VESTUTI: un degrado voluto ?

 

Aldo Bianchini

SALERNO – “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”; era una delle frasi storiche che Giulio Andreotti utilizzava per inviare messaggi trasversali ai suoi avversari, ma anche gli amici; in altri casi la utilizzava come avvertimento, più che monito, per quelli che riteneva potessero ancora essere salvati dall’inevitabile attacco giudiziario; un attacco che prima o poi arriva nonostante i mostruosi difetti che avvolgono chi quelle inchieste dovrebbe portarle avanti nel nome del popolo alla ricerca della verità.

In questi giorni “la notizia del giorno” (scusate il bisticcio) è l’assoluto degrado in cui versa lo storico stadio comunale Donato Vestuti; tutte le televisioni e tutti i giornali hanno mostrato le deprimenti immagini di una struttura sportiva che, ancorchè ubicata nel cuore centrale di Salerno, dovrebbe essere il fiore all’occhiello nel segno della libertà e della trasparenza che lo sport in genere (al di là del calcio !!) promana in ogni società ed in ogni angolo della terra come specchio della “pulizia” finanche dei costumi. Tanto è vero che gli stadi dovunque vengono manutenuti nel migliore dei modi anche da popoli e in regioni del mondo dove la povertà è d alti livelli.

Nel nostro piccolo mondo salernitano lo stadio Vestuti è, invece, un caso a se stante; fin dai tempi della prima giunta De Luca (93-97) si è parlato della ristrutturazione dello stadio comunale; su di esso si sono dilettati importanti architetti e società a preparare progetti (ben tre fino ad oggi; tutti e tre pagati profumatamente ?) più che altro fantasiosi per non dire fantastici.

Sono stati fatti, è vero, numerosi interventi tampone ma non hanno sortito gli effetti sperati e capaci di risollevare l’intera struttura dal degrado visibile da anni ad occhio nudo.

Siccome quello del Vestuti, almeno per noi salernitani, è un caso veramente unico verrebbe da pensare che da decenni è in atto la cosiddetta “strategia della somma urgenza” praticatissima sia prima che dopo tangentopoli; una strategia in grado di assicurare che tutti i lavori pubblici (piccoli e medi !!) vengano convogliati verso le stesse ditte-imprese che da sempre garantiscono affidabilità sul piano politico (sia per le assunzioni che per la risposta economica) e garanzia in termini di assoluta segretezza.

La strategia della somma urgenza garantisce a diversi imprenditori, pur se piccoli, di arricchirsi con il sistema del “chicco su chicco” che spesso arriva a costituire un granaio.

L’avv, Salvatore Memoli in un articolo, scritto per “leCronache.it” e pubblicato su questo giornale il 21 giugno scorso, sostiene giustamente che in questa città tutto è predefinito grazie al volere del ”sovrano e del suo  jackpot regionale” e che, soprattutto i grandi lavori pubblici vengono indirizzati di riff e di raffa sempre verso la stessa grande impresa, dl Palazzo delle Poste al nuovo ospedale, passando per il Crescent, per finire, forse, anche al palazzo del vecchio tribunale recentemente riscattato dl Demanio.

Io aggiungo che queste maxi operazioni presentano rischi giudiziari notevolissimi e quindi vengono sempre condotte con la massima attenzione; l’affare vero e sostanzioso per il connubio politica-imprenditoria si annida proprio nell’enorme mole numerica di piccoli e medi lavori, quasi tutti affidati per somma urgenza e quasi tutti poco osservati dai cosiddetti tutori della legge.

C’è solo da sperare che il mitico Vestuti sia estraneo a questa logica imperante.

 

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