La voce del padrone/22: com’era bella la mia tv !!

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Chi segue i miei articoli saprà benissimo che, di tanto in tanto, parlo della lunga esperienza televisiva durata quasi venticinque anni. Lo faccio, però, sempre tenendomi ben lontano dalla angoscia psicologica di chi, suo malgrado, è rimasto fuori del giro televisivo; ovviamente nelle mie parole c’è sempre un certo tasso di sentimentalismo verso un mestiere che se ti entra nel sangue non ne esce più. Lo diceva spesso un mio amico e mio primo editore, Ettore Lambiase di Tv Oggi Salerno, della cui testata giornalistica mi onoro di essere stato anche direttore responsabile nei primi anni ’90. Il mio ricordo della tv fatta in un certo modo lo lego sempre a momenti attuali o a precise ricostruzioni di un mondo che in tanti si dilettano a fare. A ricordare le mie esperienze televisive, questa volta, non è stato un dilettante ma un professionista del calibro di Luciano Provenza (professionista in quanto avvocato ed anche esperto conduttore radiofonico e televisivo) con il quale ho condiviso moltissimi momenti televisivi di un certo spessore. Ebbene Luciano in un lungo articolo di approfondimento, pubblicato da “le Cronache” sabato 18 marzo 2017, ha cercato di rifare la storia di quello che è stato, ed è, il fenomeno delle tv private sul nostro territorio. Parte da lontano l’avvocato Provenza e lo fa chiarendo nello specifico l’etimologia delle prime tv private che, non a caso, si chiamavano “TV Libere” perché rappresentavano o dovevano rappresentare il controcanto di un sistema televisivo troppo incardinato e bloccato sulla televisione di stato che non avendo competitori produceva informazione e comunicazione da una posizione di assoluto monopolio. In pratica nel nostro Paese non è mai decollato il sistema informativo che agli inizi del secolo scorso imperava tra gli USA e il Regno Unito in maniera assolutamente libero fino al punto di farlo definire “Il quarto potere”; un modo di fare che diede anche vita a numerosi film e scritti di vario genere. Poi anche in America e in Inghilterra il sistema si è piegato, anche se di poco, ai voleri del “padrone di turno” che in altre parole rappresentava e rappresenta il denaro. Ha ragione Luciano Provenza quando dice che “paradossalmente  la tv libera è ancor più controllata della tv di Stato nella quale almeno esiste una sorta di equa distribuzione degli spazi”; a livello locale, dopo i primi vagiti, si è provveduto subito a buttare l’acqua sporca insieme al bambino (dove bambino sta per le tv private che sono nate a grappoli). Non essendoci imprenditori televisivi puri tutto il sistema è strettamente vincolato alla raccolta della pubblicità, meglio se distribuita dagli Enti locali e dalle varie ramificazioni che agli stessi enti fanno capo. Da qui l’esigenza drammatica di sottomettersi al “capo di turnoche lo stesso Provenza descrive: “”Così gli editori, attratti da guadagni facili, iniziarono a cedere spazi televisivi ad amministratori locali che, in cambio, facevano in modo di dirottare verso quell’emittente finanziamenti istituzionali o laute pubblicità di imprenditori amici degli amici. Bravi giornalisti al servizio della verità furono defenestrati da un giorno all’altro e le notizie, prima di essere divulgate, dovevano passare l’esame dell’editore, frattanto trasformato da imprenditore a burattino al servizio di un padrone””. Se questo lo dice un osservatore esterno che, comunque, ha avuto esperienze televisive e radiofoniche vuol dire che davvero il sistema si è arrotolato su se stesso condizionando la sua sopravvivenza alla sudditanza nei confronti del potente e del potere. Per quanto mi riguarda ho vissuto sulla mia pelle tutte le fasi della rapida trasformazione delle “tv libere” in “tv asservite”; no, non sto sputando come si suol dire  “nel piatto in cui non ho mangiato” perché in quel piatto non ho mai mangiato ma soltanto dato in termini di passione e, perché no, di professionalità; e nel corso di venticinque anni spesso ho subito attacchi, pressioni, denunce, ricatti, ma non ho mai consentito ai miei editori ed ai tanti detrattori di interferire sul mio modo di dirigere le varie redazioni; quando non sono riuscito a tamponarli o fermarli sono andato via, senza alcuna esitazione; la mia libertà non ha prezzo. Quando è finita la mia esperienza televisiva con Quarta Rete, durata circa sedici anni,  non sono stato fatto fuori dal mio editore; quella splendida esperienza è finita soltanto perché la società che gestiva la televisione fu dichiarata fallita dal tribunale di Salerno. Qualcuno sostiene che quel fallimento fu la logica conclusione di incessanti pressioni che proiettarono il mio editore di allora, avv. Leonardo Calabrese, in un vicolo cieco e senza uscita: da una parte il potere politico, dall’altra il direttore responsabile Bianchini. Su questo, nella prossima puntata di questa vicenda, descriverò precisamente che cosa ho ascoltato un giorno dalla registrazione di una telefonata; così come vi descriverò come il sistema dell’informazione televisiva deve rendere conto anche dei palinsesti quotidiani. Intanto ringrazio di cuore Luciano Provenza per avermi citato con forza nel suo approfondimento.

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