Le principali novità della riforma della giustizia.

da Pietro Cusati (Giurista-Giornalista)

 

 

 

 

 

 

L’avviso di garanzia dovrà contenere una “descrizione sommaria del fatto”,.la notificazione dovrà avvenire “con modalità che tutelino l’indagato da ogni conseguenza impropria”. La regola generale secondo cui la consegna dell’atto anche quando effettuata a persona diversa del destinatario dev’essere effettuata con modalità tali da garantire la riservatezza di quest’ultimo, si è limitata la possibilità di impiego della polizia giudiziaria alle sole situazioni di urgenza che non consentano il ricorso alle modalità ordinarie.Il reato di abuso d’ufficio viene abrogato a causa di un'”anomalia” che persiste anche dopo le tante modifiche intervenute: lo “squilibrio” tra le iscrizioni nel registro degli indagati e le effettive condanne. Il numero delle iscrizioni nel registro degli indagati resta “ancora alto: 4.745 nel 2021 e 3.938 nel 2022; di questi procedimenti, 4.121 sono stati archiviati nel 2021 e 3.536 nel 2022”. Solo 18 invece le condanne in primo grado nel 2021. Non si esclude in futuro di sanzionare condotte “in forza di eventuali indicazioni di matrice euro-unitaria”.Potranno finire su giornali e siti solo quelle il cui contenuto sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Si esige anche più rigore dai pm e i giudici: dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Anche nella richiesta del pm e nell’ordinanza del giudice di misura cautelare non dovranno essere indicati i dati personali dei soggetti diversi dalle parti. “Riduzione dell’ambito applicativo” del reato di traffico di influenze illecite, che viene “limitato a condotte particolarmente gravi”. Aumenta, però, anche la pena minima per questo reato. Scatterà la “non punibilità” se chi ha commesso il reato collabora con la giustizia.Il pm non potrà più presentare appello contro le sentenze di assoluzione “relative a reati di contenuta gravità”. Restano appellabili da parte del pubblico ministero le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso.Sarà un giudice collegiale, non più un solo magistrato, a decidere , durante le indagini, l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Una novità che non varrà se la misura è adottata nell’ambito delle procedure di convalida di arresto o di fermo. Nella competenza del giudice collegiale rientrano anche “le pronunce di aggravamento che comportino l’applicazione della misura la cui adozione è ordinariamente collegiale”, e “l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza detentive”. La novità, che riprende una soluzione sperimentata nella legislazione per l’emergenza rifiuti in Campania, non entrerà in vigore subito per le carenze di organico della magistratura, ma tra 2 anni. Intanto si procederà a un incremento dell’ organico della magistratura con 250 nuove “toghe” da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.Il giudice dovrà sentire l’indagato prima di decidere se sottoporlo a una misura cautelare: viene introdotto il principio del “contraddittorio preventivo” in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”. Lo scopo della norma è “evitare l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva” e mettere il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione (e anche un contatto diretto) con l’indagato prima dell’adozione della misura. Il contraddittorio preventivo sarà escluso però quando sussista un pericolo di inquinamento delle prove o di fuga dell’indagato, nei casi di urgenza o nell’ipotesi di “gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”. Quando procede all’interrogatorio preventivo, il giudice dovrà depositare tutti gli atti trasmessi dal pubblico ministero con la richiesta di applicazione della misura e l’indagato potrà prenderne visione ed estrarne copia. La misura adottata sarà nulla se l’interrogatorio preventivo non viene fatto o in mancanza di una valutazione specifica degli elementi esposti dall’indagato.Tempi più stretti per l’espletamento del concorso di accesso alla magistratura. Entro 8 mesi dall’ultima prova scritta dovrà essere definita la graduatoria (oggi se ne chiedono 9) e entro 10 (attualmente sono 12) i vincitori di concorso dovranno iniziare il tirocinio negli uffici giudiziari. Perchè la nuova tempistica sia rispettata sono stati previsti dei rimedi organizzativi. In particolare, si prevede che, nel caso in cui i candidati che hanno consegnato gli scritti siano 2.000 (come nei concorsi degli ultimi anni), la commissione esaminatrice venga integrata passando da 29 a 33 componenti oltre il presidente e si organizzi in 9 collegi . L’obiettivo è che mensilmente vengano esaminati gli scritti di almeno 600 candidati e, in seguito, con la stessa cadenza vengano interrogati 100 candidati nelle prove orali. In caso di difficoltà la Commissione potrà essere integrata dai membri supplenti.Con una norma di interpretazione autentica la bozza del ddl sulla giustizia evita il rischio che siano dichiarate nulle sentenze pronunciate in procedimenti per gravissimi reati di criminalità organizzata e terrorismo alle quali hanno concorso giudici popolari con più di 65 anni. La legge fissa 65 anni come età massima per i giudici popolari ma tale requisito “è da intendersi rilevante solo con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio”.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti esprime “preoccupazione di fronte alla bozza del Ddl giustizia portato all’esame del pre Consiglio dei ministri. I limiti che si vogliono introdurre alla conoscibilità delle intercettazioni effettuate durante le indagini preliminari rischiano di costituire un ostacolo al diritto dei cittadini di essere informati su eventi di rilevante interesse pubblico”. “Attualmente gli atti a conoscenza degli indagati (quindi dopo l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare o dopo la chiusura delle indagini) non sono più segreti – sottolineano -: il rischio è di far calare il silenzio su quasi tutto, con l’eccezione delle intercettazioni “riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. “Il Cnog, pur condividendo la legittima esigenza di tutelare i soggetti estranei alle indagini i cui nomi figurino nelle intercettazioni e di trovare il giusto equilibrio tra libertà di stampa e rispetto della dignità della persona – prosegue la nota -, ritiene che debba essere comunque garantito il diritto all’informazione, con particolare riferimento a fatti di interesse pubblico quali sono tutte le indagini penali che si avvalgono di intercettazioni, concesse soltanto nei casi dei reati più gravi. Diritto all’informazione sancito da numerose sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo che considera lecita anche la pubblicazione di atti coperti da segreto su inchieste di rilievo che riguardino personaggi pubblici”.

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