destra contro la sinistra) per le presunte carenze strutturali e professionali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona (meglio nota come RUGGI) che hanno portato addirittura ad una ispezione ministeriale sulla base di pretestuose cinque morti sospette. Ho seguito anche, come era giusto e doveroso, la lunga litania degli operatori sanitari per le carenze strutturali e di sicurezza degli ambienti in cui operano e, soprattutto, del rischio costantemente in aumento di atti di violenza fisica personale che sono costretti a subire. Un fatto molto deprecabile, questo, che è sfociato addirittura in un convegno tenutosi presso l’Ordine dei medici in primo luogo per ricordare la psichiatra Barbara Capovani (uccisa a Pisa a colpi di spranga da un suo paziente) e poi per rimarcare l’aumento dei casi di aggressioni personali a fronte di un minor numero di casi denunciati rispetto a quelli reali.

Comincio dalla battaglia politica; mi rendo conto che si fa in tutti i modi e con tutte le armi disposizione, anche quelle già in partenza palesemente spuntate ed inefficaci; non capisco, però, l’acredine dal sapore personale che i politici ci mettono pur di dare addosso all’avversario; e bene ha fatto l’on. Carmela Rescigno (medico nell’ospedale di Cava e consigliere regionale della Lega) a rimarcare il concetto che simili attacchi strumentali fanno soltanto male all’immagine della nostra sanità pubblica e di riflesso alla professionalità di tutti gli addetti.

Preferisco superare questa squallida polemica sulla quale ci sarebbe tanto da dire, anche perché se da un lato la politica fa schifo anche per aver concesso ai medici incredibili privilegi (leggasi medici nomadi o a gettoni fino a 1.800 euro a turno – inchiesta Corriere della Sera del 29.10.22), dall’altro i rapporti interpersonali tra i medici non sempre esaltanti (leggasi la vicenda Iesu/Coscioni, per meglio capire), oggi mi interessa privilegiare il discorso non politico ma essenzialmente legato alla componente non irrilevante della cura del paziente, in relazione anche ai gravissimi atti di intolleranza e di violenza i pochi utenti contro il personale sanitario degli ospedali, e non  solo.

Dal convegno prima citato è emerso come dato di fondo che “Una delle cause della violenza è il venir meno dell’empatia medico-paziente e la trasformazione in rapporto conflittuale, causato dalla mancanza di servizi socio-assistenziali per cui il cittadino ha delle aspettative improprie”.

Sicuramente è così; ma questo non basta se non si dice la verità fino in fondo e cioè che quasi tutti i medici e paramedici hanno bisogno di una nuova tipologia di formazione proprio in merito al predetto rapporto che si è talmente incrinato da diventare quasi un luogo comune; e si sa che i luoghi comuni sono difficili da combattere.

Qualcuno dovrebbe spiegare ai medici (fortunatamente non tutti) che sarebbe utile almeno contare fino a tredici prima di dare risposte irritanti ed i limiti della buona educazione oltre che devastanti dal punto di vista psicologico e morale. Tutti sanno, difatti, che come si è nati si deve pur morire, ma se l’ultimo tratto viene accompagnato d un tantino di psicologia morale da parte degli operatori tutto potrebbe risolversi con grande serenità senza far ricorso a violenze fisiche.

Chiarisco che per me il medico è inviolabile, un po’ come lo erano gli atleti delle antiche olimpiadi che gareggiavano nudi (per questo le donne non erano ammesse) per simboleggiare la loro inviolabilità. Occorrerebbe, ovviamente, anche da parte del medico una minima disponibilità mentale partendo dall’assunto che l’autonomia e l’indipendenza non sono un dono divino ma vanno conquistati giorno dopo giorno.

Mi è piaciuto, nel merito il lungo intervento pubblico del dr. Renato Gammaldi (primario di terapia intensiva del Ruggi) che ha trattato sia l’argomento delle inchieste sui casi sospetti di mala sanità che quello relativo alla sicurezza  fisica dei medici ed al rapporto medico-paziente:   “…  In tutto, sono cinque quelli  attenzionati anche dall’autorità giudiziaria … Sono cinque storie tristi, sulle quali è giusto ed opportuno che un’azienda intera, e non solo gli operatori coinvolti, riflettano  … Tuttavia, appare corretto evidenziare che il numero di casi trattati ogni anno in questa azienda supera i 100mila accessi per tutte le varie patologie. Per cui, se è opportuno ragionare sui 5 casi che sono emersi nelle ultime opportune valutazioni, dovrebbe essere altrettanto corretto ragionare sugli altri 99mila 995casi … ”; e riferendosi al fatto che in maxi strutture come quella in questione ci sono tantissime cose positive ma anche diverse cose negative conclude “…è giusto ed opportuno che un’azienda intera, e non solo gli operatori coinvolti, riflettano”. E’ questo che manca al Ruggi ?

Non c’è che dire, siamo di fronte ad una dichiarazione dura –  ferma ma garbata, che non offende nessuno e scuote le coscienze di tutti, soprattutto della pubblica opinione facilmente permeabile dalle campagne mediatiche denigratorie che non vanno per il sottile nella pretestuosa ricerca delle presunte responsabilità. Mi trovo, quindi, in perfetta sintonia con il dottor Gammaldi; e lo dico portando ancor dentro di me una rabbia specifica. Una rabbia personale che vi racconterò domani per cercare di farne un caso di pubblica utilità, visto e considerato che alle mie domande non sono mi arrivate risposte dal presidio ospedaliero Fucito di Mercato San Severino.

 

 

 

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