il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

CACCIATORE: il professore sale in cattedra !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Come ho già scritto numerose volte il compito di un giornalista è anche quello di sollevare dibattiti a tutti i livelli; meglio ancora se riesce a coinvolgere nei dibattiti i personaggi di sicuro spessore storico-culturale-filosofico; per sopravvivere nel mondo del web è necessario, insomma, andare sempre oltre la cronaca scarna e spesso deviante se non falsificante.
Qualche settimana fa (esattamente il 24 luglio scorso) avevo commentato un approfondimento rilasciato dal prof. Giuseppe Cacciatore (noto docente universitario) al quotidiano La Città in materia di “Storia come maestra di vita”” ed avevo stigmatizzato alcuni particolari dell’approfondimento cercando di scrivere anche il mio pensiero; l’ho fatto per avviare un dibattito. Ed ecco che il prof. Cacciatore, dopo qualche giorno, mi ha scritto:

“”Caro Aldo, scusami se con ritardo ti ringrazio per l’attenzione che hai voluto riservare ad una mia riflessione (qualcuno direbbe sproloquio) su questa difficile e, per molti versi, inedita transizione d’epoca. Naturalmente attribuisco al nostro vecchio rapporto di amicizia le lodi fin troppo “iperboliche” rivolte al mio percorso di studioso e di storico del pensiero (ho sempre avuto pudore a definirmi “filosofo”) e al mio modo di intendere il rapporto tra teoria e pratica, vita e storia, etica e politica. Ho sempre mantenuto le debite distanze da ogni sistema metafisico e dogmatico e ho sempre guardato al mondo delle cose affidandomi ad una bussola che si chiama “Critica” nel senso che ad essa davano Vico e Kant. Perciò da tempo, oserei dire da sempre, ho iniziato a indagare la possibilità di definire e sviluppare un plausibile modello teorico per una idea di umanesimo come critica. Insomma la stella polare che mi guida resta tuttora lo sforzo, non so se sempre riuscito, di affidarmi ad una critica militante del presente come strumento di riattivazione dei legami di “amicizia”, “uguaglianza e “libertà”, cioè dei pilastri della stessa democrazia che oggi vedo con angoscia vacillare. Vengo ora alle tue osservazioni che ritengo intelligenti e stimolanti. Non credo, però, che il parallelo tra 14 luglio 1789 e 14 luglio 1938 sia infondato. Esso è, se si può dire, esemplificativo e non comparativo (per il semplice fatto che sono espressione di due facce diverse e opposte della storia umana: quella della libertà (il 14 luglio francese dell’89) e quella della soppressione dei diritti fondamentali dell’uomo ( il 14 luglio italiano del 38). Credo che in questo consistano l’idea e i metodi della storia magistra vitae: ricordare e far conoscere senza distorsioni ideologiche i momenti cruciali in cui vincono l’umanesimo e la sua forza critica dell’esistente basata su un’anrlisi rispettosa dell’accaduto grazie a ciò che Gramsci definiva come filologia vivente. Occorre, caro Bianchini, essere ottimisti, la speranza, senza smarrire il pessimismo, la ragione. A partire da ciò abbiamo il dovere di combattere una battaglia, ognuno con la sua testa e ognuno nello spazio del proprio habitat professionale e sociale, contro le terribili e serie minacce che incombono sulla nostra democrazia rappresentativa (Casaleggio ha dichiarato guerra al parlamentarismo, culla di ogni regime democratico), sul nostro modello di apertura perenne all’altro, migrante o meno, bisognoso e oppresso, sul nostro impegno politico e civile nella lotta alla disoccupazione specialmente giovanile e alla povertà sempre crescente di larghe fasce della popolazione. Ma vedo che su ciò concordiamo pienamente. Ancora grazie e un caro saluto, accompagnato da un augurio di buon lavoro. F.to: Giuseppe Cacciatore””.

In apertura ho detto che un giornalista deve cercare sempre di stimolare l’avvio dei dibattiti; aggiungo che non deve mai rivaleggiare con il protagonista dell’approfondimento e deve sempre cercare di andare oltre per far crescere il dibattito ed allargarlo, per quanto possibile, anche ad altri pensatori del nostro tempo (il prof. Cacciatore è uno dei più illustri) dai quali è sempre possibile raccogliere elementi utili per le generazioni presenti e future che hanno necessità di afferrare dalla storia tutti gli insegnamenti necessari; in caso contrario il ruolo del giornalista si svilisce e finisce per perdere sostanza nell’ottica del fatto che la tuttologia non appartiene a nessuno.
Il dibattito continuerà, ne sono sicura; e spazierà anche su altri temi molto importanti per il momento delicato che vive il nostro intero Paese.

1 Commento

  1. Con il dovuto rispetto e molto timore mi permetto di esprimere una mia riflessione sull’argomento,
    arrossendo, in senso metaforico, come un adolescente, quando prova a dire la sua in un colloquio tra Grandi, ovviamente, non in senso anagrafico.
    Qualche settimana fa, distratto da qualche telefonata ed un occhio buttato al tablet, ho ascoltato una trasmissione del preparatissimo figlio di Piero Angela, Alberto.
    Dopo qualche minuto ho chiuso il telefono ed ascoltato con più attenzione.
    Il documentario parlava di una popolazione che abitava una sperduta isola del Pacifico.
    La prefata popolazione usava una gestualità completamente diversa da quella usata da noi ( genti civilizzate ? ).
    Per indicare il futuro, infatti, ( ad esempio domani andremo a pescare ) portavano le mani dietro la testa;
    al contrario, per indicare il passato ( dieci anni fa il vulcano eruttò con un grandissimo boato ) agitavano i palmi delle mani davanti al loro petto.
    A pensarci bene hanno ragione loro :
    Il passato è davanti ai nostri occhi, lo conosciamo bene perché lo abbiamo vissuto, mentre il futuro non lo vediamo perché incombe dietro le nostre spalle.
    In mezzo c’è l’Uomo con il suo presente e che con le sue opere può modificare il corso degli eventi.
    A mio parere è indispensabile ricordare il passato, per non commettere gli stessi errori, ma, nel rapido incedersi degli eventi ai nostri giorni è davvero difficile potersi confrontare con problematiche già affrontate.
    Il mondo a partire dagli ultimi decenni del secondo millennio, ha impresso a se stesso una rapidissima e per certi versi incontrollata accelerazione .
    Secondo me dovremo provare a rivalutare il pensiero filosofico come l’unico in grado di astrarsi, per un po’, dalla quotidianità e ritornarvi immediatamente dopo per tracciare la rotta, un po’ come il “tattico” sulle barche a vela , questi sale sull’albero maestro a “sentire il vento”.
    Atteso il rapido disfarsi delle ideologie si potrebbe provare a rivalutare la figura dell’essere più “intelligente” che abita il pianeta.
    Un egoista soggettivismo buono, che rivaluti le Donne e gli Uomini e ritrovi il Valore del Vivere la Vita, non un passivo subire l’impetuoso scorrere delle acque, come greto roccioso ed immobile di fiume.
    Cosa ci aspetta, ovviamente, non lo so ,ma , immagino cosa potrebbe accadere se ognuno non farà la parte che deve.
    A me non fanno paura gli uomini del male, ma piuttosto, il silenzio immobile dei giusti.

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