CRAC ALVI: Villani, doppiopesismo e un caso anche politico ?

 

Aldo Bianchini

Il dr. Angelo Villani con il maglione verde indossato per un memorabile discorso, nel Centro Sociale di Salerno, quando era responsabile provinciale della Margherita

SALERNO – Il 24 settembre 2011 (epoca assolutamente non sospetta) in merito all’azione giudiziaria vergognosa perpetrata innanzitutto dalla Guardia di Finanza contro Angelo Villani (medico, già consigliere regionale dal 2000 al 2004, già presidente della Provincia dal giugno 2004 al giugno 2009 -eletto con un suffragio quasi bulgaro- e già consigliere provinciale dal 2009 sospeso nel dicembre 2010  perché posto agli arresti domiciliari e poi reintegrato nella carica pubblica novembre 2011opo undici mesi di inferno) scrivevo un articolo dal titolo “Amato – Villani: doppiopesismo ?” di cui ripropongo qui uno stralcio significativo:

  • La storia si ripete. Certo che si. Ed ogni volta è sempre più sconvolgente di prima. Il trattamento riservato dalla magistratura nei confronti dello storico pastifico Amato e della meno nobile Alvi (il primo del cavaliere Giuseppe Amato, la seconda del politico Angelo Villani) è assolutamente ed assurdamente diverso. Eppure i reati in discussione sono più o meno gli stessi e i magistrati in gioco sono sempre gli stessi della stessa procura. Al gran signore don Peppino Amato, sempre umile  e modesto, alcuni avvisi di garanzia e neppure un mandato di cattura; al politico dr Angelo Villani, qualche volta costretto ad essere anche antipatico se non arrogante per motivi politici, diverse decine di avvisi di garanzia e ben 14 mandati di cattura. In ballo una supposta “bancarotta fraudolenta” che per Villani ha funzionato, per Amato invece no come è giusto che sia (almeno questo è il mio pensiero).

La vergognosa azione della GdF, lo ripeto e lo confermo, consistette nel fatto che come si fa in un mercato rionale per l merce da vendere vennero esposti, su una bancarella, gli orologi (che qualcuno ritenne fossero Rolex d’oro, ma la GdF molto spesso precipita in questi enormi errori di valutazione dei beni sequestrati) che qualche ora prima erano stati prelevati dall’abitazione e dallo studio dell’ex consigliere regionale ed ex presidente della Provincia (ma ancora consigliere provinciale in carica) insieme ad alcuni dipinti che sempre qualcuno valutò milionari; tutto falso, ma la risonanza mediatica ebbe una straordinaria eco nell’immaginario collettivo della gente comune ma anche di tanti giornalisti che, per ironia della sorte, erano stati anche ben sponsorizzati dall’attenta Provincia che Villani aveva ereditato da Alfonso Andria.

Nel febbraio del 2022, dopo circa dodici anni di indagini preliminari, di rinvio a giudizio e di centinaia di udienze, è arrivata la sentenza che, contro ogni aspettativa, è stata assolutamente micidiale: 12 anni di carcere per Villani e tanti altri anni di carcere per alcuni dei suoi più stretti familiari, per quell’assurda accusa di “bancarotta fraudolenta” conseguente al crac Alvi, prestigiosa azienda di distribuzione rappresentata in primis dal dr. Angelo Villani.

L’avvocato Salvatore Memoli, proprio in questi giorni, ha scritto uno splendido articolo (Le sentenze si rispettano ma si possono commentare) in anteprima per il quotidiano online “leCronacheslerno.it” che è stato, poi, pubblicato anche su questo giornale.

La prima cosa che sento di dover aggiungere alle considerazioni di Memoli è che il fatto secondo cui “le sentenze si rispettano” appartiene ad un passato remoto, al tempo in cui davvero i Tribunali erano il sacrario della giustizia; quel detto appare oggi quanto meno antistorico alla luce del fatto che le Procure, come i Tribunali, appaiono quasi sventrati della loro essenza di riservatezza e di equilibrio nell’applicazione della giustizia essendo il tutto ormai ridotto ad una brutale battaglia di potere per il potere. Le sentenze, quindi, vanno anche aspramente criticate perché spesso appartengono alla lotta politica e non alla ricerca della giustizia, per non dire la verità che è sempre lontanissima.

Al predetto articolo di Memoli aggiungerei anche che nella fattispecie, caso crac Alvi-Villani, la giustizia applicata dai giudici del tribunale di Salerno non è stata, come si dice, uguale per tutti in nome del popolo italiano; ha invece travalicato i confini della giustizia giusta ed è stata esercitata con un doppiopesismo straordinariamente fuori del comune.

Prima di essere aggredito mi spiego meglio; mi hanno sempre detto che la bancarotta è bancarotta, sempre e comunque, a maggior ragione quando è fraudolenta; ebbene in questi ultimi dieci anni al vaglio del Tribunale di Salerno ci sono stati ben “tre casi di bancarotta fraudolenta” che hanno investito importanti personaggi politici e imprenditoriali (e Villani era sia politico che imprenditore); i primi due inerenti il crac Amato e il terzo il crac Alvi.

Ebbene nei primi due casi tutto sta finendo a tarallucci e vino (almeno così sembra dagli spifferi provenienti dal tribunale con cui si parla insistentemente di prescrizione) soprattutto per quanto riguarda la bancarotta che ha coinvolto il deputato Piero De Luca e l’imprenditore Mario Del Mese; un processo che non si riesce a capire che fine abbia fatto tra forzati rinvii e gli oscuri meandri delle segrete stanze del tribunale.

Per Angelo Villani, invece, il trattamento è stato durissimo e forse unico nel suo genere: dodici anni di carcere non si infliggono per scherzo (addirittura la sentenza ha superto la richiesta della Procura che si era fermata a nove anni), anche perché il “crac Alvi” potrebbe essere stato generato da una squallida vendetta politica ordita, anche questa, nelle segrete stanze non del tribunale ma in quelle più importanti di Nusco.

Ho assistito a diverse udienze del processo Alvi e la sentenza mi ha lascito basito; ma anche questo, oltre a Nusco, cercherò di spiegare nel prossimo articolo.

 

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