Patto di stabilità, ovvero le firme degli instabili.

da Antonio Cortese (giornalista)

 

Stipulato ieri, già svanito forse domani. Purtroppo in economia i parlamentari di Bruxelles dovranno studiare ancora per molto tempo ancora e sperare di superare esami di cui a quanto pare ignorano in gran parte il contenuto.

 

Ma poi, pensandoci bene, cosa vorrebbe mai dire “patto di stabilità”? … che nessun paese membro possa osare di progredire di un ”pil” ? O che la stagnazione sia da intenderla per sguazzarci dentro? Si rimane basiti nell’ascoltare i notiziari europei con opinionisti e politici in doppio petto che dimostrano di essere ciuchini novellini di fronte a temi di ripresa monetaria, perché anche nelle buone intenzioni della von der Layen, l’inflazione procede naturalmente come deve essere. Per vent’anni l’euro non si é mosso di un centesimo, ma dopo il lungo e naturale ciclo di assestamento in tutta l’Unione, metabolizzatasi la circolazione, gli europarlamentari sembra si siano svegliati di botto senza alcun fondamento in materia.

 

Tra due mesi le urne dovranno spolverarsi dai partiti di destra a mio ottimistico auspicio, perché hanno alimentato conflitti e deficit nel panico continentale. Una immaturità che da Roma, Parigi e Dublino, prima che da Maastricht ed altre adunate anche a Glasgow recentemente, si spera possa essere riconosciuta e bocciata dagli elettori, pur sempre con la solita svolta di protesta come per i il movimento pentastellato e i Verdi in Germania. La partita infatti si gioca in queste due nazioni tra le più democratiche e multipartitiche a dispetto delle monarchie ed altri parlamenti, dove gli schieramenti non superano le due dita e mezzo.

Le autonomie nell’orizzonte europeo non avrebbero ragion d’essere poiché Bruxelles , Lussemburgo e Francoforte, se non sanno mettere d’accordo intere bandiere, come potrebbero mai gestire indipendentismi di stampo medioevale?

Nicholas Schmit guadagna punti abbondanti nel confronto con la rivale, che come una direttrice in caricatura Rottenmeier nel cartone animato di Haidi, non é stata in grado di tenere a bada gli scolari né l’istituto. Il conservatorsismo bigotto é la dimostrazione di una impreparazione di fondo rispetto a determinati incarichi gestiti con la paura di perdere; la stessa paura di perdere sta nei limiti del patto di stabilità che invece di tendere alla crescita, almeno nell’intestazione e negli obiettivi, si prepone di mantenere lo status quo come non farebbe nemmeno il più demotivato degli imprenditori.

Il si con la puzza al naso dei partiti italiani a braccetto con gli astenuti accontenta solamente il Montanelli di turno o i fascisti come lui. Con le coalizioni per Schmit invece si potrebbe sperare almeno, in caso di vittoria, che si comici a ragionare e a lavorare meglio per non essere stretti nella morsa Usa-Cina.

 

Denominarlo patto di “instabilità” avrebbe fornito onestamente il senso delle crisi e delle sfide da superare, invece risulta una specie di salsa che si attaccherà alla padella e sarà ancor più difficile sgrassarla, a mano o in lavastoviglie.

 

 

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