Aldo Bianchini
SALERNO – La giustizia amministrata da uomini non finisce più di stupire per i serpenti contraddittori che annida nel suo seno e per lo scempio che i suoi esecutori fanno delle leggi in vigore.
Ieri la clamorosa ma attesissima scarcerazione di tre arrestati (nella foto in alto) quali responsabili del barbaro omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo -delitto del 5.10.2010-: Fabio Cagnazzo (difeso dagli avvocati Ilaria Criscuolo ed Agostino De Caro), del suo ex attendente Lazzaro Cioffi (difeso dagli avvocati Giuseppe Stellato e Francesco Liguori) e dell’imprenditore di Scafati Giuseppe Cipriano (difeso dagli avvocati Giovanni Annunziata e Lucio Sena).
Il Tribunale del Riesame ricusa se stesso –(anche se in diversa composizione) e si sottomette alle indicazioni della Suprema Corte di Cassazione arrivando non alla semplice scarcerazione degli indagati ma, addirittura, alla revoca dei mandati di cattura; vale a dire che quei mandati non dovevano mai essere richiesti dalla Procura e mai e poi mai avallati dal GIP. Oggi anche la Procura in sede di riesame, con uno sforzo sovrumano, ha richiesto la scarcerazione dei predetti indagati.
Si riapre, quindi, l’ormai più che decennale discussione sulle “indagini difensive” (ma anche sull’applicazione delle misure cautelari preventive) previste dal nuovo codice di procedura penale e successive modificazioni; una abitudine da parte dei magistrati inquirenti che viola non solo il codice ma anche la legittima figura degli avvocati impossibilitati ad esercitare una corretta e decisiva difesa.
Eppure, nella fattispecie, in special modo l’avv. Giovanni Annunziata (difensore di Giuseppe Cipriano) con accurate indagini difensive aveva smantellato l’impianto accusatorio della Procura basato solo sulle dichiarazioni del pentito Romolo Ridosso -detto Romoletto- (e sulle confuse conferme della sua compagna) e principalmente sul fatto che Cipriano avesse preso in fitto nel 2010 una casa per ferie proprio ad Acciaroli nei giorni dell’omicidio, casa in cui aveva ospitato il pentito per preparare l’omicidio. La casa, come dalle indagini difensive dell’avv. Annunziata, era stata fittata invece l’anno prima, cioè nel 2009; ma nessuno aveva preso in considerazione tale circostanza.
Su tutte queste circostanze ci sarà modo e tempo di ritornare nelle prossime puntate relative a queste lunghe, estenuanti e infruttuose indagini tendenti a smascherare l’assassino o gli assassini del compianto sindaco pescatore; ora è giusto dare la parola all’’avv. Giovanni Annunziata per una sua forte dichiarazione:
Avv. Giovanni Annunziata (nella foto a lato) – La peculiarità di questa vicenda è che il Riesame forse avrebbe dovuto e potuto giungere a queste conclusioni già con la prima ordinanza. D’Altronde come si legge anche nella sentenza di annullamento della Corte Cassazione l’esito sarebbe stato questo se solo si fossero ascoltate e prese in debita considerazione le indagini difensive nella ricostruzione che la difesa ha offerto fin dai primi giorni dell’applicazione della misura cautelare. E’ importante ricordare che il mio assistito Giuseppe Cipriano era stato ascoltato già nel 2018 dalla Procura di Salerno e diversamente da quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia, il quale descriveva una casa presa in fitto da Cipriano nell’anno 2010 e dove lo stesso diceva di essersi recato con questi nel giorno dell’omicidio, Cipriano già in quella sede affermava di non aver preso in fitto per le vacanze estive quella casa nel 2010 bensì nell’estate del 2009. Dopo l’applicazione della misura cautelare la difesa ha provveduto ad effettuare indagini difensive attraverso l’audizione di numerosi testimoni nonché attraverso l’acquisizione di documentazione idonea a dimostrare l’attendibilità di Cipriano, si è dovuto attendere la sentenza della Corte di Cassazione la quale oltre ad affermare che le argomentazioni difensive erano state disattese si è spinta fino a demolire il quadro dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Cipriano Giuseppe. Il quale solo oggi è stto scarcerato dopo aver patito quasi otto mesi di custodia cautelare in carcere in regime di alta sorveglianza. Questa vicenda ci obbliga a riflettere sulla corretta applicazione della misura cautelare e sulla corretta valutazione delle indagini difensive che per vero il legislatore ha correttamente disciplinato ma che tuttavia si infrangono spesso “in un immotivato pregiudizio” in quanto provenienti dalla parte privata quale è la difesa. E’ evidente che sebbene la Procura abbia avanzato richiesta di rinvio a giudizio l’impianto accusatorio prospettato dalla Procura medesima appare fortemente indebolito dalla sentenza della Corte di Cassazione.