Vito Claps: un amico che non c’è più !!

 

Aldo Bianchini

Vito con la figlia Licia

MURO LUCANO (PZ) – Una folla di parenti, amici e semplici conoscenti lo ha accompagnato ieri (martedì 26 settembre 2023) nell’ultimo viaggio cominciato dall’Hospice Casa di Lara (presso il presidio ospedaliero G. Da Procida dell’AOU Ruggi – Salerno, dove era deceduto il giorno prima 25 settembre), con tappa a Muro Lucano nella Chiesa Sant’Andrea Apostolo per la celebrazione dei solenni funerali, per proseguire verso il crematorio di Montecorvino Pugliano.

Parlo di VITO CLAPS, nato e vissuto a Muro Lucano dove aveva studiato, si era formato, aveva insegnato ed era divenuto dirigente scolastico; molto apprezzato come uomo e come professionista.

Ha amato la famiglia con una costanza ed una tenacia inossidabile, per la famiglia ha dato tutto andando oltre se stesso e i limiti che la natura impone. Visceralmente legato alla moglie, ai figli Angela – Licia e Tommaso, ai generi Luke e Antonello, alla nuora Antonella, ai nipoti Diana e Vito ed alle sorelle Margherita e Gerardina. Esempio per tutti di lealtà, di trasparenza e di legalità, insomma un uomo vero come soltanto gli anni immediatamente prima e dopo la seconda guerra mondiale seppero partorire in una realtà, quella murese, che si avviava a vivere il periodo più fecondo della sua pur lunga esistenza.

L’ho conosciuto la mattina del 1° ottobre 1951, un lunedì di settantadue anni fa, mentre uno di fianco all’altro, nel grembiule scuro con nastro blu-chiaro come colletto (il color rosa era per le femminucce), varcammo la soglia dell’aula della prima classe elementare, mista, dove rimanemmo per un paio di anni prima di proseguire le elementari, a partire dall’anno scolastico 53/54, nel plesso in Piazza Don Minzoni.

Siamo stati insieme nella stessa classe per ben otto anni (cinque elementari e tre medie), poi come spesso accade prendemmo strade diverse; io verso Salerno e lui verso Potenza per continuare, ovviamente, gli studi. Vivemmo insieme, verso la fine dell’anno scolastico 55/56, la drammatica esperienza del corso di preparazione per l’esame di ammissione durante il quale fummo brutalmente proiettati (insieme a tutti gli altri corsisti) in una realtà fatta di angherie e di violenza fisica per colpa di un professore che commetteva atti delittuosi nei confronti di alcune ragazzine. Reagimmo e vincemmo; una grande battaglia che si concluse con la cacciata dal paese del professore.

Sempre insieme facevamo scorribande impagabili per le stradine di Muro e spesso ci ritrovavamo in Piazza don Minzoni dinanzi alla vetrina della cabina telefonica a seguire attentamente le operazioni che Margherita e Gerardina, sorelle di Vito, portavano avanti nel loro primo lavoro di “telefoniste della SIP”; era il 1956 e nei mesi estivi era stata aperta a Muro la prima cabina telefonica per i necessari collegamenti tra i pochissimi numeri distribuiti alle poche famiglie che potevano permetterselo.

Vito con la moglie Antonietta e la nipotina Diana

Poi, per un lungo periodo, ci siamo persi di vista per ritrovarci da pensionati aperti ai ricordi più remoti ed incancellabili. In questi ultimi anni ho letto e commentato alcuni dei suoi libri perché Vito era, tra l’altro, un valente e noto scrittore; così come non ho esitato a dargli una mano nell’estenuante campagna elettorale amministrativa del 2021 in cui la splendida figlia Licia (avvocato) era candidata a Salerno nelle liste del Partito Socialista che, manco a dirlo, era ed è anche il mio partito.

Vito è stato uno scrittore ed un accanito e raffinato ricercatore culturale; tra le sue tante opere ricordo: “Cronistoria dei terremoti in Basilicata”, “Fortunato, Nitti e il Collegio di Muro Lucano”, “La guerra e la pace” (dal discorso di Nitti a Muro L. del 1916) ma anche “Uomini muresi”, “Muro Lucano, tra ricordi e storia”, ecc. Ha ripescato un personaggio, Eracleonte da Gela, che sarebbe vissuto nell’antica Grecia tra il 300 e il 200 a.C.; le notizie sulla sua reale esistenza sono, però, molto confuse, frammentarie se non addirittura impalpabili; ma a lui si attribuisce una lettera-poesia scritta intorno al 233 a.C., in riferimento alla colonia attica che si accingeva a festeggiare Dioniso (le celebrazioni facevano capo alle ‘Antesterie‘, di filo ionico-attiche, che collegavano la degustazione del vino alla primavera), per manifestare la sua solidarietà per una epidemia improvvisamente scoppiata. Ha curato inoltre numerose pubblicazioni su San Gerardo, il santo di Muro, e sul brigantaggio. E’ stato sempre aiutato e supportato dalla moglie Antonietta Tarricone (laureata in pedagogia), già docente ordinaria e da sempre impegnata fattivamente nel sociale.

 

L’ho visto per l’ultima volta la sera del 12 dicembre 2022, sempre di lunedì, sul Corso Vittorio Emanuele di Salerno, all’altezza della libreria Feltrinelli; sapevo che non stava bene; gli chiesi come stesse e mi rispose con decisione che tutto sembrava risolto; dagli occhi di Antonietta (la moglie) intuii che non era proprio così. Da quel momento non ho più avuto il coraggio di chiedere sue notizie fino a quando Licia, poche ore fa, mi ha comunicato la conclusione della sua vita terrena.

So per certo che era molto legato alla lettera-poesia di Eracleonte da Gela; una poesia che aveva riscoperto e ripubblicata nei mesi drammatici della pandemia; con quella poesia intendo salutarlo:

  • E’ iniziata l’aria tiepida – e dovremo restare nelle case – per le Antesterie – le feste dei fiori – in onore a Dioniso – Non usciremo – non festeggeremo – bensì mangeremo e dormiremo – e berremo il dolce vino – perchè dobbiamo combattere – Le nostre città lontane – ornamento della terra asiatica – hanno portato qui a Gela – gente del nostro popolo – un tempo orgoglioso – Queste genti ci hanno donato – un male nell’aria – che respiriamo se siamo loro vicini – il male ci tocca e resta con noi – e da noi passa ai nostri parenti – Il tempo trascorrerà – e sarà il nostro alleato – il tempo ci aiuterà – a guardare senza velocità – il quotidiano trascorrere del giorno – Siamo forti e abbiamo sconfitto molti popoli – e costruito grandi città – aspettiamo che questo male muoia – restiamo nelle case – e tutti insieme vinciamo”. Eracleonte (233 a.c.)

 

 

 

 

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