IL GREGGE: lo scontro in aula tra don Franco Fedullo e l’avv. Giovanni Falci

 

Aldo Bianchini

Avv. Giovanni Falci

SALERNO – Riprendo l’argomento soltanto accennato nel precedente articolo per un chiarimento più diffuso sul perché si arrivò allo scontro nell’aula della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Salerno (collegio presieduto dal dr. Vincenzo Siani, magistrato di lungo corso) tra il mio difensore avv. Giovanni Falci e il sacerdote don Franco Fedullo (per anni alla direzione della Caritas e, comunque, tra gli artefici e sostenitori de Il Gregge) che in quella fredda aula era presente come “teste a mio carico”.

IL FATTO: Sulla vicenda de Il Gregge dl 2005 in poi ho scritto molto e, non caso, ho fatto anche numerosi speciali televisivi (ero direttore di Quarta Rete Tv – gestione Calabrese) che hanno sempre dato chiaramente fastidio i vertici dell’associazione in parola; fastidi sfociati in quattro querele per diffamazione a mezzo stampa. Addirittura con una denuncia (scritta forse da un tecnico) che nel consegnare al PM la copia della videocassetta dettagliava ed evidenziava anche i passaggi del tono della voce che il PM forse distratto e/o disattento avvalorò nella sua richiesta di rinvio a giudizio che venne poi accolta dal GUP (quasi come a dire che un giornalista deve parlare come una gatta morta, senza enfasi e senza cambi di tonalità nella voce). Ancora oggi non riesco a capire come si possa tentare di sanzionare il tono della voce di un giornalista che realizza uno speciale televisivo di inchiesta dove è assolutamente indispensabile l’alternanza del tono per rendere l’effetto visivo anche appetibile come ascolto. Proprio per questa querela, dunque, si arrivò in aula al cospetto del giudice Vincenzo Siani in un pomeriggio inoltrato del mese di novembre del 2014.

Al banco degli imputati ero seduto io con l’avv. Falci carico più che mai e, forse, anche un po’ deluso dal fatto che il difensore de Il Gregge, avv. Rocco Pecoraro, gli aveva confidato che don Franco Fedullo era avvelenato contro Bianchini e non intendeva fare alcun passo indietro.

Il compianto don Franco Fedullo

Cominciò l’udienza e partì l’interrogatorio di Pecoraro al suo cliente che si espresse con una violenza verbale senza precedenti. Capisco che anche i sacerdoti sono uomini ma fino a quel momento non avevo mai visto sul viso di un prete tanto livore da farmi quasi spaventare. Forse l’avevo toccato nel vivo del problema e ricordai che in uno dei miei servizi televisivi avevo avanzato l’ipotesi che la sua battaglia, quasi personale, contro l’arcivescovo Pierro fosse stata determinata dalla sete di vendetta per essere stato defenestrato improvvisamente e violentemente dalla poltrona di direttore della Caritas; e questo ancora prima che scoppiasse lo scandalo su Il Gregge. Mentre don Fedullo sciorinava tutte le sue accuse contro di me guardai, spesso, nella direzione del giudice Siani; notai un senso di meraviglia anche nei suoi occhi per come il prete sparava a zero contro di me.

Toccò, poi, al mio difensore avv. Giovanni Falci che, da buon padrone del processo, sottopose il “teste a mio carico” ad una sfilza infinita di domande precise e particolarmente pungenti, tanto da mettere spesso il teste in difficoltà. Il capolavoro arrivò dopo oltre 40 minuti di controinterrogatorio quando, con lo stile dell’ avvocato penalista consumato, l’avv. Falci guardando negli occhi don Fedullo esclamò: “Lei perdona Bianchini ?”; dura la risposta del prete “allora lei sta dicendo che il suo cliente è colpevole?”.

Era caduto nella trappola di Falci che subito lo rimbeccò dicendo “assolutamente no, ho solo chiesto se Lei lo perdona nel senso cristiano del termine”.

Il sacerdote non rispose ed abbassò lo sguardo e dopo l’udienza rimise la querela.

Ma già in quell’aula l’avv. Falci adombrò l’esistenza non di uno ma di ben due dossier che astutamente non esibì; forse anche quella mossa produsse nel difensore de Il Gregge la convinzione che lo scandalo potesse allargarsi e consigliò bene la remissione della querela.

A questo punto della vicenda vorrei tanto conoscere il non meglio identificato sig. Michele Nazza che (come ho scritto nell’articolo precedente) il 30 gennaio del 2013 postò sul giornale online “ilquotidinodisalerno.it” che dirigo la seguente affermazione: “… Lei può scrivere tranquillamente su novella 2000 ma tutto quello finora riportato non  ha alcun fondamento …”, per sentire dalla sua viva voce cosa direbbe oggi alla luce del commissariamento operato da Mons. Bellandi e per dirgli in faccia che quell’inchiesta avrebbe potuto tranquillamente trovare spazio su L’Espresso o su Panorama, anziché Novella 2000.

 

 

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