Berlusconi: la guerra dei vent’anni e il flop di Canale/5

Aldo Bianchini

SALERNO – Dopo circa trent’anni di giornalismo televisivo credo di poter vantare una certa esperienza in materia, anche se piccola e limitata alla televisione a carattere provinciale. Non di meno è proprio in queste piccole realtà televisive locali che si ha l’opportunità, come in una nave scuola, di imparare, crescere e di sviluppare l’ingegno in quella sfera che napoletanamente viene definita “l’arte di arrangiarsi”, vuoi per mancanza di mezzi tecnici che per insipienza di molti presunti editori. E’ soltanto in questa veste di “piccolo esperto” che oggi intendo commentare uno speciale televisivo che doveva spaccare il mondo e che si è risolto in un flop senza precedenti. Parlo dello speciale dal titolo “La guerra dei vent’anni”  prodotto da Mediaset e messo in onda su Canale/5 domenica 12 maggio 2013 in prima serata. Il programma, annunciato e strombazzato in tutte le salse, ha interessato 1,4 milioni di telespettatori, con uno share del 5,8%. Ha perso la sfida con le principali trasmissioni televisive della domenica sera. Si è trattato della ricostruzione, ad opera della rete Mediaset, della vicenda processuale di Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile per la vicenda di Karima el Marough, alias Ruby Rubacuori, alla vigilia della requisitoria del Pm Ilda Boccassini. Quello che doveva essere uno strumento mediatico micidiale nella “guerra contro la Boccassini” si è rivelato un flop clamoroso. Perché ? Le risposte potrebbero essere tantissime; io provo a disvelarne soltanto qualcuna. La prima ragione del flop, forse la principale, sta nel fatto che ormai la gente comune e l’elettore medio non ne può più e non segue le vicende giudiziarie personali di Berlusconi. Dunque Silvio Berlusconi, nonostante i sondaggi elettorali a lui tutti  favorevoli, deve cambiare rapidamente tattica soprattutto nei confronti della magistratura in genere e di alcuni PM ben individuati in particolare. La gente comune sa vedere e giudicare da sola, e per qualche PM si è già espressa con il voto. Il leader del PdL sta correndo lo stesso rischio e sta commettendo lo stesso errore che commise “vent’anni fa” la stessa magistratura quando sull’abbrivio di “mani pulite” tracimò gli argini della corretta e giusta intrusione nella società civile con esternazioni di tipo sociologico e antropologico; difetto che per certi versi molti magistrati (il caso della Boccassini nel corso della requisitoria è emblematico !!) evidenziano ancora oggi, e non solo nel Tribunale di Milano. La magistratura deve esercitare il suo ruolo che è quello della “giustizia commutativa” mentre alla politica tocca quello della “giustizia distributiva” tipica dello stato sociale; entrambi si perdono quando vogliono invadere il campo opposto. E’ il gioco della democrazia che molti non vogliono digerire. La seconda ragione del flop, parlo sempre dello speciale televisivo, è di natura più tecnica ed attiene la preparazione, la professionalità e il cosiddetto” “quid investigativo” che, nonostante l’imponente disponibilità di mezzi e attrezzature tecniche e tecnologiche, i giornalisti-soloni di Mediaset hanno dimostrato di non avere, ovvero di averle seppellite sotto la pressione economica e padronale di Silvio Berlusconi. Davvero molto triste, per non dire squallido, assistere all’intervista che un giornalista-direttore di Mediaset ha realizzato (nell’ambito dello speciale) al suo capo Berlusconi, stravaccato in un divano da qualche decina di migliaia di euro, in una maniera assolutamente ridicola e priva di ogni doverosa caratterizzazione professionale che dovrebbe sempre contraddistinguere l’operato di un giornalista. Noi giornalisti dovremmo essere, e soprattutto apparire, sempre al di sopra della parti per essere credibili e conseguentemente ascoltati. Proporre in uno speciale tv, che dovrebbe essere ritagliato sul filo della rinnovazione continua delle immagini e delle sequenze in rapida successione, un signore seduto sul divano che dice la sua senza alcuna possibilità di contraddittorio mi è sembrato come assistere alla “fine tombale” del giornalismo serio e corretto. Dall’alto del mio piccolo mondo giornalistico posso tranquillamente affermare che non avrei mai fatto una “cavolata” del genere e che, pur avendo avuto diversi editori (alcuni dei quali anche soggetti a pressioni giudiziarie !!), non ho mai fatto, almeno in quel modo miserevole. Nell’attività di giornalista ci vuole dignità, e la dignità non te la regala nessuno, sei tu che devi conquistarla giorno dopo giorno a prezzo di duri sacrifici e di tante rinunce. Ma quella cui abbiamo assistito domenica sera è anche la vetrina esatta di come i cosiddetti “grandi e potenti” finiscono per oscurarsi da soli nelle foschie del loro stesso potere.  Ma una notazione di carattere parapsicologico vorrei farla anche io. E’ giusto e sacrosanto lavorare anche per Berlusconi e guadagnare cifre da capogiro ma bisogna farlo sempre con assoluta convinzione che i propri principi collimino e non collidano con quelli del “padrone” per cui si lavora. Se non si è convinti di quello che si fa si rischia di farlo malissimo; e questa sensazione mi hanno trasmesso domenica sera i giornalisti impegnati in quello speciale.  Certo, passare dall’indignato speciale ad una difesa ad oltranza del padrone, il salto in giù è davvero pauroso.

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