L’antitaliano Vannacci invoca il passato.

 
da Salvatore Memoli

(avvocato – scrittore)

 

Ho esitato molto prima di raccogliere le mie idee e dire qualcosa sulla posizione del gen. Vannacci dell’esercito italiano, diventato scrittore non letto da nessuno.

In effetti, come ripetuto da autorevoli commentatori, la premessa che mette in crisi é la mancanza di lettura di questo libro. Nessuno lo avrebbe letto, d’altra parte non mi sembra che in giro ci siano molte copie di un libro autoprodotto che avrebbe l’ardire di mettere ordine nelle idee o meglio nei principi che guidano gli italiani, alla ricerca di un’italianità pura. In effetti il generale Vannacci, che avrà molto tempo nella sua vita militare, é entrato a gamba tesa in riflessioni che esorbitano le normali occupazioni della difesa italiana, tirando per la giacca argomenti sensibili che sono diventati ossatura costituzionale del nostro stato di diritto, a partire dall’articolo 3 della Costituzione che assicura la parità dei cittadini, tutti, difronte alla legge, inclusa la parità di genere.

Non mi limito a ricordare che questa conquista, per il nostro Paese non é avvenuta a cuor leggero. Come per la sostanziale parità di ruolo tra uomini e donne, gli italiani, in modo faticoso, lottando, hanno capito che certi diritti, parità di genere, non sono un lusso, ma la base di una convivenza civile, armoniosa, totalmente integrata delle differenze sociali e biologiche. Conquiste fatte nel superiore interesse di una maturità sociale e individuale di un numero crescente di persone che ha lottato per il riconoscimento di diritti non più rinunciabili. Il generale si é lasciato andare a considerazioni viscerali, non per questo é non sincero e meritevole di attenzione, che hanno un antico sapore di immaturità sia culturale che sociale, anzi postulano una critica alla maturità del nostro ordinamento, giustamente attento alla graduale evoluzione di diritti estensibili, ampliabili, fino a coprire le esigenze di una comunità cosmopolita, plurale, eterogenea e sostanzialmente tenuta coesa dal diritto di una nazione.

Quello che non vorrei si facesse é l’equazione: militare che scrive un libro, ruolo della difesa militare di un Paese del G7, chiusura al pluralismo costituzionale e resistenza ad un modello sociale innovato da realtà che esigono un riconoscimento ed una tutela adeguata, corretta e capace di guardare lontano.

Ci sono cose che non piacciono a molti, come le manifestazioni di associazioni che indispettiscono certe opinioni pubbliche. Il Pride non piace a tutti, non come luogo di riconoscimento di identità di genere, perché a tratti diventa goffo, macchietta ed esagerazione da avanspettacolo di una visione di una lotta che non ha più riscontro di chiusure nella posizione della stragrande maggioranza degli italiani. Ma il livello di riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali é già integrato e non più suscettibile di ricaduta al passato. Fin qui, non so se il generale lo sappia, abbiamo visto numerosi matrimoni di militari gay, celebrati in divisa e condivisi da colleghi e superiori gerarchici. Anche in Italia come negli Stati Uniti, il mondo militare ha integrato gli omosessuali. Tuttavia nessuno pensa che in certi ambienti si sia debellato l’insulto, la diffidenza e la condanna delle diversità di genere.

avv. Salvatore Memoli

Del generale deve essere rimarcato il tentativo di delegittimare le diversità di genere, in perfetta sintonia con un sentire macho che normalmente classifica comportamenti, scelte e orientamenti della stragrande maggioranza di uomini in divisa. Gli stessi che poi rendono abbastanza difficile la vita di tante donne in armi, in modo subdolo, surrettizio, indulgente con cui vivono la recente novità di tante donne in armi, peraltro valide, e che spesso non denunciano, oggetto di appetiti sessuali non repressi.

Per carità, il generale é libero di pensarla come crede ma non é libero come dipendente dello Stato di dare privatamente alle stampe pagine che rinfocolano divisione ed odio sociale che alimentano disprezzo e separazione.

Nessuno pensa di tornare indietro nel progresso culturale, politico e sociale per cui non può essere incoraggiata una pubblicazione divisiva che se contenesse tutte le sue più belle pagine piene di fervorini di avanguardia comportamentale, per il solo fatto che adombra sospetti e riserva su gruppi di persone, implica una ricaduta fastidiosa come per le divisioni e gli odi di genere, facitori di cultura satura ed indegna di confronti propositivi.

Non voglio addentrarmi con suggestioni nelle motivazioni della diffusione di un libro così critico. Il tentativo di accreditare idee di un militare che potrebbe anche essere bravo e meritevole ma che si lascia irretire da argomenti da circolo ricreativo mi lascia pensare che non a lui possono essere affidate le difese di ideali costituzionali. Lo dico con grande preoccupazione e fastidio, lo stesso che non ha provato lui, i suoi fans, gli apparati politici che si scontrano e preparano un lancio di un probabile politico di cui non abbiamo bisogno, come sociologo del nulla.

Certamente il bravo militare se ha idee come fermare le spese militari, la corsa agli armamenti e come evitare inutili sacrifici di vite umane, scriva un libro e si aspetti il nostro applauso per un suo utilizzo tra i banchi del Parlamento italiano.

 

 

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