FORTE LA CARNALE: dieta mediterranea o museo dello sbarco ?  … l’amm. Perillo suggerisce

 

Aldo Bianchini

SALERNO – In mancanza di conferenze di servizi, ormai dimenticate nella storia di un tempo che fu, è giusto che qualcuno (meglio ancora se tecnico della materia) incominci a porre specifiche domande ed a suggerire delle soluzioni sui cui discutere in merito alla destinazione dei luoghi e degli edifici pubblico-storici che sono presenti in giro per la Città ed anche nelle sue immediate vicinanze.

Da questo giornale incominciamo, in assoluta anteprima, a porre domande ed a suggerire soluzioni per la giusta e definitiva collocazione dello storico sito del Forte La Carnale a Torrione.

In passato sono state avanzate alcune soluzioni, è stata costruita una cabina mobile per scalare la collinetta, è stata ricavata sotto le fondamenta del forte anche una bella sala multimediale ed è stato creato un punto ristoro affidato in gestione ai privati.

Ma qualcosa è andato sempre storto e dette iniziative dopo un po’ di tempo si sono afflosciate oppure sono del tutto scomparse, aggredite da un’orda di ratti che infesta tutta la zona e non solo la collinetta.

Adesso ritorna il dibattito spinto dalla notizia di un previsto finanziamento regionale per la riqualificazione dell’intera area.

In merito ci scrive l’ammiraglio-architetto Gaetano Perillo che spesso ci onora con i suoi scritti, con i suoi pareri e con i suoi suggerimenti:

 

POST di PERILLO

La notizia riguardante il programmato finanziamento per la riqualificazione del Forte “La Carnale” da parte della Regione Campania mi induce a formulare alcune considerazioni.
La prima riguarda la futura destinazione d’uso ipotizzata per lo storico edificio sovrastante la collinetta confinante con il quartiere Torrione: cioè farne la sede del Polo della Dieta Mediterranea, patrimonio immateriale dell’Unesco.

Allo scopo è previsto uno stanziamento iniziale per finanziare il recupero funzionale della roccaforte e, a seguire, una seconda erogazione di fondi per la realizzazione del suddetto Polo e di connesse attività di tipo enogastronomico.

Il progetto rappresenta indubbiamente una possibile soluzione per valorizzare un sito, il cui stato di abbandono – protratto ormai da lungo tempo – non è più tollerabile, tenuto conto della sua ubicazione e dell’importanza storico-culturale che lo contraddistinguono.

Tuttavia, l’effettivo concretizzarsi di detto progetto significherebbe una definitiva rinuncia ad una differente destinazione che, oltre a varie altre ipotesi, era stata avanzata e proposta anche dallo stesso presidente Prof. Nicola Oddati per dare una degna collocazione al Museo dello Sbarco e di Salerno Capitale.

Come noto da tempo, questa struttura infatti viene ospitata in una sede precaria, poco rappresentativa, oggetto di sfratto da parte dell’Ente proprietario del sito.
Perdura da parte delle Autorità cittadine una situazione di stallo decisionale, a fronte della quale si sta concretizzando una proposta – avanzata anche per fini di propaganda elettorale – di trasferire la struttura nel territorio comunale di Capaccio Paestum.

Il Museo ha una duplice connotazione:

  1. a) rievoca lo sbarco anglo-americano a settembre del 1943 sulle spiagge del golfo di Salerno;
    b) ricorda il periodo in cui Salerno fu sede provvisoria del Governo Italiano dall’11 febbraio al 15        luglio 1944.

Qualora realmente venisse delocalizzato a Capaccio, creerebbe, come giustamente dichiarato dal Prof. Oddati, “un paradosso”, non essendo quella la sede più appropriata per “un Museo dedicato ad una fase storica fondamentale per tutto il processo delle nasciture istituzioni democratiche”, che visse una importante parentesi proprio nel capoluogo salernitano.

Viceversa, il Forte La Carnale, con il substrato delle sue origini e delle vicende che nei secoli scorsi ne hanno caratterizzato esistenza e funzioni, rappresenterebbe una collocazione veramente degna e significativa per ospitare un Museo rievocativo di importanti fatti storici.

La sagoma caratteristica del Forte in cima alla collinetta in riva al mare, che si presenta alla vista mentre si percorre il lungomare cittadino in direzione sud-est, attira l’attenzione e induce a ricordare storia, origine e anche fatti leggendari che si sono susseguiti nel corso dei secoli, a partire dal cinquecento quando fu inserito in un sistema difensivo formato da torri costiere a difesa dalle invasioni saracene.

Fungeva anche da “Torre cavallara” quale luogo di partenza di staffette a cavallo incaricate di avvisare le popolazioni nell’imminenza di arrivo di corsari dal mare.

Nel 1647 fu base di appoggio per le gesta di Ippolito da Pastine (il cosiddetto Masaniello salernitano) che si oppose al dominio degli Spagnoli, dando vita ad un moto popolare durato con alterne vicende per circa un anno.

Adibito nell’800 dai Borbone quale deposito militare di munizioni viene identificato anche come “La Polveriera”.
Nella seconda guerra mondiale, durante lo sbarco a Salerno, subì ingenti danni a causa dei bombardamenti.
Si tramanda che deve il suo nome “La Carnale” ad una strage di circa 15mila saraceni avvenuta in quell’area – nell’anno 872 – quando i salernitani respinsero un lungo assedio della città da parte dei soliti corsari d’oltremare.

Il 9 maggio ultimo scorso, ho avuto l’opportunità di partecipare, presso il salone dell’Emeroteca del Palazzo Fruscione, ad una conferenza nella quale veniva commemorato il defunto dottor Giuseppe Lauriello, primario emerito di pneumologia, storico della medicina, nonché umanista di versatile impegno, deceduto il 24 aprile 2025.

In quell’occasione è stata presentata una sua approfondita ricerca proprio sul tema della Carnale, intitolata: “Perché la Carnale: ipotesi di un etimo”.

Con approfondita meticolosità, suffragata da documentate considerazioni storico-linguistiche, l’autore della ricerca dimostrava che, al di là della consolidata derivazione del nome del Forte dal succitato eccidio dell’872, era plausibile anche una suggestiva ipotesi, e cioè che l’etimologia di quel nome potesse derivare da una parola araba (al carn, se non ricordo male) con cui veniva denominata l’originaria area pianeggiante su cui nel corso dei secoli, per effetto di fenomeni naturali, si sarebbe formato il promontorio, futura base di appoggio dell’odierna roccaforte.

E quindi possibile insediamento, in anni lontani, di popolazioni di provenienza araba.

Ciò detto, ritengo che si tratti di un “pedigree” più che soddisfacente per proporre “La Carnale” quale cornice e sede di un Museo dedicato a fatti storici di rilevante importanza e degni di essere portati alla conoscenza dei più, e non dei soliti pochi “addetti ai lavori”!!

Purtroppo, su certe tematiche, oltre a un certo calo di interesse, si assiste anche a carenze di tipo informativo.
Ricordo che in occasione del 70esimo anniversario dello sbarco furono organizzate significative manifestazioni commemorative presso la sede di via Gen. Clark, alla presenza di rappresentanti degli eserciti stranieri coinvolti in quella imponente operazione aero-navale. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che a settembre del 2023 l’80esimo anniversario sia passato più in sordina!!

Non c’è allora da meravigliarsi se raramente viene citato il nome di Salerno quando si ricordano episodi salienti della seconda guerra mondiale.

Recentemente, anche il Re d’Inghilterra Carlo III, in occasione della visita ufficiale in Italia, durante lo storico discorso in Parlamento, nel ricordare il contributo dato dalle forze anglo-americane per la liberazione dell’Italia dai tedeschi, ha citato solamente lo sbarco in Sicilia, lo sbarco ad Anzio, la battaglia di Montecassino, la liberazione di Roma.

Eppure, il progressivo ripiegamento delle truppe tedesche verso il nord ebbe origine proprio a seguito dell’Operazione Avalanche e con le successive eroiche 4 Giornate di sommossa popolare a Napoli.

Nel Salerno War Cemetery (Cimitero di guerra di Salerno) a Montecorvino Pugliano (SA) riposano i resti di 1.851 militari di varie nazionalità, caduti durante lo sbarco e le successive battaglie in terra ferma contro le truppe tedesche.

Inoltre, in tale teatro di guerra avvenuto in Campania, inserirei anche la vicenda del “Velella”, ultimo sommergibile dell’allora Regia Marina affondato nella guerra contro gli inglesi.
Aveva effettuato in passato numerose operazioni in Atlantico e nelle acque del Mediterraneo occidentale e orientale. Alla vigilia dell’armistizio, il 7 settembre del ‘43, mentre era in navigazione verso Taranto, fu silurato da un smg  britannico nelle acque di Punta Licosa, ove giace alla profondità di circa 138 metri a 8,9 miglia dalla costa, con i resti del suo equipaggio.
Giustamente l’Associazione Salerno 1943 ha presentato una petizione affinché il relitto venga riconosciuto quale Sacrario Militare subacqueo di guerra, a similitudine dello status recentemente conferito al sommergibile “Sciré”, affondato nella notte del 10 agosto del’42 al largo del porto di Haifa (Israele) e ivi giacente alla profondità di 33 metri.

L’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Santa Maria di Castellabate possiede ampia documentazione riguardante il “Velella”, da esporre eventualmente a latere nel Museo dello Sbarco.

Sarebbe anche augurabile che l’Università degli Studi di Salerno, con i suoi dipartimenti di scienze politiche, sociali e del patrimonio culturale, si attivasse per un’opera di divulgazione delle vicende belliche (e relative implicazioni politico-strategiche) avvenute in Campania durante la Campagna militare d’Italia condotta dai Generali M.Clark e B.L Montgomery sul finire della II Guerra Mondiale.

Costituirebbe un valido e significativo supporto per l’insediamento del Museo dello Sbarco e di Salerno Capitale, in una prestigiosa sede quale diventerebbe il Forte La Carnale.
07.06.205
F.to: Amm. Gaetano Perillo

 

 

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