Deregulation contro resilienza

da Antonio Cortese (docente – giornalista)

 

Commercio e mercato libero, concorrenza: l’economia italiana combatte i mulini a vento dalla metà degli anni ottanta, ma Don Chisciotte sembra andato in pensione.

 

A parte Zio Silvio, gli unici a sinistra che sembravano capirci qualcosa erano quattro amici al bar tra cui D’Alema, Pannella e Bersani ospiti al tavolo di Prodi.

 

Poi però oltre a mettere i bastoni tra le ruote del carroccio, la sinistra dietologica e moralista tra più di un bicchier di vino ed un caffè corretto, non ha saputo fare altro che evocare un’altra chimera più reale che mitologica: la resilienza.

Un mostruoso animale che azzanna qualunque iniziativa, censura ogni idea, originalità e merito. Il vino lasciato a decantare alle note di “libiam” risulta pesante se c’è sempre l’esigenza della sostenibilità anche per qualsiasi alimento o articolo di mercato.

 

La differenza la fanno le multinazionali estere con prodotti acquistati dagli italiani, non per uso pratico ma per semplice sfoggio sociale.

 

I tentativi di semplificazione burocratica si sono trasformati in una macchina del tempo che ha rotto il cambio, senza saper ritornare al futuro ma con stallo al passato nel presente.

 

 Mercati rionali e negozi sulle vie dei centri urbani furono decurtati dalle insegne a bandiera che da sole già fungevano da luminarie tutto l’anno; poi gli psicopatici della sinistra totalitaria sbronzi di vodka e maraschini, hanno preteso che le sedie facessero pandan con tende ed ombrelloni, che la merce esposta o le sedie all’esterno degli esercizi dovessero essere poche ma buone per tutti, ed altre elucubrazioni normative da parte di chi ignora cosa sia un registratore di cassa.

 

Se lo scontrino é elettronico perché made in Usa ok, ma se un imprenditore o un commerciante porta avanti la portentosa arte di arrangiarsi italiana, eccoti la visita delle false monache col verbale in mano. Quindi meno comunioni in chiesa, signori, e più vita sociale nella vita vera, se si vuole ripartire e non ritrovarsi sul divano ad imitare modelli televisivi che anche imitati, non funzioneranno mai nel belpaese.

 

Invece di combattere le false monache, non é meglio come negli altri paesi turistici avere le file di clienti da badare all’ingresso dei ristobar?

Quei pochi paesi all’estero che ho visitato hanno all’ingresso una figura professionale, una specie di cameriere che guadagna in base ai clienti che fa accomodare alle volte chiamato “waiter”. Ce ne erano ai tempi della dolce vita in via Vittorio Veneto, ma poi in Italia tali camerieri sono diventati dei robot  e li si vuole obbligatoriamente diplomati come manager sommelier o tecnico-tattico del sapore, ingegnere culinario o architetto della prenotazione.

 

 

 

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