Il giuoco delle parti

di Angelo Giubileo
SALERNO – Oggi, 28 giugno 2017, sono 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello (1867-1936): un grande italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1934. Di sé, diceva: Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco “Kaos”.
Qui, si tratta qui non solo di un doveroso omaggio alla memoria del celebre drammaturgo, ma anche del fatto che nel Caos è senz’altro più difficile capire il giuoco delle parti (Pirandello, 1913). Per gli antichi greci, Caos era termine opposto a Cosmos, ovvero un “sistema” all’apparenza ordinato. Figurativamente, l’ordine assunto dall’esercito in battaglia e quindi laddove fosse viceversa più facile capire il giuoco delle parti o protagonisti della storia. Protagonisti che, per quanto riguarda la storia politica (e non solo) del nostro paese, da almeno venticinque anni sono quasi sempre gli stessi. Fatta qualche dovuta eccezione, come Renzi, i Cinque stelle e in parte Grillo.
Brevemente: alle elezioni politiche del 2013 il Pd di Bersani non ottenne una maggioranza che gli consentisse di ricevere l’incarico di governo, stante il rifiuto dei Cinque stelle a un’ipotesi di accordo e così, dopo l’incarico a Enrico Letta (28/4/2013-22/2/2014) per un governo di coalizione centrosinistra-centrodestra, il 22 febbraio 2014 nasceva il governo di Renzi, nel frattempo eletto segretario del Pd. Oggi, tutti conosciamo la fine di questa esperienza e, subito dopo, sia il fatto della rielezione di Renzi a segretario del partito sia l’uscita anticipata di quelli che potremmo definire gli avversari interni di partito, capitanati da Bersani, artefici della costruzione a “sinistra” dell’ennesimo nuovo partito concorrente.
In vero, le espressioni gergali destra e sinistra originano storicamente dalla divisione, rispettivamente, tra vecchi e giovani hegeliani. A seguito delle idee del filosofo e sulla scorta dei principi del cristianesimo assunti a “sistema”, quelli di destra furono sostenitori dell’assolutismo dello Stato prussiano in ordine alle relative posizioni di disuguaglianze sociali ed economiche mentre quelli giovani, definiti invece di sinistra, si attestarono su posizioni, senz’altro diverse, che si richiamavano più che altro alle istanze dell’illuminismo. Con il passare del tempo e l’avvento – mai definitivo, nonostante il “Fukuyama-pensiero” d’inizio secolo – della concezione liberaldemocratica dello Stato moderno -, accantonata l’istanza rivoluzionaria di “sistema”, la sinistra ha fatto della gestione del potere più che altro una questione di “metodo” (cfr., in particolare, Jean-Claude Michéa).
Ed è così che, nell’ultimo quarto di secolo, a fronte del cambio di “sistema” dell’Unione Europea, quel che più urge ancora in Italia, a sostegno, è piuttosto un accordo di governo. In ordine al quale, è bene che termini il giuoco delle parti e ciascuno si assuma, apertis verbis, davanti agli elettori, le proprie responsabilità. Chi al governo chi all’opposizione. Senza altri giri di parole, viceversa vuote.

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