La vecchia Salerno inaccessibile: bisogna fare “a box” per un posto auto.

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

Il centro storico di Salerno

Che non sia più il “centro” della città risulta chiaro, date le abitudini di vita mutate anche per congestione autoveicoli. Il dibattito perde tempo negli abitacoli delle auto in direzione teatro Verdi, mentre un’altra amministrazione invece di scialacquare tempo e denaro in buffonate improduttive avrebbe già realizzato i parcheggi pubblici e privati adiacenti al Corso Vittorio Emanuele.

 

Si ipotizza ancora per fortuna della fattibilità di scarsi duecento box sotterranei o “metropolitani” come potrebbero essere definiti, perché facendo un semplice calcolo risulterebbe un chilometro e mezzo di traffico in meno, partendo dal fiume Irno.

 

Duecento automobili in tal modo collocabili, migliorerebbero in tal modo l’intera vita della cittadinanza specie per i residenti; circolazione e turismo al seguito.

 

Probabilmente qualche potere forte delle zone sud est , con il repentino fiorire di un quotidiano commerciale proveniente dalla zona industriale, non vedrebbe felicemente l’intervento di riqualificazione nei quartieri classici di Salerno.

 

I salernitani sono stanchi di spendere il proprio carburante in un imbottigliamento stradale tra stress e paure di sovvenzioni alla sosta anche breve, per recarsi anche semplicemente al Duomo.

 

Così, il bisticcio dopo svariati mesi, é polemica futile in un alibi di concessioni ingarbugliate forse apposta nel calendario burocratico. Risultano vani a lungo i tentativi di andare anche ai capodanni in piazza, ad una mostra o conferenza a palazzo sant’Agostino,  se devono significare una spesa che non vale l’impresa quotidiana. Invitare non solo i turisti. ma gli stessi concittadini ad una presentazione di un libro, o ad un gazebo ecologico é oramai un buco nell’acqua pubblicitario anche per le microeconomie urbane.

 

Oltre al decentramento, vanno ricordati gli oramai anziani radical chic che hanno da ridire su strisce pedonali, dossetti, fast food, alberghi ed ogni novità che se ben ponderata non sta facendo altro che aiutare la collettività; gli stessi sono i più restii a lasciare una mancia al bar, a non tollerare lo smog, ed in una incosciente contraddizione alimentano una “confusione benestante” con il livore dell’inospitalità che davvero si nasconde nelle loro anacronistica resilienza.

 

Dal lungomare Trieste al Grand Hotel per tornare a Vietri, si sprecano ad oggi senza esagerare un buon sessanta per cento di risorse tra carburante, file e quarti d’ora di vita che invece senza questo melmoso andirivieni, sarebbero dedicati alla cara, vecchia Salerno.

 

 

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