Camorra & Politica/42: Aliberti e Scafati Sviluppo

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Dopo la decisione della Corte di Cassazione (che non è stata favorevole né per l’una e né per l’altra parte, ovvero non come sia l’una che l’altra parte si aspettavano) è cominciata la lunga attesa per il nuovo, e non ultimo, atto che dovrà essere celebrato dinanzi al Tribunale del Riesame di Salerno che, badate bene, non sarà più quello composto da Gaetano Sgroia, Giuliano Rulli e Dolores Zarone che aveva già deciso per l’accoglimento della richiesta di arresto e tutti gli incartamenti dovranno essere esaminati o meglio riesaminati da una composizione diversa del Tribunale della Libertà. La giustizia, in questo senso, è già garantista di per se e nell’attuazione della sua azione sicuramente non prevede le decisioni in fotocopia. Con questo non voglio dire che un nuovo Riesame assolverà Pasquale Aliberti ma non posso neppure sostenere che non potrà vedere gli accadimenti allo stesso modo del precedente. Ma la storia non finirà neppure qui; ormai si è innestata sul “caso Scafati” una querelle senza soluzione di continuità che consentirà ad entrambe le parti in causa (pubblica accusa e difesa degli imputati) di poter ricorrere di nuovo in Cassazione per far valere le proprie convinzioni, e via di questo passo. Il passo decisivo, ovvero il passaggio nodale, c’è stato, è bene ricordarlo, quando il gip Donatella Mancini in data 28 giugno 2016 decise di respingere le richieste di arresto avanzate dal pm Vincenzo Montemurro qualche mese dopo lo scoppio dello scandalo con le perquisizioni del 18 settembre 2015; quel giorno se unitamente alle perquisizioni nel contesto del mega-blitz ci fossero stati anche gli arresti (come accadde per il caso del presunto “Sistema Pagani”) oggi già ci troveremmo a discutere delle prime udienze del dibattimento pubblico, cioè del processo. Un processo probabilmente inevitabile (ma a deciderlo dovrà essere il gup) che rischia di allungarsi inesorabilmente nel tempo, e quando un processo si allunga nel tempo il suo esito è quasi sempre favorevole all’imputato. Questo il quadro complessivo, ma anche complesso, di una vicenda che non vedrà facilmente una sua logica conclusione. Nel frattempo l’indagato principale cioè l’ex sindaco di Scafati “Pasquale Aliberti torna a parlare (o meglio a scrivere su Face Book) di ex Copmes e insiste nel puntare l’indice contro Mario Santocchio” (è stato scritto su Le Cronache del 18 marzo 20179), il quale Mario Santocchio, sempre secondo Le Cronache avrebbe risposto: “Io non mi occupo di nomine, parla sempre chi dovrebbe tacere. Il problema ormai e di competenza di uno psicologo o di uno psichiatra”. Naturalmente il giornalista di Le Cronache si è limitato a riferire le diverse posizioni in campo, a me piace andare oltre e capire cosa c’è dietro tutto questo. Non ritengo affatto che Aliberti sia un caso psichiatrico così come mi meraviglio che Santocchio (che conosco più di Aliberti) possa essersi lasciato andare a simili considerazioni che sicuramente non gli fanno onore. Pasquale Aliberti è semplicemente un uomo che cerca di difendersi con tutte le sue forze portando alla luce ed all’esame degli inquirenti tutti i passaggi collegabili all’intera vicenda al fine di consentire una visione ampia e complessiva del difficile argomento. E gli argomenti da collegare sicuramente non mancano; il potere politico in genere nasce e cresce per una serie di momenti collegabili tra loro, allo stesso modo si sfascia e finisce. Ebbene, dato che la giustizia quasi sempre esamina per settori le vicende giudiziarie mi sembra abbastanza giusto che un indagato cerchi, lecitamente, di ricostruire tutta la vicenda che ha portato alla nascita del presunto ”sistema di potere scafatese” e poi al suo disfacimento. Dunque non c’è nessuna reazione immotivata o, peggio ancora, psichiatrica nel modo di fare e di spiegare messo in campo da Pasquale Aliberti. Se due personaggi politici sono stati alleati per anni e poi diventano fieri avversari il nostro compito è quello di capire perché ciò è avvenuto e quali sono le ragioni che hanno determinato lo strappo che, come sempre accade, produce ferite difficilmente sanabili, nelle quali si infiltra la magistratura inquirente. Sotto questo punto di vista Pasquale Aliberti fa benissimo a spiegare pubblicamente le sue ragioni assumendosi tutte le responsabilità per le tracimazioni del suo parlare che potrebrobe anche cadere nella diffamazione, ingiuria e calunnia; non mi risulta, però, che dalle altri parti in causa ci sia stata fino ad oggi una querela in tal senso; non che con questo sia da prendere per oro colato ciò che scrive Aliberti, ma quantomeno dovrebbe far riflettere. Comunque, su Le Cronache del 18 marzo 2017 viene riportato il caso della società partecipata “Scafati Sviluppo” e quello della ex Copmes. La Scafati Sviluppo, che sicuramente non fu voluta da Pasquale Aliberti, arrivò a Scafati per volontà di chi ? E perché Aliberti fin dall’inizio fu contrario e dovette piegarsi per ragioni politiche ? Su questo gli inquirenti dovrebbero ascoltare meglio lo stesso Aliberti così come dovrebbero andare a riprendere gli atti relativi all’inchiesta giudiziaria “Il principe e la ballerina”, tribunale di Napoli,  che nel 2010 coinvolse –tra i numerosi indagati– anche l’ex sottosegretario Nicola Cosentino nella cui sfera di influenza c’erano sia Aliberti che Santocchio; quel caso va rivisto e rivisitato anche alla luce di quanto perspicacemente sosteneva il gup del Tribunale di Napoli, dottoressa Laura De Stefano, che all’epoca, in sede di udienza preliminare, condannò cinque persone nell’ambito di uno stralcio di un procedimento aperto per intestazione fittizia di beni. E’ quest’ultima parte della frase che deve colpire chi indaga. Per quanto mi riguarda cercherò di ricostruire, con calma, l’intera vicenda; una cosa è comunque certa, alcuni nominativi girano sempre negli stessi interessi affaristici. Alla prossima.

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