PORTO: la fine del sogno salernitano ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Meglio rassicurare subito tutti: “No, non siamo alla fine del sogno salernitano, ma siamo stati proiettati lungo una discesa con scarsissime probabilità di risalita”. Questo il mio pensiero, opinabile quanto volete, sulla situazione della portualità salernitana, unica fonte di economia, occupazione e imprenditorialità diffusa che esiste sul nostro territorio provinciale. Stupido e riduttivo pensare che i problemi del porto di Salerno deve risolverli Salerno perché come ho già scritto in passato il problema riguarda l’intera collettività politica e sociale di tutta la provincia. Il ministro Del Rio intende procedere con tutta la fretta possibile all’accorpamento delle varie Autorità Portuali per ridurle da 24 a 14, per farlo occorre l’emanazione dei decreti attuativi in quanto il decreto legislativo è già bello e approvato dal Parlamento. E’ su questo punto che la riforma sembra essersi bloccata, e non va oltre il muro di gomma che i localismi hanno alzato come una cortina di ferro. Anche la Corte Costituzionale ha recitato la sua parte invitando il Governo ad attivare una partecipazione più attiva delle Regioni che, comunque, dopo il varo dei decreti dovranno gestire con lo stesso Governo le Autorità Portuali regionali scampate al taglio orizzontale. Nessuna novità per la Campania dove rimane in piedi il progetto di accorpamento dei tre porti principali (Napoli, Salerno e Castellammare) ai quali presto potrebbero essere accorpati anche quelli di Pozzuoli, Torre Annunziata e Torre del Greco. Il governo nazionale si è mosso, nella fattispecie, come un elefante in un armadio di cristalli e non ha tenuto conto della olografia e della orografia molto particolare della Regione Campania che è, forse, unica in tutto il Paese. Se è vero che i porti di Napoli, Pozzuoli, Torre Annunziata e Torre del Greco con Castellammare si trovano in un fazzoletto territoriale molto ristretto è altrettanto vero che il porto di Salerno, sebbene sia a soli 50 chilometri da Napoli, è come se fosse situato su un altro pianeta, tanta è la diversità olografica e orografica con il territorio della piana che comincia da Castellammare per finire a Villa Literno. Il territorio salernitano ha una conformazione tutta particolare ed è la provincia più lunga d’Italia con infinite difficoltà di collegamento tra Scafati e Sapri che rappresentano le due punte estreme; neppure la tanto decantata e maledetta autostrada Sa-Rc è riuscita, nonostante il suo ampliamento, ad alleviare i disagi che affrontano le popolazioni interne rispetto a quelle stanziali dei litorali. Per non parlare dell’aeroporto Costa d’Amalfi che non è mai decollato e che non decollerà tanto facilmente nonostante i proclami autoreferenziali della nuova giunta regionale; un aeroporto che potrebbe essere il giusto tassello per il completamento di una interportualità che Salerno attende da troppi anni. Tutto questo, probabilmente, non è stato spiegato al ministro Del Rio ed al premier Matteo Renzi, e se è stato spiegato hanno fatto malissimo i due a non tenerne conto. Forse era meglio accorpare i cinque porti del napoletano e lasciare libera l’Autorità Portuale di Salerno, così avremmo avuto una riduzione da sei a due rispetto alla prevista riduzione da sei a quattro autorità portuali prevista dall’attuale riforma. Se guardiamo, però, la medaglia dall’altra faccia non possiamo non convenire con le autorità ministeriali che il mancato quadro di controllo e razionalizzazione delle attività delle sei Autority presenti in Canpania ha prodotto delle derive assurde e insostenibili sotto il profilo della spesa, degli investimenti, dei ricavi e dell’impiego dei fondi europei che vanno ben oltre le battaglie politiche tutte partenopee per la gestione dell’indiscutibile più grande Autority rappresentata dal porto di Napoli. Insomma in pochi anni è stato buttato a mare un capitale enorme di immagine e di operatività, onore e vanto dell’intera Campania che da secoli aveva mantenuto una supremazia quasi costante al centro del Mediterraneo. Adesso qualcuno suggerisce di offrire a Salerno, in cambio dell’accorpamento, una “direzione tecnica operativa” con un punto di riferimento costante sul posto; una direzione tecnica che dovrebbe lavorare in stretta rispondenza con il vertice dell’Autorità Portuale di Sistema per assicurare un governo territoriale dell’attività portuale. Insomma, come dire, vi togliamo l’Autority ma vi diamo la Direzione; non so se uno scambio del genere possa essere ritenuto la stessa cosa dell’avere, invece, un’autorità pienamente autonoma, ma probabilmente è meglio di niente. Lo sviluppo eccezionale del porto di Salerno, grazie soprattutto all’efficiente ed efficace modello organizzativo portato avanti dal presidente Andrea Annunziata e dal suo staff, ha probabilmente intimorito Napoli che si è difesa nelle sedi romane più opportune per rimarcare la sua leader schip nei confronti di tutti gli altri porti campani fino al punto di convincere il ministro che l’inefficienza è meglio dell’efficienza. Anche perché, è bene dirlo con chiarezza, mai e poi mai Salerno avrebbe pensato di scavalcare Napoli perché lo scalo marittimo partenopeo è talmente grande da essere nella condizione di non temere niente e nessuno anche se brancola nel buio delle vendette trasversali. E Salerno voleva solo far capire a tutti che il problema della portualità nazionale, di fronte all’Europa, si risolve soltanto con l’efficienza e la validità del modello organizzativo e non attraverso il taglio indiscriminato delle Autorità; probabilmente era meglio avere una sola Autorità Nazionale (come spesso ha pubblicamente dichiarato il presidente Annunziata) con diverse “direzioni tecniche” sistemate nei porti strategicamente più efficienti.

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