La proposta di legge Sciascia –Tortora , obbligo formativo per i futuri magistrati togati di passare 15 giorni ,giorno e notte,in carcere tra i detenuti.Accostarsi all’umana sofferenza che accompagna la restrizione della libertà personale e partecipare direttamente della condizione in cui versano le persone detenute e il sistema carcerario, dopo aver vinto il concorso, obbligo formativo per i futuri magistrati di passare 15 giorni fra i detenuti. Si punta a una giustizia più umana e consapevole, con Magistrati in grado di agire nel rispetto dei diritti e della dignità degli altri. È una proposta ideata dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia, presieduta dall’avvocata Simona Viola. L’iniziativa è copromossa dalla Fondazione Enzo Tortora, dalla Società della Ragione e dall’associazione Italiastatodidiritto, presieduta dall’avv. Guido Camera, che ha redatto il testo con un gruppo di lavoro composto da avvocati e docenti universitari. Un’idea di Leonardo Sciascia che lanciò la proposta che i magistrati, trascorressero alcuni giorni con i detenuti. Il senso della proposta risiede nella necessità di arricchire il quadro della formazione della magistratura, con esperienze culturali e umane che aiutino i futuri magistrati nello svolgimento della funzione che si accingono ad esercitare.Per i futuri magistrati togati è previsto un tirocinio di quindici giorni di esperienza carceraria anche approfondendo le tecniche di mediazione dei conflitti e le esperienze di misure alternative. Nonché lo studio della letteratura dedicata al ruolo della giustizia e del diritto penitenziario. La proposta sui 15 giorni in carcere, in particolare, fa emergere la necessità di effettuare un’esperienza significativa da parte dei giovani magistrati, anche approfondendo le tecniche di mediazione dei conflitti e le esperienze di misure alternative. l’esercizio della funzione giudiziaria non si risolve in un fatto solamente tecnico..L’inserimento della letteratura dedicata alla giustizia, ai diritti fondamentali e alle derive dello Stato di diritto, per aprire un dibattito costruttivo e una riflessione culturale e civile sul ruolo che dovrebbe avere il giudice.. Uno strumento che, grazie al lavoro sul campo, può aiutare a comprendere concretamente la condizione di un detenuto e gli effetti delle decisioni giudiziarie. Esperimento già invocato da Piero Calamandrei («bisogna vedere, bisogna starci per rendere conto») e, ancor, più da Leonardo Sciascia, nella sua riflessione civile sul rapporto tra giustizia e verità: «Un rimedio, paradossale quanto si vuole, sarebbe quello di far fare a ogni magistrato, una volta superate le prove d’esame e vinto il concorso, almeno tre giorni di carcere tra i comuni detenuti. Sarebbe indelebile esperienza, da suscitare acuta riflessione e doloroso rovello ogni volta che si sta per firmare un mandato di cattura o per stilare una sentenza».. L’obiettivo è offrire un’esperienza diretta che possa fornire una comprensione più profonda delle dinamiche carcerarie e dell’impatto della giustizia sui detenuti. La proposta, che ha ricevuto sostegno bipartisan, mira a integrare questa esperienza pratica nel percorso formativo tradizionale dei magistrati. L’idea è che questa esperienza possa contribuire a una maggiore sensibilità e consapevolezza nella gestione delle questioni legate alla giustizia penale.