Aldo Bianchini
CAVA dé TIRRENI – Che nella vita lavorativa, professionale ed aggregativa siamo tutti soltanto dei numeri è un fatto ormai assodato da decine e decine di secoli di storia.
Quando questa fredda e deprimente elencazione numerica non esisteva, e bisogna tornare indietro all’epopea dei classici greci, venivano fuori le leggende, gli atti di eroismi, le bandiere nazionaliste e le eccellenze professionali; tutte cose che sicuramente prendevano, nell’immaginario collettivo, il sopravvento sulle disgrazie in cui potevano cadere, come ogni essere umano, i mitici personaggi che avevano dato per le loro famiglie e per la loro patria una quantità di valori sicuramente superiore alle piccole – medie o grandi disgrazie in cui detti personaggi erano scivolati anche non volendo e/o per un eccesso di sicurezza in ragione della loro notorietà, valore e professionalità.
E vennero alla luce i miti dei grandi eroi guerrieri, dei grandi filosofi, dei grandi scienziati ed anche dei grandi politici che è giusto riassumere in pochi nomi: Achille, Aristotele, Archimede e Pericle; tutti loro, a parte la rispettiva grandezza, avevano sicuramente qualche piccola – media e/o grossa macchiolina che avrebbe potuto inquinare la loro immagine per sempre.
Ma allora non c’erano i numeri e la loro immagine umana e pubblica prevalse su tutto e su tutti, e sul carro vincente della storia sono arrivati fino ai giorni nostri.
E andiamo al succo di questo editoriale che ho marcato con il numero di matricola 4363 che contrassegna la inquietante vicenda del medico-ginecologo di Cava de’ Tirreni arrestato dalla magistratura e sospeso dall’Azienda Ospedaliera Universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”; una delibera dura, fredda e inquietante contrassegnata dal numero 4363 di matricola corrispondente proprio a quel medico-ginecologo arrestato nel più completo anonimato.
In tanti diranno che lo Stato è Stato e non può avere un’anima, altri dichiareranno che è giusto tutelare la privacy (ma come il segreto istruttorio di Pulcinella il nome e cognome del medico lo sanno tutti), altri ancora spareranno sentenze definitive di colpevolezza, pochi saranno garantisti e quasi nessuno si schiererà apertamente per l’uomo che comunque c’è dietro quel numero.
Ed oltre all’uomo, dietro quel numero, c’è una vita professionale integerrima, l’amore per la famiglia, le relazioni con il prossimo, la stima e il rispetto che fino al momento dell’arresto tutti gli hanno tributato e che ora tutti fanno finta di non sapere, di non ricordare la grande umiltà che quel soggetto oggi in carcere ha dispensato verso tutto e tutti.
Un arresto verosimilmente frettoloso, basato soltanto sulla dichiarazione di chi accusa (una donna afferma di essere stata palpata dal ginecologo) ma sufficiente a sbattere in galera, dietro le sbarre, un galantuomo ed un professionista di primo livello.
Una mostruosa ingiustizia, così mi appare il caso del ginecologo cavese che si vede trascinato nel fango senza aver prima avuto la minima possibilità di difesa.
E lui che all’epoca della mancanza dei numeri avrebbe potuto superare le difficoltà contingenti si vedrà costretto ad essere ricordato soltanto con la matricola “numero 4363”; come se da qualche giorno indossasse quei tetri pigiami dei lager nazisti.
Anche se non siamo né i primi né gli unici nella pratica del giudizio frettoloso ed errato,credo sia una praticadisumana e vergognosa.